il primo colloquio in psicoterapia

Come si svolge il primo colloquio in psicoterapia?

Ci siamo. Hai finalmente trovato il coraggio di lasciarti aiutare e hai prenotato con me il tuo primo incontro di psicoterapia. E ora, carico/a di aspettative, ma anche di dubbi e perplessità (leciti), ti ritrovi con questa domanda in testa. Come si svolge il primo colloquio in psicoterapia? Cosa succederà? Cosa vorrà sapere da me il dottore? Che domande mi farà? Cosa devo aspettarmi? Non c´è dubbio che il primo colloquio in psicoterapia costituisca un momento fondamentale per chi si appresta a compiere un percorso di questo tipo. In questo articolo ti racconto come svolgo il primo colloquio in psicoterapia e cosa succede dopo il primo colloquio.

Come lavoro io

Di solito prima del primo colloquio (online o in presenza che sia) concordo con la persona un primo appuntamento telefonico della durata di 10-15 minuti. Il primo contatto telefonico ha l´obiettivo di verificare la praticabilità della terapia e la congruità della richiesta di aiuto della persona con le mie competenze cliniche. Non sono un tuttologo. Ce ne sono già troppi in giro. Per esempio, io ho deciso di specializzarmi nella cura di ansia e panico. Non è detto quindi che sarò io il professionista più adatto alla tua situazione. Al telefono chiedo il motivo della richiesta e una prima definizione del problema, per verificare se sarò competente rispetto al tuo problema. Durante questa telefonata sarò quindi tutto orecchi e ti lascerò descrivere cosa ti ha portato a contattarmi. Alla fine di questa telefonata saprò dirti se posso essere io il professionista più adatto alla tua situazione o, in caso negativo, saprò comunque indirizzarti verso altri professionisti che possono fare al caso tuo.

Il primo colloquio

Come si svolge il primo colloquio in psicoterapia? Nel caso in cui sia io il professionista più adatto alla tua situazione, al termine della telefonata fisseremo un appuntamento (online o in presenza). Giunti al fatidico giorno, ti accomoderai nel mio studio virtuale (se hai scelto la modalità di psicoterapia online) oppure in uno degli studi dove ricevo in presenza (a Milano Porta Venezia, Milano Corso Vercelli, Monza o Cernusco sul Naviglio).

Nel corso del primo colloquio ti farò (più di ) qualche domanda che ci aiuterà a comprendere la natura della problematica che ha generato sofferenza. Durante questo primo incontro potrai iniziare a descrivere alcuni stati d´animo problematici (come l´ansia) e insieme cercheremo di contestualizzarli in una serie di episodi o relazioni. Per esempio, provo ansia quando sono in compagnia di Tizio, se devo parlare in pubblico, quando sono al lavoro, se devo prendere un mezzo di trasporto, se mi trovo in un luogo chiuso o aperto, se ho paura di star male, se temo possa avere un attacco di panico, ecc.. Ma la problematica può anche riguardare un evento o una relazione passati e problematici.

Inoltre, in questo primo colloquio andremo alla ricerca del contesto in cui la problematica è emersa per la prima volta. Per fare ciò, ti chiederò di raccontare una storia: la tua! Solo in questo modo potrà emergere il senso dell´esordio e del mantenimento della sofferenza e la difficoltà emotiva o psicologica risulterà comprensibile, spiegabile e, quindi, trattabile.

Cosa succede alla fine del primo colloquio?

Alla fine del primo colloquio avvertirai una nuova comprensione dei tuoi modi di essere disfunzionali o patologici. Comprendere l´origine e la causa della sofferenza è già un primo atto terapeutico che ci prepara al secondo momento della psicoterapia. E cioè quello orientato alla cura e alla trasformazione di te. La psicoterapia, infatti, non deve limitarsi a spiegare e comprendere l´origine e la causa della sofferenza ma deve consentire una trasformazione di quei modi di essere che ostacolano il benessere psicologico. Per questo motivo già alla fine del primo colloquio avvertirai la possibilità di “essere altrimenti“.

Come momento che precede questa trasformazione, alla fine del primo colloquio riformuleremo insieme le difficoltà o i riportate riassumendoli in due-tre problemi sui quali andremo a lavorare nel corso dei successivi colloqui.

Come procederà la psicoterapia dopo il primo colloquio?

Concordato il problema o la difficoltà da trattare, nel corso delle successive sedute individueremo insieme i contesti e le situazioni nei quali si manifesta. Adesso che ha i capito come si svolge il primo colloquio in psicoterapia, prima di esplorare il “perché” di una difficoltà o di un sintomo dovremo esplorare “quando” appare, con quale frequenza e con che gravità. In questa fase la precisione diagnostica è necessaria perché spesso il sintomo psicologico si presenta con un carattere di vaghezza e di indeterminatezza. Invece il sintomo va definito e non solo nominato. Questo primo atto terapeutico ti consentirà di comprendere perché il sintomo emerge in tutta la sua esplosività in determinati contesti e situazioni mentre resta silente e dormiente in altri. Perché è importante questo passaggio? Perché in questo modo il sintomo non diventa più un evento che si manifesta a suo piacimento e sul quale non hai alcun controllo. Ma, al contrario, comincia a diventare maggiormente prevedibile, controllabile e , di conseguenza, ti sorprenderà e spaventerà meno.

Ma questo non è che l´inizio della terapia

Nel corso dei successivi incontri, ti proporrò una serie di esercizi finalizzati alla trasformazione dei tuoi modi di essere che generano sofferenza e che ti aiuteranno a ritrovare il benessere, la serenità e la libertà che il sintomo ti ha tolto.

Ho anche preparato un e-book su ansia e panico che puoi scaricare gratuitamente cliccando qui.

come combattere lo stress

Come combattere lo stress

È chiaro oramai a tutti che lo stress ha un impatto negativo sul nostro benessere. Forse non tutti sanno, però, che può avere delle conseguenze anche sulla salute mentale, oltre che fisica. Come combattere lo stress per ritrovare benessere e salute?

Cosa significa “stress”?

La parola stress è ormai diventata comune nel linguaggio quotidiano. Originariamente, però, faceva parte della terminologia ingegneristica. In questo settore, “stress” indica uno stimolo esterno che esercita una forza su un corpo che può subire una deformazione. Questo effetto prende il nome di “strain”.
La parola stress, in seguito, è stata presa in prestito dalla psicofisiologia. Negli anni Trenta è stata introdotta in questo campo n grazie agli studi pionieristici di Hns Selye. Le sue ricerche hanno dimostrato che gli organismi reagiscono di fronte alle sollecitazioni ambientali. Come? Mettendo in atto una complessa risposta fisiologica che, però, di fronte a stimolazioni prolungate e serie, poteva associarsi a malattia o persino morte.

Il Dottor Stress

Selye o, come veniva chiamato, “il Dottor Stress”, ha effettuato le sue ricerche attraverso la sperimentazione su topi da laboratorio. I modelli animali hanno dei limiti e ci dicono molto poco sulle reazioni dell’uomo di fronte allo stress. Tuttavia, può essere interessante fare un salto indietro nel suo laboratorio. Hans Selye era un patologo. Cominciò a studiare le reazioni di cavie da laboratorio nei confronti della somministrazione di diversi stimoli nocivi. Tra questi tossine, batteri, ma anche condizioni ambientali avverse quali un ambiente eccessivamente caldo o freddo.

Indipendentemente dalla natura dello stimolo nocivo applicato, il corpo dei topolini reagiva. E ad attivarsi era una reazione in tre fasi: una fase di allarme, una di resistenza e una di esaurimento.

La fase di allarme era caratterizzata dalla riduzione del timo e dei linfonodi. Comparivano anche delle ulcere nella mucosa dello stomaco.

Nella fase di resistenza si verificava un aumento del volume delle ghiandole surrenali e della tiroide e gli organi sessuali si atrofizzavano.

Nella fase di esaurimento gli animali arrivavano alla morte. Gli stress cui venivano sottoposti, infatti, erano intensi e ripetuti nel tempo, e rendevano difficile la sopravvivenza delle cavie.

Le ricerche di Selye hanno evidenziato quindi che lo stress può causare delle malattie e indurre persino alla morte.

Come combattere lo stress

Ormai è certo che un cattivo adattamento alle condizioni ambientali causa, nel tempo, un accumulo di alterazioni che sono all’origine di diverse malattie. Come combattere lo stress? Non si tratta tanto di eliminare gli stress quotidiani, ma di imparare a gestirli. Non possiamo infatti evitare le varie incombenze che posono causare stress.

Ascolta questa storia. Negli anni Settanta un noto giornalista e scrittore, Norman Cousins si ammalò di spondilite anchilosante, una malattia autoimmune. Il giornalista confessò di essersi approcciato al suo malessere proprio a partire dalle scoperte del Dottor Stress e dimostrando che la sua ricerca poteva avere implicazioni anche per l’uomo. Nel 1976 Cousins pubblicò un articolo dal titolo Anatomia di una malattia. Nell´articolo si legge del suo particolare approccio alla spondilite. Niente ospedale, pochi farmaci, dieta sana, vitamine e… risate. Quest’ultimo ingrediente, nello specifico, era stato “assunto” considerando che, se le emozioni negative minacciano la salute, quelle positive possono rappresentare un fattore terapeutico.


La storia di Cousins rappresenta sicuramente un aneddoto curioso sulle origini della ricerca su come combattere lo stress e dice qualcosa anche sulla nascita di una disciplina poco conosciuta, la psiconeuroimmunologia. Dopo la guarigione, infatti, Cousins è stato nominato professore di Medical Humanities all’Università di Los Angeles, città in cui ha fondato un laboratorio attivo tutt’oggi che si occupa delle relazioni tra mente e corpo e del ruolo degli aspetti psicologici su salute e malattia.


Cosa sappiamo oggi su stress e salute?

Gli studi di Selye e l’esperienza biografica di Cousins sono all’origine della ricerca sullo stress. Ma molta strada è stata fatta da allora dalla ricerca.
Oggi sappiamo che lo stress cronico può danneggiare il cervello e indebolire il sistema immunitario.
Per esempio, l’esposizione a situazioni croniche stressanti può causare la perdita di neuroni in specifiche aree cerebrali che, per questo motivo, si atrofizzano. Tra queste regioni cerebrali, l’ippocampo e la corteccia prefrontale.

Lo stress, poi, può causare un´ipertrofia dell´amigdala. Tale ipertrofia è dovuta ad un aumento delle connessioni tra i neuroni in quest´area che viene ipertimolata dallo stress.


Stress e sistema immunitario

Lo stress è in grado di alterare il sistema immunitario. Tale alterazione sembra essere all’origine di malattie importanti in persone che hanno fronteggiato stress ripetuti e connessi all’esperienza di cura di familiari con demenza o a maltrattamenti ed abusi durante l’infanzia.
Infine, sembra che l’esposizione a stress cronico possa provocare diverse condizioni. Per esempio dislipidemia, diabete, iperglicemia, sindrome metabolica e disturbi della fertilità.


Come liberarsi dallo stress?

Quanto detto dimostra che lo stress può avere un impatto negativo sulla nostra salute. Per questo è importante occuparsene. Se ormai è chiara l’impossibilità di eliminare lo stress dalla nostra vita, è altrettanto evidente che le scienze psicologiche mettono a disposizione importanti strumenti di contrasto degli effetti negativi dello stress.
Se vi sentite sovraccarichi, quindi, può essere consigliabile rivolgersi ad un professionista della salute mentale. Lui saprà approntare un piano di trattamento che possa fare al caso vostro, rispondendo alle vostre esigenze con flessibilità. Anche comodamente da casa. O integrando nel percorso psicoterapico delle tecniche di rilassamento e gestione dello stress che prevedono un maggiore lavoro sul corpo.

Riferimenti bibliografici
Bottaccioli, F., & Bottaccioli, A.G. (2017). Psiconeuroimmunoendocrinologia. Il manuale. Milano: Edra.
Cousins, N. (1976). Anatomy of an illness (as perceived by the patient). New England Journal of Medecine, 295: 1458-1463.
Selye, H. (1936). A syndrome produced by diverse nocuous agents. Nature, 138: 32.

come curare l´ansia

Come curare l´ansia?

La parola ansia è ormai entrata nel vocabolario quotidiano. Sappiamo veramente in cosa consiste? E come curare l´ansia quando diventa un disturbo invalidante?

Come si manifesta l’ansia?

La parola ansia viene dal verbo latino angere, che significa “stringere”, “soffocare”. L’etimologia della parola veicola bene il disagio vissuto da chi soffre di un disturbo ansioso. Ossia di quella sensazione che qualcosa di brutto stia per accadere.
Quando si parla di ansia si fa riferimento a uno stato d’animo complesso che si traduce in un insieme di reazioni cognitive, risposte comportamentali e fisiologiche che preparano l’organismo a rispondere a un pericolo percepito come vicino e difficilmente fronteggiabile con le proprie risorse.

Sul piano cognitivo l’ansia può comportare la sensazione di avere un vuoto mentale o l’impressione di essere in una situazione di pericolo che si accompagna a un´esperienza di allarme. Talvolta, inoltre, l´ansia si accompagna a immagini, pensieri o ricordi negativi. In alcune condizioni, poi, la persona si può sentire osservata o gravata dal pensiero di essere al centro dell’attenzione di chi la circonda.

Sul piano comportamentale, invece, si possono adottare condotte volte a evitare le situazioni temute oppure a viverle con estremo disagio. O ancora a subirle passivamente. Non è infrequente, per questo, che le persone particolarmente ansiose possano limitare le proprie aree di autonomia, chiedere di essere accompagnate, assumere farmaci, ecc…

Rispetto alle risposte fisiologiche, infine, la persona può avvertire tensione e presentare tremori, sudorazione, palpitazioni e aumento della frequenza cardiaca, vertigini, nausea, formicolii.

Ci sono differenze tra ansia e paura?

Molto spesso confondiamo l’ansia con la paura poiché entrambe rappresentano dei segnali di allarme che avvisano dell’esistenza di un pericolo e consentono di mettersi in salvo.

È quello che avveniva ai nostri progenitori di fronte alle minacce. La vista di un animale feroce o di un altro pericolo attivava una serie di cambiamenti nell’organismo che avrebbero consentito la fuga o il combattimento, permettendo loro di salvarsi.

Ansia e paura, quindi, avevano un valore adattivo poiché erano funzionali alla sopravvivenza. Lo stesso vale anche per noi e per l’ansia fisiologica che, in un ambiente profondamente diverso da quello in cui vivevano i nostri antenati preistorici, può essere funzionale a preparare una efficace risposta di fronte agli stress quotidiani.
Anche se la distinzione tra ansia e paura può non essere immediata, è possibile affermare che una reazione ansiosa è attivata da minacce sconosciute, non definite e spesso di origine interna.
Diverso è per la paura, un’emozione che si manifesta in risposta a una minaccia concreta che si presenta nel mondo esterno.

Questo equivale a dire che la paura affonda le proprie radici nella dimensione del presente. Invece l’ansia ci proietta nel futuro, preparandoci ad affrontare minacce che potremmo non dover fronteggiare mai.
Nello specifico, quando l’ansia perde il suo valore adattivo, le reazioni ansiose possono essere generalizzate a situazioni neutre che non richiedono una particolare attivazione per essere affrontate. Così, da fisiologica, l’ansia può diventare patologica.

In simili situazioni, l’individuo valuta in maniera erronea le circostanze della vita, percependo il mondo come pericoloso. Una simile e generalizzata percezione di pericolo può essere innescata da segnali molto lievi e può essere all’origine di una compromissione di diversi aspetti della vita. Come curare l´ansia?

come curare l´ansia
Come curare l´ansia?

Cosa sono i disturbi di ansia?

Prima ci comprendere come curare l´ansia vediamo in cosa consiste. Il DSM 5 (2013), afferma che se l’ansia è eccessiva o persistente si può configurare un vero e proprio disturbo d’ansia.
Rispetto alla diagnosi, è importante escludere la sussistenza di cause di tipo medico o la connessione con l’uso di farmaci e sostanze.

Nei disturbi d´ansia di solito la sintomatologia è presente da almeno 6 mesi. Se queste condizioni sono verificate, poi, è importante procedere con un corretto inquadramento del disturbo, considerando che l’ansia può essere presente in diverse condizioni problematiche.
Solo per fare alcuni esempi, ansia e preoccupazioni eccessive possono essere avvertite per una quantità generalizzata di eventi e attività. Oppure essere maggiormente legate a condizioni specifiche quali le situazioni sociali o il momento della separazione dai genitori da parte dei bambini. Nel primo caso, ci si potrebbe trovare di fronte a un disturbo d’ansia generalizzata. Nelle altre condizioni si potrebbe configurare un quadro di disturbo d’ansia sociale.
Quelle appena citate sono solo alcune delle diagnosi previste dal DSM 5 che, nella stessa categoria, include anche il disturbo di panico, l’agorafobia, le fobie specifiche e il mutismo selettivo.

Cosa fare per superare l’ansia?

I disturbi d’ansia sono comuni nella popolazione. Le donne ne sono colpite in rapporto di 2:1 rispetto ai maschi. Spesso hanno un esordio in età infantile. E sono il risultato dell’interazione tra fattori diversi: la predisposizione genetica, la familiarità, lo stile educativo, l’esposizione a eventi stressanti, la bassa autostima, il temperamento e il carattere.

Soffrire diun disturbo d’ansia può compromettere la qualità di vita ed è per questo importante rivolgersi a un professionista che possa valutare il quadro sintomatologico e approntare un piano di trattamento.
Se in alcuni casi potrà essere necessaria l’assunzione di farmaci, è sempre raccomandato indirizzarsi a un percorso di psicoterapia che possa accompagnare la persona nella comprensione e nel controllo dei sintomi.
Uno degli approcci consigliati per curare l´ansia è rappresentato dalla terapia cognitivo-neuropsicologica, per un approfondimento della quale si rimanda qui .

Strategie di trattamento che possono essere raccomandate in parallelo alla psicoterapia possono focalizzarsi specificamente sulla componente fisica dei disturbi d’ansia. Molto popolari sono le tecniche di rilassamento e di respirazione.


Riferimenti bibliografici
American Psychiatric Association (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.). Arlington, VA: American Psychiatric Publishing.
Dugas, M. J., & Robichaud, M. (2007). Cognitive-behavioral treatment for generalized anxiety disorder: From science to practice. New York/London: Routledge.
Migone, P. (2010). Quanto è efficace la psicoterapia per i disturbi d’ansia? Una revisione della letteratura. Il ruolo terapeutico, 113: 56-69.

Depressione cosa fare

Ansia anticipatoria: come uscirne?

L’ansia anticipatoria spesso condiziona negatvamente la vita delle persone che ne soffrono. Dal funzionamento lavorativo a quello sociale, l´ansia anticipatoria può rendere la vita un inferno. Ma come si manifesta? E come distinguerla dall´ansia non patologica?


Un mostro chiamato ansia

Ti sarà sicuramente capitato, durante un esame o di un colloquio di lavoro, di sentirti particolarmente in ansia. Magari nei giorni precedenti avrai pensato diverse volte alla situazione che avresti vissuto, immaginandoti scenari più o meno catastrofici. Dall´atteggiamento dell’esaminatore, alle domande a cui sarebbe stato difficile rispondere, a una possibile cattiva performance, ecc.

Naturalmente di fronte a un evento dall´esito incerto e che reputiamo importante per il nostro futuro è normale provare una certa quota di ansia. Ma per alcune persone talvolta pensieri di questo tipo possono permeare anche situazioni più neutre. Come, per esempio, conoscere persone nuove, fare un viaggio, e così via.

Vissuti ansiosi sperimentati in simili condizioni possono essere il campanello d´allarme dell´ansia anticipatoria, una manifestazione ansiosa legata a eventi futuri anticipati come pericolosi o minaccianti.

Come si manifesta l’ansia anticipatoria?

Sperimentare una quota gestibile di ansia anticipatoria è una reazione normale di fronte alle circostanze incerte della vita e può servire ad anticipare possibili criticità di una situazione al fine di fronteggiarla al meglio.

L’ansia anticipatoria, però, non è sempre normale e funzionale. Se un determinato evento è associato a una paura eccessiva che porta all’evitamento di sempre più situazioni ed a sperimentare un disagio significativo e persistente, ci si potrebbe trovare di fronte ad una condizione psicopatologica. Lo stesso potrebbe avvenire nel caso in cui l’ansia anticipatoria non sia legata a eventi specifici e concreti ma a situazioni meno circoscritte.

Chi soffre di ansia anticipatoria, infatti, tende a focalizzarsi sui possibili scenari catastrofici che potrebbero accadere al verificarsi di un dato evento. La gravità dei sintomi può far sì che la persona eviti tutte le situazioni temute correlate all’evento stesso.

Se non curata l’ansia anticipatoria tende alla cronicizzazione e può avere un impatto negativo sul benessere soggettivo e sulla qualità di vita delle persone. Sperimentare una forte ansia anticipatoria si accompagnar a sintomi fisici e somatizzazioni. Per esempio tensione e dolori muscolari, sudorazione, stanchezza, disturbi gastrointestinali, difficoltà di concentrazione, mal di testa.

L´ansia anticipatoria è trasversale a diverse psicopatologie. E infatti è un sintomo comune a condizioni che il DSM 5 (2013) include nei quadri psicopatologici con manifestazioni a prevalente componente ansiosa. Tra queste, il disturbo di panico, il disturbo post-traumatico da stress, le fobie e le disfunzioni sessuali.

Perché soffriamo di ansia anticipatoria?

Da un punto di vista filogenetico la capacità di anticipare possibili esiti sfavorevoli aveva un chiaro valore adattivo per i nostri progenitori. Data la grande quantità di pericoli presenti nel loro habitat, per sopravvivere gli uomini spesso dovevano vivere in uno stato di vigilanza e allerta. Proprio per questo, l’ansia anticipatoria potrebbe essere intesa come forma di difesa funzionale alla sopravvivenza in un ambiente ostile.

Come dice Gilbert (2006), il cervello è una macchina anticipatoria che ha come finalità principale quella di prevedere, progettare e costruire il nostro futuro. A partire dalle nostre esperienze precedenti e dalle informazioni sulla situazione presente possiamo programmare le nostre azioni. In questo modo aumentano le possibilità di raggiungere gli obiettivi desiderati ed evitare esiti sfavorevoli.

La capacità di raggiungere effettivamente le finalità prefissate, però, dipende dalla prevedibilità degli eventi. Ma è chiaro che non è possibile essere sempre perfettamente certi di ciò che accadrà, anche se ci impegniamo al massimo.

Non a caso a soffrire maggiormente di ansia anticipatoria sonosoprattutto le persone che vorrebbero avere sotto controllo ogni aspetto della propria esistenza e che temono tutto ciò che è ignoto ed incerto.

Questo modo di essere è particolarmente prevalente nelle società, come la nostra, incentrate sulla performance e sulla velocità, dove è fondamentale raggiungere gli obiettivi prefissati in tempi brevi.

Cosa fare per superare l’ansia anticipatoria?

Chi soffre di ansia anticipatoria è costantemente proiettato in un futuro incerto, incontrollabile e minaccioso.
Per questo motivo, l’ansia anticipatoria può compromettere la qualità di vita della persona.

La psicoterapia può rivelarsi un utile metodo di cura per consentire alla persona. Sia di comprendere i meccanismi che innescano l’ansia che di ridurre la sintomatologia quando questa diviene invalidante.

Uno degli approcci consigliati per il trattamento dei disturbi d’ansia è rappresentato dalla Psicoterapia Cognitivo-Neuropsicologica.

Altre modalità di trattamento che potenziano gli effetti benefici della psicoterapia si focalizzano specificamente sulla componente fisica dell´ansia. Le manifestazioni somatiche sono infatti invalidanti. Soprattutto nei casi in cui si avverta una forte tensione muscolare. Molto popolari, per esempio, sono le tecniche di rilassamento e di respirazione per la gestione dell´ansia.

Riferimenti bibliografici
American Psychiatric Association (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.). Arlington, VA: American Psychiatric Publishing.
Gilbert, D.T. (2006). Stumbling on happiness. New York: Random House.
Grupe, D.W., & Nitschke, J.B. (2013). Uncertainty and Anticipation in Anxiety. An integrated neurobiological and psychological perspective. Nat Rev Neurosci, 14(7): 488-501.

Eiaculazione precoce e ritardata

Eiaculazione precoce e ritardata: troppo presto o troppo tardi? I disturbi dell’eiaculazione possono essere trattati efficacemente con un percorso di psicoterapia online.

Eiaculazione precoce e ritardata sono tra i disturbi dell’eiaculazione più comuni e possono causare sentimenti di ansia, vergogna e imbarazzo.In questo articolo descriviamo i diversi tipi di disturbi dell´eiaculazione e forniamo alcuni consigli per affrontarli.

eiaculazione precoce e ritardata

Che cosa è l’eiaculazione?

L’eiaculazione accompagna l’orgasmo maschile e consiste nell’emissione dello sperma dall’uretra.

Si tratta di un processo di natura riflessa che si accompagna al superamento del picco dell’eccitazione e che prevede due fasi distinte.

Nella prima fase, la contrazione degli organi riproduttivi interni (tra cui la prostata e le vescicole seminali) spinge le diverse componenti dello sperma nell’uretra. Nella seconda fase, il liquido seminale viene espulso attraverso delle contrazioni ritmiche dei muscoli che si trovano alla base del pene e dell’ano. Si tratta di contrazioni involontarie: infatti, una volta avviato il processo eiaculatorio, è normalmente difficoltoso controllare la fuoriuscita dello sperma dall’uretra.

Quali problemi possono verificarsi nell’eiaculazione?

In alcuni casi l’eiaculazione può verificarsi in condizioni ritenute non normali da parte dell’uomo e/o della coppia, e possono causare vissuti di imbarazzo, vergogna o insoddisfazione.

Le lamentele più frequenti che ascolto dalle persone che si rivolgono a me per una consulenza psicoterapica online riguardano le tempistiche dell’eiaculazione che, se arriva troppo presto o in ritardo, può causare disagio. Lo stesso avviene anche nelle situazioni in cui si verifica una vera e propria incapacità di eiaculare.

Il DSM 5 (APA, 2013), il noto manuale diagnostico dell’American Psychiatric Association, include queste condizioni problematiche nel capitolo delle disfunzioni sessuali in due diverse categorie: l’eiaculazione precoce e l’eiaculazione ritardata.

Accanto a queste disfunzioni, cito anche la cosiddetta eiaculazione retrograda. Si tratta di una condizione nella quale lo sperma, invece di confluire verso l’uretra, fa retromarcia e viene versato nella vescica. Anche raggiungendo l´orgasmo in questi casi non vi è fuoriuscita esterna dello sperma.

Come riportato dal Centro per la medicina riproduttiva maschile e la microchirurgia di New York, si tratta di un’anomalia strutturale o funzionale del collo della vescica che può avere cause di natura anatomica, neurologica o farmacologica.

Nel primo caso, l’eiaculazione retrograda può essere ricondotta a malformazioni congenite o conseguenti a un intervento chirurgico al collo della vescica. Nel secondo caso, invece, disfunzioni neurologiche possono essere collegate a patologie sistemiche come il diabete o possono interferire con la capacità del collo della vescica di chiudersi. Rispetto alle cause farmacologiche, infine, alcuni farmaci (neurolettici, anti-ipertensivi, antipsicotici, alfa-bloccanti, ecc.) possono causare l’eiaculazione retrograda inducendo la paralisi del collo della vescica.

Quando un problema nei tempi dell’eiaculazione diventa un disturbo?

Stabilire quando l´eiaculazione precoce o in ritardo configuri un disturbo sessuale vero e proprio non è semplice. Ovviamente non è solamente una questione di secondi o minuti. È invece molto importante tenere nella giusta considerazione i livelli di ansia e di stress soggettivo, sperimentati dall’individuo o dalla coppia.

In effetti, la “giusta” durata del rapporto, dall’inizio dell’attività sessuale all’eiaculazione, è un criterio che varia da persona a persona e da coppia a coppia: ciò che può costituire un problema per un individuo o per una coppia, cioè, può non esserlo per un altro/a. 

Come già precisato, infatti, le disfunzioni nella fase eiaculatoria possono spiegarsi anche con condizioni mediche o essere indotte  dall’uso di farmaci. Se gli accertamenti medici danno esito negativo diventa importante rivolgersi a uno psicoterapeuta esperto di sessuologia clinica e che sappia fornire un´accurata valutazione del problema, una diagnosi e un trattamento.

Premesso ciò, vediamo adesso quando è possibile parlare di eiaculazione precoce e ritardata.

Quali sono i sintomi dell’eiaculazione precoce?

Nello specifico, il DSM 5 parla di eiaculazione precoce laddove essa avvenga circa un minuto dopo la penetrazione. Inoltre, è necessario che il problema si verifichi nel 75-100% dei rapporti sessuali per un periodo di almeno sei mesi e causando un disagio soggettivo importante. La diagnosi di eiaculazione precoce deve infatti tenere conto anche delle preoccupazioni dell’uomo in merito al fatto che il culmine del piacere arrivi troppo velocemente dopo la penetrazione.

Un bravo psicoterapeuta esperto in sessuologia sarà anche in grado di specificare la gravità di malattia.

L´eiaculazione precoce è lieve quando avviene entro circa 30-60 secondi dopo la penetrazione vaginale. Moderata se si verifica entro circa 15-30 secondi dopo la penetrazione vaginale. Grave quando invece si verifica già prima dell´attività sessuale o comunque entro 15 secondi dalla penetrazione vaginale.

L’eiaculazione precoce ha un impatto importante sulla vita di un uomo, in particolare sulla sua autostima e sulle relazioni: l’incapacità di controllare l’eiaculazione può generare ansia, vergogna, imbarazzo, tristezza e sensi di colpa. Ciò è tanto più vero in una società in cui le persone vengono giudicate per le loro performance (a letto e non!).

Quali sono i sintomi dell’eiaculazione ritardata?

La caratteristica fondamentale dell’eiaculazione ritardata, invece, consiste in un marcato ritardo nell´eiaculazione o nell’incapacità di eiaculare. Un simile problema deve verificarsi nel 75-100% dei rapporti sessuali in cui sia avvenuta una adeguata stimolazione erotica o sessuale da parte del partner. L’incapacità di eiaculare o il ritardo nell’eiaculazione devono verificarsi per almeno sei mesi e associandosi a un disagio clinicamente significativo. I problemi, inoltre, non devono essere meglio spiegati da condizioni mediche, disturbi psichiatrici, uso di farmaci e sostanze. Allo stesso modo, infine, le difficoltà nell’eiaculazione non devono essere riconducibili a fattori situazionali (per esempio posizioni scomode o dolorose).

Se le condizioni sopra esposte sono soddisfatte, è opportuno anche focalizzarsi sulle percezioni del disturbo da parte della coppia. In tal senso, per esempio, sarà possibile parlare di ritardo se entrambi i partner riferiscono frustrazione rispetto alla mancata o tarda eiaculazione e/o riportano dolore genitale come conseguenza dei tentativi ripetuti di finalizzare il rapporto sessuale. Molto spesso, inoltre, le coppie riferiscono una serie di difficoltà psicologiche come ansia anticipatoria e ansia da prestazione che si possono declinare come evitamento dei rapporti sessuali. Chi soffre di eiaculazione ritardata o assente può vivere il sesso come una fonte di ansia, stress e frustrazione. Ma anche il partner può sentirsi incapace di attrarre il compagno e può mal tollerare l’eccessiva durata del rapporto.

Disturbi dell’eiaculazione: quali trattamenti?

eiaculazione precoce e ritardata
eiaculazione precoce e ritardata

Eiaculazione precoce e ritardata: quali sono i trattamenti?

Partiamo dal trattamento dell´eiaculazione anterograda. Il trattamento dell’eiaculazione retrograda dipende dalle cause. L´eiaculazione anterograda causata da farmaciègeneralmente facile da curare. In genere una volta sospeso o sostituito il farmaco che causa l´eiaculazione anterograda il problema scompare. Maggiori difficoltà, invece, possono riscontrarsi in caso di problemi anatomici o neurologici che, se curabili, potrebbero richiedere trattamenti medici di tipo chirurgico.

La terapia d’elezione per l’eiaculazione precoce, invece, prevede una combinazione di psicoterapia (anche online) e farmacoterapia. Alcuni compiti esperienziali che il terapeuta suggerisce sono particolarmente utili nel migliorare il controllo dei tempi del rapporto.

Per quanto riguarda l’eiaculazione ritardata, infine, l’utilizzo di alcuni farmaci è ancora in via di sperimentazione. Al contrario, la psicoterapia rappresenta un´ottima strategia per contrastare il fenomeno. In alcuni casi, poi, si è rivelata di una certa utilità la stimolazione vibratoria del pene, proposta per aumentare la sensibilità di questo organo e agevolare l´eiaculazione.

Per concludere, è possibile sottolineare che la psicoterapia può essere sempre di supporto sia all’uomo che alla coppia nell’accettazione di condizioni mediche non trattabili, oltre che per favorire la consapevolezza di eventuali dinamiche intrapsichiche e relazionali che possono influenzare la durata dei rapporti e la reciproca soddisfazione.

Eiaculazione precoce e ritardata possono essere curate efficacemente con la psicoterapia (sia online che in presenza). E ritrovare la giusta intesa sotto le lenzuola sarà un gioco da ragazzi!

Riferimenti bibliografici

American Psychiatric Association (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.). Arlington, VA: American Psychiatric Publishing.

Center for Male Reproductive Medicine & Microsurgery di New York, consultato su https://maleinfertility.org/sexual-medicine/erectile-dysfunction-ed/ejaculation-disorders

paura panico ansia psicoterapia online

Chi ha paura del panico?

Chi ha paura del panico? Il disturbo da attacchi di panico è diffuso e frequente, specialmente nella popolazione giovanile. Quali i sintomi e i migliori trattamenti per questo problema?

Che cosa è il panico?

L’etimologia della parola panico richiama il dio Pan, figura mitologica legata alla natura. Il satiro, con sembianze umane ma gambe e corna da capra, spaventava chi ne turbava la quiete urlando in maniera terrificante. Questo scatenava nelle sue vittime una paura incontrollata.

Il panico è una forma intensa ed acuta di ansia.

Consiste in uno stato di intensa paura che determina una crisi che, di durata limitata nel tempo, in genere, si esaurisce nell’arco di 10-15 minuti.

Cosa succede durante un attacco di panico?

Durante un attacco di panico, la persona può sperimentare svariati sintomi fisici:

  • palpitazioni, tachicardia o dolore toracico;
  • sudorazione, brividi o vampate di calore
  • tremori, sensazione di torpore o formicolio
  • difficoltà respiratorie o sensazione di fiato corto;
  • senso di nausea o dolori addominali;
  • sensazione di sbandamento, instabilità, testa leggera;
  • paura di perdere il controllo, di impazzire o di morire;
  • sensazione di distacco dalla realtà o di estraneità della propria persona o di parti del proprio corpo.

[stai leggendo: Chi ha paura del panico?]

I sintomi del panico possono ingenerare paura e terrore e associarsi a una sensazione di disastro incombente.

Il carattere dirompente dei sintomi e la loro intensità fa ritenere a chi ne soffre di essere preda di un disturbo fisico quale l’infarto. È invece importante sapere che in genere la crisi si risolve da sola e non comporta danni per l’integrità psicofisica della persona.

Molto spesso, comunque, questa informazione non è sufficiente a contenere la paura di poter sperimentare nuovamente una crisi.

La preoccupazione che un nuovo attacco di panico possa verificarsi è all’origine della cosiddetta ansia anticipatoria.

Tale paura sottosta a e alimenta l’evitamento delle situazioni che l´individuo ritiene capace di scatenare una crisi di panico. Molto spesso le situazioni temute sono quelle in cui si è verificato il primo attacco di panico.

[stai leggendo: Chi ha paura del panico?]

Quando è possibile diagnosticare un disturbo da attacchi di panico?

La maggior parte delle persone ha sperimentato un attacco di panico dopo un evento di vita particolarmente stressante o un periodo di stress intenso.

In effetti, alcune persone presentano una predisposizione genetica o psicologica alle problematiche di natura ansiosa.

In questi individui condizioni stressanti possono favorire l’insorgenza del disturbo da attacchi di panico.

Quando l’ansia supera una certa soglia, può infatti sfociare in crisi di forte impatto e intensità.

È per questo molto importante occuparsi delle proprie ansie e dello stress. Ci si può rivolgere a un professionista per un´adeguata diagnosi e per un trattamento efficace.

Le indicazioni per una diagnosi di disturbo di attacchi di panico vengono fornite dal DSM 5, il manuale diagnostico-statistico elaborato dall’American Psychiatric Association (2013).

[stai leggendo: Chi ha paura del panico?]

Il DSM-5 stabilisce i criteri per la diagnosi di attacco di panico.

Questa condizione si verifica quando la persona sperimenta almeno quattro dei sintomi precedentemente illustrati. I sintomi non devono però esserelegati all’assunzione di sostanze, ad altri disturbi psichiatrici, né a un disturbo di interesse medico.

Conseguentemente, la diagnosi di disturbo da attacchi di panico può essere effettuata se si verificano crisi ricorrenti.

Non solo. Almeno un episodio deve aver causato preoccupazioni persistenti di poter sperimentare nuovamente la sintomatologia. Oppure preoccupazioni per le implicazioni e le conseguenze del disturbo. O infine una modificazione dei propri comportamenti abituali.

Il DSM 5, inoltre, precisa che la diagnosi di disturbo da attacchi di panico può verificarsi in presenza o meno di agorafobia.

Tale condizione può essere riscontrata nei casi in cui un paziente presenti ansia nei confronti di situazioni quali trovarsi in diverse situazioni.

Spazi aperti, luoghi chiusi, fare la fila o essere in mezzo a una folla sono fra le situazioni maggiormente temute. Così come essere soli fuori di casa o doversi servire dei mezzi pubblici .

paura panico ansia psicoterapia online

Quali sono i trattamenti per il disturbo da attacchi di panico?

Il trattamento degli attacchi di panico può beneficiare di percorsi integrati che prevedano la compresenza di psicoterapia e farmacoterapia. Questo protocollo si è dimostrato molto efficace nel controllo e nella scomparsa della sintomatologia.

In genere la farmacoterapia, prevede la prescrizione di farmaci antidepressivi in associazione con degli ansiolitici a seconda delle necessità del paziente e della sua sintomatologia.

[stai leggendo: Chi ha paura del panico?]

L’approccio farmacologico deve però essere accompagnato da un´adeguata psicoterapia. Esistono diverse forme di psicoterapia per il trattamento del disturbo di panico. La psicoterapia cognitiva-neuropsicologica è utile sia nella riduzione della sintomatologia, che nel contrastare l’impatto negativo sulla qualità della vita.

Altre strategie di trattamento sono le terapie somatiche riabilitative, capaci di potenziare gli effetti della psicoterapia e di massimizzare l’efficacia della farmacoterapia.

Simili trattamenti agiscono sull’alterazione della fitness fisica. Questa infatti sembra essere presente in una percentuale importante di persone con disturbo da attacchi di panico.

Per maggiori informazioni sull´argomento è possibile consultare questa pagina.

Infine è importante trattare la sintomatologia quanto prima.

Tuttavia molti pazienti vivono con difficoltà l’uscire da casa. Ma per fortuna è possibile consultare un professionista avvalendosi di una modalità di consulenza e psicoterapia online.

[stai leggendo: Chi ha paura del panico?]

ansia e ossessioni

La reazione ossessivo-compulsiva all´ansia

La reazione ossessivo-compulsiva all´ansia

Esistono tre modelli principali dell´origine dell´ansia:

  1. La fuga dall´ansia
  2. La reazione ossessivo-compulsiva all´ansia
  3. La reazione ansiosa sessuale

Oggi ci concentriamo sul secondo modello. Per leggere la prima parte dell´articolo, in cui spiego il modello della fuga dall´ansia clicca qui.

Come dicevo nel precedente articolo, questi tre modelli hanno un minimo comune denominatore: l’ansia anticipatoria.

Il modello della reazione ossessivo-compulsiva all´ansia

Come abbiamo visto, alcune forme di ansia originano dalla sfera somatica, mentre altre invece originano dalla dimensione psicologica. In altre parole, tra le basi costituzionali dell´ansia riconosciamo non solo le basi neurologiche ma anche gli stili di personalità. E tra questi soprattutto lo stile di personalità tendente ai disturbi ossessivo-compulsivi su cui possono facilmente innestarsi sintomi di ansia.

ansia e ossessività

Nell’articolo precedente abbiamo visto che la reazione di fuga dall´ansia consiste nell´evitare le situazioni che generano ansia.

Sintomi d’ansia → Paura dell’ansia → Fuga dall’ansia

Ma esistono persone che non fuggono dall´ansia. Anzi, cercano di combatterla mettendo in atto delle azioni compulsive nel tentativo, appunto, di contenere l´ansia. È questa la reazione ossessivo-compulsiva all´ansia

Sintomi d’ansia → Paura dell’ansia → Lotta all´ansia

Marta era stata assalita improvvisamente dalla paura di impazzire. Quel giorno aveva subito chiamato subito un’ambulanza mentre era ancora al lavoro. Al pronto soccorso le diedero dei calmanti e le dissero di ritornare a casa.

Da quel giorno, però, Marta aspettava di impazzire da un momento all´altro. In particolare temeva di fare qualche gesto inconsulto. Come perdere il controllo dell´auto e uscire di strada, sfasciare la casa, addirittura gettare suo figlio di un anno dalla finestra. Era stata ricoverata nel reparto di Psichiatria del Policlinico di Milano, dove all´epoca svolgevo il tirocinio professionalizzante in psicoterapia.

Stai leggendo: I tre modelli dell´origine dell´ansia (Parte 2/3)

https://www.giuseppeiannone.it/psicoterapia-online/

Prima dell´ansia

Prima di allora Marta svolgeva con soddisfazione il proprio lavoro. Si definiva una persona scrupolosa e precisa. Ma da quel giorno in cui quell´attacco d´ansia l´aveva assalita qualcosa era cambiato.

Aveva sperimentato una perdita di controllo. Per scongiurare che l´attacco di ansia potesse ripresentarsi, soleva dire a se stessa, quasi a mo´di mantra:  “Va tutto bene, il lavoro procede senza difficoltà o stress, amo mio marito, e i bambini non mi causano preoccupazioni ” .

In gergo tecnico si chiamano compulsioni mentali. Lo scopo di tali compulsioni erano di tenere a bada quei pensieri ossessivi che tanto la tormentavano. In realtà non facevano che esercitare l´effetto contrario. Anzi, avevano contribuito ad aumentare l´intensità dei sintomi.

Notate bene come Marta non si fosse rinchiusa in casa quando i sintomi erano insorti. Aveva impugnato l´arma delle compulsioni e ogni giorno si recava puntualmente al lavoro. Fu proprio questo circolo vizioso, fatto di ansia, ossessioni e compulsioni a esacerbare la sintomatologia e a richiedere il ricovero in Psichiatria.

https://www.giuseppeiannone.it/psicoterapia-online/

La psicoterapia

Durante il percorso di psicoterapia insegnai a Marta a non rimanere schiava delle proprie compulsioni. E a sostituire le compulsioni con azioni maggiormente appropriate all´estinzione dei sintomi di ansia. Nel giro di due settimane cominciò a stare meglio. Come era avvenuto il cambiamento?

Partiamo da una premessa. È tipico delle persone con uno stile di personalità tendente ai disturbi ossessivo-compulsivi  l’intolleranza a ogni incertezza.

Per loro tutto deve essere e rimanere definito. Ma quando il mondo, o addirittura il proprio corpo, diventano indomabili le persone con questo stile di personalità cercano di compensare tale mancanza di conoscenza assoluta con la scrupolosità e il dubbio eccessivi che si traducono in paralisi decisionale.

A livello cognitivo ciò equivale a un’iperriflessività, a una coazione a osservarsi, e a una coscienza ipercritica, giudice severo che il paziente sperimenta come minacciante.

Perfezionismo o saggezza?

Le persone con stile di personalità tendenti al disturbo ossessivo-compulsivo hanno fame di certezze e stabilità.  Ma “per gli umani nulla è perfetto”, come recita il Faust di Goethe.

Stai leggendo: I tre modelli dell´origine dell´ansia (Parte 2/3)

Pars pro toto

Ciò nonostante, la persona non rinuncia alla lotta e attua una riduzione di pars pro toto , per dirla con Bilz, cioè una sostituzione della parte per il tutto.

Se non posso avere controllo sul mondo, posso esercitare tale controllo sulla mia casa. E così iniziare a pulirla e lucidarla tutto il giorno. Tutti i giorni. O posso diventare ordinatissimo e scrupolosissimo sul lavoro. O ancora, posso lavare le mani più volte al giorno, per avere l´assoluta certezza di averle sempre pulite.

L´intervento psicoterapico consiste allora nell´aiutare la persona a rinunciare alla pretesa di essere sempre sicura. Un´indicazione che ritroviamo persino al capitolo 7 del libro dell´Ecclesiastico, che recita “Non essere eccessivamente scrupoloso (giusto) […] perché vorresti impazzire (distruggerti)?”.

Stai leggendo: I tre modelli dell´origine dell´ansia (Parte 2/3)

Clicca qui per leggere l´articolo sull´ultimo dei tre modelli dell´origine dell´ansia: la reazione ansiosa sessuale

https://www.giuseppeiannone.it/psicoterapia-consulenza-psicologica-milano/
Ansia

Ansia: come curarla

Se soffri di ansia e vuoi sapere come curarla, in questo articolo cercherò di dare delle risposte, per quanto possibile, essendo l’argomento molto complesso.

Esistono tre modelli principali dell’origine dell’ansia:

  1. La fuga dall’ansia
  2. La reazione ossessivo-compulsiva all´ansia
  3. La reazione ansiosa sessuale

Oggi ci concentriamo sul primo modello. Parlerò degli altri due modelli nei prossimi articoli.

Questi tre modelli hanno un minimo comune denominatore: l´ansia anticipatoria.

L´ansia anticipatoria

Il meccanismo dell’ansia anticipatoria funziona in questo modo. Un sintomo (per esempio una sensazione di vertigine o di testa leggera) genera una paura corrispondente (paura di svenire). La paura (di svenire, in questo esempio) rafforza il sintomo. Questo avviene perché la persona presta adesso maggiore attenzione a ogni piccola variazione fisiologica. E, col tempo, diventa bravissima a discriminare ogni piccolo scostamento da uno stato di benessere. In questo modo un sintomo di per sé innocuo (la vertigine) lascia la persona nel timore che la vertigine possa ripresentarsi.

Il modello della fuga dall´ansia

Ecco il primo dei tre modelli dell´origine dell´ansia. Il nucleo fenomenologico del  primo modello di reazione ansiosa è costituito dalla fuga o dall’evitamento delle situazioni ansiogene.

Fuggire dall´ansia è la soluzione

Pensiamo a una persona che debba fare una presentazione davanti ai colleghi e che teme di balbettare, di sudare eccessivamente o di arrossire davanti a loro. Questa ansia anticipatoria provoca una reazione ansiosa ancora più forte, formando un circolo vizioso che in alcuni casi può sfociare in un attacco di panico conclamato.

La persona spesso vive con estremo disagio sia le ore (e spesso anche i giorni!) che precedono la situazione temuta. Nei casi più gravi l´ansia è così forte che la persona decide di inventare una qualsiasi scusa pur di non esporsi alla situazione temuta.

Ma cosa teme veramente la persona?

Non è l’ansia che di per sé si teme. Quanto, piuttosto, che essa possa avere conseguenze dannose per la salute. In particolare la persona può temere che, a causa dell´ansia, perderà i sensi, sverrà, collasserà o si accascerà a terra. A volte, a causa di questo timore, porta sempre con sé qualcosa da mangiare o da bere per evitare un possibile svenimento. O ancora, teme che avrà un infarto o un ictus. Sono questi alcuni dei principali motivi che spingono le persone ad avere paura dell´ansia.

Per paura che i sintomi dell’ansia possano ripresentarsi, si cerca in tutti i modi di scongiurarne il ritorno. E di evitare tutte le situazioni in cui l´ansia potrebbe manifestarsi. Spesso queste persone si sentono al sicuro solamente a casa. E nei casi più gravi soltanto in camera loro, per cui anche raggiungere la cucina o il bagno diventa un´impresa titanica.

L´evitamento è una strategia disfunzionale per combattere l´ansia

Alcune persone iniziano poi a sviluppare sintomi secondari a questa paura delle presunte conseguenze dannose dell´ansia. Per esempio, diventano scrupolosissimi osservatori dei loro parametri fisiologici. E bravissimi a notare ogni piccola variazione del battito cardiaco, del respiro, della pressione, della temperatura corporea. Non è raro, per esempio, che la persona controlli il polso per contare i battiti del cuore.

I disturbi d’ansia a eziologia vegetativa

Altre persone sviluppano un disturbo d’ansia a partire da un sintomo vegetativo. Ascoltate questa storia.

Mario non ha mai sofferto di ansia. Un giorno come tutti gli altri si reca al bar a bere il suo solito espresso. È particolarmente assonnato perché ha dormito male e così chiede al barista un espresso doppio. Lo beve di un fiato. Paga e si dirige verso il lavoro. Di lì a qualche minuto, ancora per strada, inizia a sentire il cuore battere all´impazzata. Tutto normale, direte voi. Sarà colpa dell´espresso doppio. Esatto. Mario però non coglie questo particolare e inizia a temere che la tachicardia, provocata dalla caffeina (in un corpo debilitato dalle poche ore di sonno della sera precedente) sia in realtà un segnale di un infarto imminente.

È qui che assistiamo alla nascita del disturbo d´ansia che costringerà Mario anni dopo a rivolgersi a me per una psicoterapia.

Cos’era successo?

Mario aveva iniziato ad avere paura di poter avere un infarto di lì a poco. Se solo avesse collegato subito quel cuore tachicardico alla caffeina! Si sarebbe risparmiato anni di inutili sofferenze e limitazioni.

Già, perché da quel giorno per Mario uscire di casa era diventato un vero incubo. Si accertava che ovunque si recava ci fosse un presidio ospedaliero o per lo meno un medico nelle vicinanze. Qualcuno in grado di poterlo prontamente aiutare nel caso in cui il cuore avesse ripreso a fare le bizze.

Un attacco di panico può essere scambiato per un infarto.

Da questo esempio possiamo vedere come un sintomo vegetativo di per sé innocuo possa condurre a sviluppare un disturbo d´ansia. Nel caso di Mario il ponte tra sintomo vegetativo e disturbo d´ansia è stato proprio l´ansia anticipatoria.

Esistono naturalmente altre mille situazioni diverse una dall´altra per cui può insorgere un disturbo d´ansia. E in psicoterapia si va alla ricerca di queste cause.

Ansia reattiva, riflessiva e transitiva

Tale ansia reattiva è un’ansia riflessiva, cioè si permette di distinguersi da un’ansia transitiva, come un’ansia fobica, cioè l’ansia di qualcosa di specifico.

In ogni caso, nel tempo l’ansia cerca sempre – e trova anche sempre – un contenuto e un oggetto concreti. Esso si concretizza, si condensa attorno al contenuto e all’oggetto come il suo nucleo. Non solo. Il contenuto e l’oggetto dell’ansia possono cambiare nel tempo.

Ma può avvenire anche il contrario. E cioè che si passi dalla paura specifica (per una situazione o un oggetto) a una paura più ampia.

Stai leggendo: I tre modelli dell´origine dell´ansia

L´eritrofobia è la paura di arrossire

Mi viene in mente la storia di Laura, una ragazza che soffriva di grave eritrofobia (cioè paura di arrossire). Laura era segretamente innamorata di Andrea, un amico di famiglia. Non ne aveva mai parlato con nessuno.

Un giorno sua madre le disse che aveva incontrato Andrea per strada. Laura si emozionò e subito arrossì. Da lì il timore che la madre avesse potuto sospettare qualcosa. Non solo. Da allora ogni volta che sua mamma parlava anche di altri ragazzi Laura continuava ad arrossire. Infine arrivò ad arrossire anche davanti ad altre persone ogni volta che si parlava di ragazzi.

L´ansia è come una macchia di olio su un lago

Proprio come accade se versassimo dell´olio sulla superficie di un lago, l´ansia può iniziare a contaminare una parte della superficie ma può espandersi fino ad arrivare a toccare zone sempre più remote .

Arriva persino a togliere il sonno.

E a impattare sulla vita sessuale, relazionale, di coppia. Spesso infatti chi soffre di ansia lamenta anche sintomi sessuali quali disturbo erettile, eiaculazione ritardata, eiaculazione precoce, anorgasmia, calo del desiderio e dell´eccitazione sessuale, dolore durante la penetrazione. Più di rado si arriva a usare il sesso per diminuire vissuti di ansia intensi.

Non di rado, poi. l´ansia si accompagna a vissuti depressivi secondari. E a quel punto depressione e ansia possono rafforzarsi reciprocamente.

Anche in questo caso, compito della psicoterapia è andare alla ricerca dell´origine della macchia e di comprendere quali venti e correnti l´hanno portata a interessare le altre zone e aree dell´esistenza.

L´ansia è come una macchia di olio nel mare
Credits: Derick Hingle / Greenpeace

La psicotofobia e la criminofobia

I sintomi di ansia possono portare alcune persone a temere di impazzire o di fare qualche gesto inconsulto. Nel primo caso si parla di psicotofobia, nel secondo di criminofobia.

Chi soffre di psicotofobia teme che il sintomo d´ansia sia l´incipit che lo porterà a sviluppare un disturbo psicotico, come la schizofrenia. 

Per esempio Francesco mi racconta che ogni volta che esperisce un attacco di depersonalizzazione teme che da lì a poco impazzirà.

Invece, chi soffre di criminofobia, teme di  fare qualcosa che possa arrecare un danno fisico a sé stesso (paura di suicidarsi o di ferirsi volontariamente) o ad altre persone.

Mi viene in mente la storia di Lucia, una giovane mamma che soffriva di criminofobia. E che aveva paura di restare da sola a casa con suo figlio di appena 9 mesi, per paura di potergli fare del male.

Dalla paura all´ansia

Infine, a volte, uno stato di paura giustificata (per esempio un cane che sbuca abbaiando all´improvviso da dietro un cancello) può innescare uno stato d´ansia.

L´iperventilazione può causare un attacco di ansia

Racconta Giulio: “Mi sono spaventato. E ho iniziato subito a respirare in modo strano”. Verosimilmente Giulio ha iniziato a iperventilare e proprio tale stato di iperventilazione ha aumentato e intensificato i sintomi ansiosi. A questo punto Giulio non era più spaventato dal cane, ma dalla sua reazione ansiosa.

Stai leggendo: I tre modelli dell´origine dell´ansia

Da dove deriva la tua ansia?

Da questi esempi si può evincere perché non esista una risposta univoca alla classica domanda: “Dottore, da dove deriva la mia ansia?”.

Un percorso di psicoterapia che vada a indagare le origini del fenomeno richiede un lavoro clinico di attenta ricostruzione delle condizioni, fisiche, psicologiche, personologiche, eccetera che hanno portato all´instaurarsi di un disturbo d´ansia.

La buona notizia è che la via d´uscita, per fortuna, si trova sempre.

Clicca qui per leggere cosa sia la reazione ossessivo compulsiva all´ansia.

Hai letto: I tre modelli dell´origine dell´ansia.

disfunzioni sessuali e qualità relazione coppia

Quando il sesso impatta sulla relazione di coppia

Cosa fare quando il sesso impatta sulla relazione di coppia? Le disfunzioni sessuali rappresentano una classe ampia di problematiche che impattano sul benessere sessuale dei singoli e della coppia. In effetti, i disturbi sessuali possono colpire sia gli uomini che le donne e, oltre a causare un certo disagio individuale, a lungo andare, possono manifestare un impatto sulla qualità della relazione tra partner. I sintomi, di natura differente, possono disturbare l’intimità e rendere difficoltosi o impossibili i rapporti sessuali.

Le disfunzioni sessuali possono essere permanenti, laddove l’esordio si è presentato già alle prime esperienze sessuali e la problematica si è mantenuta nel corso del tempo. Oppure acquisite, se compaiono dopo un periodo di funzionamento nella norma.

Inoltre, possono rappresentare una condizione generalizzata, se si presentano trasversalmente alle circostanze in cui avviene il rapporto, o situazionale, nel caso in cui si manifestino solo in determinati casi.

Le disfunzioni sessuali possono manifestarsi sia negli uomini che nelle donne.

La sintomatologia delle disfunzioni sessuali

La sintomatologia delle disfunzioni sessuali può variare clinicamente nel tempo ed attraverso le situazioni. Può esprimersi con dolore o altre manifestazioni che hanno un impatto sul ciclo di risposta sessuale.

Cosa fare quando il sesso impatta sulla qualità della relazione di coppia? La psicoterapia per la cura delle disfunzioni sessuali è rapida ed efficace. Contattaci oggi per ricevere maggiori informazioni.

Il ciclo di risposta sessuale e le sue fasi

Il desiderio

La prima fase del ciclo di risposta sessuale è caratterizzata dallo sviluppo di uno stato di tensione sperimentato nei confronti dell’oggetto del proprio desiderio.

L´eccitazione

La persona sente crescere un impulso dentro di sé e può mettere in atto delle condotte che la predispongono all’incontro sessuale, comportando un crescente stato di eccitazione.

È sotto la spinta del desiderio e delle condotte di avvicinamento e ricerca di un approccio sessuale che si possono registrare variazioni psicofisiologiche e sensoriali che hanno come conseguenza dei cambiamenti a carico del corpo, specificamente degli organi genitali.

L’aumento dell’afflusso di sangue ai tessuti si accompagna a una maggiore tensione muscolare e all’erezione del pene nell’uomo. Nella donna, invece, la maggiore lubrificazione della vagina la prepara ad accogliere il pene, anche attraverso una maggiore dilatazione della stessa.

Il plateau

È attraverso questo processo che l’eccitazione raggiunge il cosiddetto plateau. In questa fase il livello di eccitazione resta costante per un periodo di tempo che può variare in accordo a caratteristiche soggettive ed ambientali.

L´orgasmo

La fase di plateau precede quella dell’orgasmo, momento culminante dell’atto sessuale che si associa alla sperimentazione di una sensazione molto intensa di piacere, spesso associata alla perdita di controllo.

La risoluzione

Segue quindi la fase di risoluzione. In questa fase c`è il ritorno a una condizione paragonabile a quella precedente il rapporto. L’afflusso di sangue non è più diretto alle aree genitali e si ristabiliscono valori normali di battito cardiaco e pressione. In questa fase le donne possono rispondere a nuove stimolazioni ed è per loro possibile sperimentare piacere e nuovi orgasmi. La fisiologia del corpo maschile, invece, lo porta ad andare incontro ad un periodo refrattario che si caratterizza per l’impossibilità di avere una nuova erezione. La durata del periodo refrattario muta da uomo a uomo e in base alle circostanze.

Cosa fare quando il sesso impatta sulla qualità della relazione di coppia? La psicoterapia per la cura delle disfunzioni sessuali è rapida ed efficace. Contattaci oggi per ricevere maggiori informazioni.

Le disfunzioni sessuali associate alle fasi del ciclo di risposta sessuale

Non esistono disfunzioni sessuali specifiche associate alla fase della risoluzione. Le disfunzioni sessuali possono invece manifestarsi in ciascuna delle altre fasi sopra descritte.

Problemi di desiderio

Le problematiche associate alla fase del desiderio consistono nell’assenza di fantasie e in un assente o insufficiente impulso sessuale. Nei soggetti di sesso maschile parliamo di disturbo sessuale ipoattivo del desiderio maschile.

Nelle donne esiste una condizione analoga riferita alle prime due fasi del ciclo di risposta sessuale. Il disturbo dell’interesse sessuale/eccitazione femminile è caratterizzato da una riduzione dell’interesse nei confronti del sesso. Oppure da assenza o riduzione di eccitazione e piacere in relazione a stimolazioni di carattere erotico e/o durante i rapporti sessuali.

Problemi di eccitazione

Rispetto alla fase di eccitazione, gli uomini possono soffrire di disturbo erettile. Questa condizione che accomuna le situazioni in cui si sperimenta la difficoltà a raggiungere o mantenere l’erezione e quelle in cui si registra una marcata diminuzione della rigidità erettile.

I problemi di eccitazione possono riguardare poi anche la dipendenza da sesso e l´ipersessualità. Chi ne soffre lamenta di non riuscire a fare a meno di intraprendere rapporti sessuali, anche quando questi possono provocare rotture relazionali con il proprio partner.

Problemi di orgasmo

Le disfunzioni che riguardano la fase dell’orgasmo, sono nell´uomo l´eiaculazione ritardata o precoce. Nel primo caso, l’eiaculazione è assente nei rapporti sessuali o arriva in marcato ritardo; nel secondo, essa avviene prima di quanto sarebbe desiderato.

Il disturbo dell’orgasmo femminile, invece, accomuna le situazioni in cui si ha assenza totale, ritardo o infrequenza di orgasmo. La diagnosi, inoltre, può essere proposta anche nelle situazioni in cui le sensazioni orgasmiche della donna sono di intensità marcatamente ridotta.

Sesso e dolore

Un’ultima disfunzione, per concludere, è definita come disturbo da dolore genito-pelvico e da penetrazione. Si tratta di una condizione non legata ad una specifica fase del ciclo di risposta sessuale. Per questo motivo è da intendere come una sindrome di carattere più generale in cui si sperimenta dolore vulvo-vaginale o pelvico. Il dolore può manifestarsi sia durante itentativi di penetrazione sia quando il pene è già in vagina ed è caratterizzato da contrazioni muscolari a carico del pavimento pelvico e tensione in questo distretto corporeo.

La suddetta sintomatologia può essere accompagnata ed è ritenuta assimilabile a quella relativa alla paura di poter sperimentare dolore nel corso dell’atto sessuale.

Cosa fare quando il sesso impatta sulla qualità della relazione di coppia? La psicoterapia per la cura delle disfunzioni sessuali è rapida ed efficace. Contattaci oggi per ricevere maggiori informazioni.

Dalla diagnosi delle disfunzioni sessuali alla loro risoluzione

Le disfunzioni sessuali non sono sempre chiaramente classificabili nei disturbi sopra descritti ed alcuni quadri sintomatologici possono essere non specifici. Per questo motivo è importante, nel caso si ritenga di soffrire di una problematica connessa alla sessualità, rivolgersi ad uno psicoterapeuta sesssuologo. Solo lui saprà proporre un iter diagnostico accurato ed in grado di accertare le possibili cause di natura psicologica del disturbo.

Nel caso in cui l’origine della disfunzione sia di carattere organico, l’intervento di presa in carico sarà invece anche di natura medica.

È sempre opportuno fare una visita andrologica per l´uomo e ginecologica per la donna prima di rivolgersi a un sessuologo.

Se l´andrologo o il ginecologo negano l´esistenza di un´eziologia organica del disturbo è allora probabile che i fattori scatenanti siano di carattere psicologico e relazionale.

In quest’ultimo caso il suggerimento migliore è quello di rivolgersi ad uno psicologo psicoterapeuta specializzato in sessuologia clinica.

Fattori organici o fattori psicologici?

Tra i fattori di natura organica sottostanti alle disfunzioni sessuali ricordiamo le neuropatie periferiche e i problemi prostatici.

Esistono poi sostanze e farmaci che possono causare o mantenere disfunzioni sessuali. Per esempio, l´uso di alcuni antidepressivi, come la sertralina e la paroxetina che possono inibire il desiderio sessuale.

È ormai chiaro che sono svariate le cause di natura psicologica che possono avere un impatto sulla qualità della vita sessuale. Per esempio, lo stress psicofisico, una condizione di ansia o di umore deflesso possono incidere sul desiderio e sul piacere.

In questi casi una psicoterapia individuale può spesso risolvere alcune tra le più comuni problematiche.

Infine, a volte le disfunzioni sessuali traggono origine da questioni relazionali con il partner. In questi casi si propone una terapia di coppia che può anche affiancarsi a percorsi psicologi e psicoterapici individuali.

Le disfunzioni possono impattare negativamente sulla qualità della relazione di coppia.

Cosa fare quando il sesso impatta sulla qualità della relazione di coppia? La psicoterapia per la cura delle disfunzioni sessuali è rapida ed efficace. Contattaci oggi per ricevere maggiori informazioni.

Ansia

Da dove viene l’ansia? L’eziologia dei disturbi d’ansia

Da dove viene l´ansia? Esistono numerosi articoli che trattano delle manifestazioni dell´ansia, dei suoi sintomi e della sua variegata fenomenologia. In questo articolo invece voglio trattare di un secondo, ma altrettanto importante punto: da dove origina l´ansia? Andremo alla scoperta delle origini del termine e faremo un breve excursus su come il concetto di ansia si sia evoluto negli anni. Infine proveremo a rispondere al quesito del titolo dell´articolo.

Correva l´anno 1777 quando il medico scozzese W. Cullen coniò il termine “nevrosi” per indicare tutte le malattie del sistema nervoso non ascrivibili a fattori infettivi. La nevrosi indicava quindi una condizione di sofferenza della psiche, causata da disturbi non fisici, che si manifestavano con sintomi di ansia e paura. A questi sintomi si associavano specifici comportamenti, quali inibizione, insicurezza e labilità emotiva.

Nel Diciannovesimo secolo, Charcot prima e successivamente Freud distinsero le “nevrosi attuali” (cioè quelle causate da conflitti presenti) dalle “psiconevrosi” (cioè quelle causate da conflitti o traumi risalenti all´età infantile).

Ansia

Nel Ventesimo secolo il temine “nevrosi esistenziale” venne poi usato dagli esponenti dell´esistenzialismo (tra cui  von Gebsattel e Frankl) che ebbero il merito di de-patologizzare alcune forme di nevrosi, considerandole dunque forme di ansia non clinica.

Poi arrivarono i comportamentisti, che restrinsero il focus dell´intervento sulla sola riduzione dei sintomi nevrotici, considerati da loro come semplici abitudini apprese. Ma così facendo sacrificarono il significato del concetto più squisitamente antropologico.

Conoscere da dove viene l´ansia è fondamentale per intraprendere un percorso di cura. Lasciati aiutare da uno psicoterapeuta esperto in disturbi d´ansia. Online. In studio. A domicilio.

Ha ancora senso parlare di psiche e corpo come istanze separate?

Sì e no. Da un lato il dualismo cartesiano mente-corpo è stato largamente superato. In molti hanno affermato che mente e corpo fanno uno sul piano dell´esistenza. Dall´altro lato è altrettanto chiaro che nonostante tale unità psicosomatica sia l´essenza del nostro essere umani, esista una differenza tra i costituenti del somatico e dello psicologico.

Infatti, gli effetti di qualsiasi patologia somatica non sono limitati alla sofferenza del corpo ma sforano nell´ambito della psiche. E viceversa. Non solo, esistono alcuni disturbi fisici che possono originare da fattori psicologici. E ancora, esistono altri disturbi che pur non essendo causati da fattori psicologici ma che sono da questi ultimi comunque innescati. Tali patologie vengono oggi chiamate disturbi psicosomatici. E che dire delle ripercussioni psicologiche di un disturbo originariamente somatico, pensiamo per esempio a un tumore?  

Psiche e corpo

L´uomo non è soltanto corpo e mente ma anche spirito

E l´ansia può originare da cause fisiche, psicologiche, sociali e spirituali.

Conoscere da dove viene l´ansia è fondamentale per intraprendere un percorso di cura. Lasciati aiutare da uno psicoterapeuta esperto in disturbi d´ansia. Online. In studio. A domicilio.

CAUSE FISICHE

I sintomi d´ansia dovuti a cause fisiche compaiono nel DSM-5 (APA, 2013) sotto il nome di “Disturbi mentali dovuti a una condizione medica“.

Ne sono un esempio l´agorafobia causata dall´ipertiroidismo. Oppure la depersonalizzazione causata dall’ipocorticalismo. O ancora la claustrofobia causata da bassi livelli di calcio ionizzato o (più raramente) magnesio. Oppure infine il panico causato da prolasso della valvola mitrale, ipertiroidismo, ipoglicemia, o all´uso di sostanze stimolanti, come anfetamina, cocaina, caffeina, ecc.

CAUSE PSICOLOGICHE

Il ruolo dei traumi psicologici e dei conflitti nella produzione dei disturbi d´ansia è stato per anni sbandierato come una delle cause psicologiche più importanti dei disturbi d´ansia. Sì, è vero, alcune persone che soffrono di ansia hanno alle spalle una storia di traumi e conflitti. Ma è altrettanto vero che esistono persone che soffrono di ansia senza alcuna storia di traumi e conflitti. E infine esistono persone che hanno sperimentato traumi e conflitti ma che non hanno mai avuto un disturbo d´ansia.

Trauma psicologico

Allora quando un trauma o un conflitto possono produrre un disturbo d´ansia?

Sicuramente la struttura del temperamento e del carattere sono due elementi da tenere in considerazione. I fattori ereditari, in primis il temperamento, possono predisporre alcune persone verso disturbi d´ansia. Ma anche il modo in cui le persone reagiscono agli eventi possono predisporre a sviluppare un disturbo d´ansia.

Conoscere da dove viene l´ansia è fondamentale per intraprendere un percorso di cura. Lasciati aiutare da uno psicoterapeuta esperto in disturbi d´ansia. Online. In studio. A domicilio.

Ovviamente i fattori ereditari e ambientali possono interagire tra loro amplificando o riducendo il rischio di sviluppare un disturbo d´ansia. Sia in presenza che in assenza di traumi e conflitti passati o presenti.

Esistono poi sintomi di ansia “reattivi

I sintomi d´ansia reattivi emergono in risposta a malattie funzionali primarie (ad esempio la paura di sperimentare sintomi di depersonalizzazione). Oppure come reazione a sintomi che non sono di per sé patologici (ad esempio, la paura di arrossire, di sudare, di balbettare, ecc.).

In questi casi la persona mette di solito mette  in atto uno di questi comportamenti. Può reagire fuggendo, cioè evitando le situazioni in cui la reazione ansiosa potrebbe manifestarsi. Per esempio la persona evita di parlare in pubblico se ha paura di arrossire, di sudare, di balbettare, ecc. Tuttavia evitare e fuggire provocano un sollievo soltanto immediato ma in realtà non fanno altro che mantenere i sintomi.

combattere l´ansia

Una seconda reazione è invece quella di chi combatte il sintomo temuto. Prendiamo ad esempio una persona che soffre di disturbo ossessivo-compulsivo. Qui l´idea ossessiva (per esempio la paura di essere contaminati da virus o batteri) è sì temuta ma la persona la combatte mettendo in atto una serie di comportamenti compulsivi (per esempio lavarsi in continuazione le mani) nel tentativo di “spegnere” l´ideazione ossessiva. Anche in questo caso, però, la risposta che la persona mette in atto non fa altro che mantenere i sintomi ansiosi, piuttosto che farli passare.

Conoscere da dove viene l´ansia è fondamentale per intraprendere un percorso di cura. Lasciati aiutare da uno psicoterapeuta esperto in disturbi d´ansia. Online. In studio. A domicilio.

CAUSE SOCIALI

Esatto, l´ansia può anche avere cause sociali. Ciascuna epoca è caratterizzata da tratti disfunzionali che possono magnificare o narcotizzare la presenza di psicopatologie.

Gli esseri umani influenzano e sono influenzati dalla società e dall´epoca in cui vivono. L’attuale era, definita post-moderna è segnata dall’incapacità di dare un significato alle nostre esistenze.

Il prodotto di questa incapacità si traduce nel vuoto esistenziale che può comparire, per esempio, durante il tempo libero, sotto forma di noia. Perché? Forse perché tendiamo a misurare la riuscita o meno di un´esistenza a partire dal nostro essere produttivi.

Siamo se produciamo

E nel momento in cui smettiamo di lavorare è come se smettessimo di esistere. Da questi valori possono originare diverse psicopatologie. L´ansia da prestazione, per esempio. Ma anche la depressione, che assume le tragiche sfumature della disperazione e che porta in tanti casi a gesti estremi,  a seguito di un licenziamento, per esempio.

Conoscere da dove viene l´ansia è fondamentale per intraprendere un percorso di cura. Lasciati aiutare da uno psicoterapeuta esperto in disturbi d´ansia. Online. In studio. A domicilio.

Quattro sintomi caratterizzano l´ansia collettiva dell’era attuale.

Il primo è un atteggiamento esistenziale provvisorio (e precario) che porta ciascuno ad immergersi completamente dentro il momento presente, senza speranze per il futuro.

Il secondo è un atteggiamento fatalista nei confronti della vita: alla convinzione che la propria vita sia destinata o controllata da fattori esterni si accompagna un forte disimpegno nei confronti dei compiti che siamo chiamati a svolgere.

Il terzo è il pensiero collettivista: desideriamo ardentemente essere come gli altri a tal punto da perdere libertà del sé di essere responsabile per la propria esistenza.

Il quarto e ultimo sintomo è il fanatismo, che ci porta a far guerra alla diversità. È la paura del diverso da noi, dello straniero e dell´emarginato.  

libertà

Fuga dalla responsabilità e paura della libertà. Sono queste le manifestazioni ultime di una società  ammalata. Alcuni lo chiamerebbero nichilismo.

Conoscere da dove viene l´ansia è fondamentale per intraprendere un percorso di cura. Lasciati aiutare da uno psicoterapeuta esperto in disturbi d´ansia. Online. In studio. A domicilio.

CAUSE SPIRITUALI

Siamo psiche, siamo corpo, siamo società. Ma esiste anche una quarta dimensione che appartiene alla nostra natura umana: è la dimensione spirituale. Ribadiamo una premessa già fatta. Il termine spirituale qui non ha nulla a che vedere con la religione o la religiosità. Piuttosto ha a che vedere con la nostra capacità di autotrascendenza, ossia di andare oltre al proprio io verso qualcosa di altro da noi.

autotrascendenza

Alcune persone coltivano la trascendenza attraverso l´aderenza ad un credo religioso. Altre dedicandosi al lavoro o al volontariato per produrre un servizio o un bene alla società. Altre ancora riconoscendo e apprezzando quanto di bello ci sia nella loro vita. Per altri infine l´autotrascendenza si manifesta affrontando con forza le avversità. Il fine ultimo resta quello di ritrovare un significato e un senso di libertà.

L´ansia può sorgere dalla dimensione “spirituale” della persona umana.

Vedo sempre più pazienti che si rivolgono a me non per sintomi psicologici ma per essere aiutati a gestire problemi “umani”. Dietro questo bisogno psicoterapico si nasconde un bisogno metafisico, cioè il bisogno umano di soddisfare noi stessi e di trovare un senso alla nostra vita.

Ma viviamo in una società secolarizzata e anche la cura dell’anima (non solo quella della psiche) è stata affidata a noi psicoterapeuti. Che responsabilità. E quanta capacità di discernimento occorre, oggi più che mai, per fare bene questo lavoro.

Non si tratta ovviamente di fare il lavoro di altri (dei sacerdoti in primis). Quanto di riconoscere che la spiritualità è la terza dimensione (assieme a quella somatica e psicologica) che caratterizza l´essere umano. Proprio come il non essere medici non ci preclude la possibilità di formarci, per esempio, in farmacologia, l´essere o meno religiosi non ci esime comunque dal doverci occupare anche della sfera spirituale delle persone che chiedono il nostro aiuto.

Conoscere da dove viene l´ansia è fondamentale per intraprendere un percorso di cura. Lasciati aiutare da uno psicoterapeuta esperto in disturbi d´ansia. Online. In studio. A domicilio.

Non tutte le crisi esistenziali o spirituali sono patologiche.

Infatti alcune crisi fanno parte dei normali processi di maturazione. L´ansia “a eziologia spirituale” insorge solo quando la frustrazione esistenziale viene ignorata o repressa.

Di fronte alla migrazione dell’umanità occidentale dal sacro al profano
lo psicoterapeuta non può ora correre il rischio di una diagnosi errata
e di trattare come malattia una crisi esistenziale.

Una psicoterapia che aggiri un problema squisitamente spirituale, trattandolo al solo livello psicologico, non solo lascia il paziente indifeso di fronte alla frustrazione esistenziale, ma contribuisce alla repressione della crisi esistenziale e quindi allo sviluppo di forme di ansia a eziologia spirituale.

Conoscere da dove viene l´ansia è fondamentale per intraprendere un percorso di cura. Lasciati aiutare da uno psicoterapeuta esperto in disturbi d´ansia. Online. In studio. A domicilio.