attacchi di panico cosa fare

La paura di essere lasciati

La separazione da persone significative può essere una sfida emotiva per chiunque. Ma per alcune persone questa esperienza può scatenare una reazione di ansia intensa e prolungata. Il disturbo d’ansia da separazione (DAS) è un disturbo psicologico caratterizzato da una preoccupazione eccessiva e una paura intensa quando ci si trova separati da persone alle quali si è emotivamente legati. Questa condizione può interessare sia i bambini che gli adulti, sebbene i sintomi possano variare in base all’età.  In questo articolo approfondiremo il disturbo d’ansia da separazione, esaminando le sue cause, i sintomi, i possibili trattamenti e le strategie per affrontarlo con successo.

Quali sono le cause del disturbo d’ansia da separazione

Una combinazione di fattori genetici, biologici, psicologici e ambientali giochi un ruolo nell’insorgenza del disturbo d’ansia da separazione.

1. Fattori Genetici

Le predisposizioni genetiche possono aumentare la probabilità di sviluppare il disturbo d’ansia da separazione. Se ci sono membri della famiglia con una storia di disturbi d’ansia o altri disturbi psicologici, si potrebbe essere più suscettibili allo sviluppo del DAS.

2. Fattori Biologici

L’ansia è influenzata dalla chimica del cervello, e alcune persone potrebbero avere un equilibrio biochimico che le rende più inclini all’ansia. Sostanze chimiche come i neurotrasmettitori serotoninergici sono coinvolti nella regolazione dell’umore e dell’ansia, e un loro squilibrio può contribuire allo sviluppo del DAS.

3. Esperienze di Vita

Esperienze traumatiche o stressanti legate alla separazione da figure di attaccamento durante l’infanzia o l’adolescenza possono aumentare il rischio di sviluppare il disturbo d’ansia da separazione. Queste esperienze possono includere la morte di un genitore, il divorzio dei genitori o altre situazioni di separazione significative.

4. Fattori Ambientali

L’ambiente in cui si cresce può influenzare lo sviluppo del DAS. Per esempio, un ambiente familiare caratterizzato da un eccessivo controllo, da un attaccamento insicuro o da una mancanza di supporto emotivo può contribuire alla formazione del disturbo.

Quali sono i sintomi del disturbo d’ansia da separazione?

I sintomi del disturbo d’ansia da separazione possono variare notevolmente da persona a persona e a seconda dell’età. Ecco alcuni dei sintomi più comuni:

1. Ansia intensa e persistente

La caratteristica principale del DAS è un’ansia eccessiva e persistente legata alla separazione da figure di attaccamento. Quest’ansia può manifestarsi attraverso pensieri e preoccupazioni costanti sulla sicurezza delle persone amate quando non sono presenti.

2. Paura di perdere le figure di attaccamento

Le persone con DAS spesso temono che qualcosa di terribile possa accadere alle persone amate quando sono lontane da loro. Questa paura può portare a un desiderio intenso di rimanere costantemente vicino alle figure di attaccamento.

3. Sintomi fisici

Il DAS può manifestarsi anche attraverso sintomi fisici come mal di stomaco, mal di testa, nausea, tremori, sudorazione e palpitazioni cardiache quando ci si separa dalle persone amate o quando si pensa a questa eventualità.

4. Paura di situazioni che comportano separazione

Le persone con DAS possono evitare attivamente situazioni che comportano la separazione, come andare a scuola o al lavoro, partecipare a attività sociali, viaggiare, ecc. Questa paura può quindi avere un impatto significativo sulla vita quotidiana.

5. Difficoltà nell’addormentarsi o nel dormire da soli

I bambini con DAS possono avere difficoltà nell’addormentarsi o nel dormire da soli, spesso richiedendo la presenza costante di un genitore o di una figura di attaccamento.

Come sapere se soffro di disturbo d’ansia da separazione?

Per diagnosticare il disturbo d’ansia da separazione, è necessario rivolgersi a uno psicoterapeuta o a un professionista della salute mentale qualificato. La diagnosi coinvolge tipicamente un’intervista clinica approfondita e la valutazione dei sintomi. Il professionista valuterà anche la durata e la gravità dei sintomi, nonché l’impatto che il DAS ha sulla vita quotidiana della persona.

Come si manifesta il disturbo d’ansia da separazione nei bambini?

Il DAS è particolarmente comune nell’infanzia e nell’adolescenza, ma i sintomi possono variare in base all’età del soggetto.

Disturbo d’Ansia da Separazione nell’Infanzia

Nell’infanzia, il DAS può manifestarsi attraverso i seguenti sintomi:

  • Pianto e proteste quando si è separati dai genitori o dalle figure di attaccamento.
  • Paura e resistenza a stare da soli o ad andare a scuola.
  • Incapacità di addormentarsi o paura di dormire da soli.
  • Incapacità di separarsi dai genitori o dalla figura di attaccamento durante il gioco.

Come si manifesta il disturbo d’ansia da separazione negli adolescenti?

Nell’adolescenza, i sintomi possono essere leggermente diversi e possono includere:

  • Preoccupazione eccessiva per la sicurezza dei genitori o delle figure di attaccamento.
  • Paura di perdere l’affetto o l’approvazione dei genitori o delle figure di attaccamento.
  • Evitamento delle attività sociali o delle situazioni che comportano la separazione.
  • Sintomi fisici come mal di testa o disturbi gastrointestinali legati all’ansia.

Come si guarisce dal disturbo d’ansia da separazione?

Il trattamento del disturbo d’ansia da separazione può coinvolgere diverse modalità terapeutiche, tra cui:

1. La psicoterapia Cognitiva

La terapia cognitiva è uno dei trattamenti più efficaci per il DAS. Questo tipo di terapia aiuta a identificare i vissuti e le credenze negativi legati alla separazione. Aiuta anche a sviluppare strategie per affrontare l’ansia e l’evitamento delle situazioni di separazione.

2. Terapia Familiare

Poiché il DAS coinvolge spesso i genitori e altre figure di attaccamento, coinvolgere la famiglia nella terapia può essere estremamente benefico. La terapia familiare può aiutare a migliorare la comunicazione, a ridurre il comportamento di evitamento e a sostenere il bambino o l’adolescente nel superamento del disturbo.

3. Terapia Farmacologica

In alcuni casi, il trattamento farmacologico può essere considerato, soprattutto se il DAS è grave e ha un impatto significativo sulla vita quotidiana. Gli antidepressivi o gli ansiolitici possono essere prescritti da uno psichiatra per aiutare a controllare l’ansia.

4. Interventi Psicoeducativi

L’educazione sulla natura del DAS e sulle strategie per gestirlo può essere di grande aiuto per i bambini e gli adolescenti affetti da questa condizione. Gli interventi psicoeducativi possono aiutare a ridurre la paura e la confusione legate al disturbo.

Esistono alcune strategie per affrontare il disturbo d’ansia da separazione?

Oltre al trattamento professionale, esistono alcune strategie che le persone affette da DAS e le loro famiglie possono adottare per affrontare la condizione:

1. Creare routine prevedibili

Avere una routine quotidiana prevedibile può fornire sicurezza e stabilità ai bambini e agli adolescenti con DAS. Sapere cosa aspettarsi ogni giorno può ridurre l’ansia legata alla separazione.

2. Esposizione graduale

Un’approccio graduale all’esposizione alle situazioni di separazione può aiutare a desensibilizzare il bambino o l’adolescente. Ad esempio, si può iniziare con brevi separazioni e aumentarle gradualmente nel tempo.

3. Utilizzare supporti tranquillizzanti

Alcuni bambini trovano conforto nella presenza di un oggetto rassicurante, come un peluche o una coperta. Consentire loro di portare questi oggetti quando si separano dalle figure di attaccamento può ridurre l’ansia.

4. Comunicare apertamente

La comunicazione aperta tra i genitori, i bambini o gli adolescenti e i professionisti della salute mentale è essenziale. È importante che il bambino o l’adolescente si senta ascoltato e compreso.

5. Coinvolgere la famiglia

Coinvolgere la famiglia nel processo di trattamento può contribuire significativamente al successo del trattamento. La terapia familiare può aiutare i genitori a sviluppare competenze per gestire l’ansia dei loro figli.

Si guarisce dal disturbo d’ansia da separazione?

Con il trattamento appropriato, molte persone con disturbo d’ansia da separazione possono migliorare significativamente e imparare a gestire i loro sintomi. Tuttavia, è importante riconoscere che il DAS può essere una condizione persistente, e alcuni individui possono continuare a sperimentare sintomi anche in età adulta.

Conclusioni

Il disturbo d’ansia da separazione è una condizione psicologica seria che può avere un impatto significativo sulla vita quotidiana di chi ne è affetto. Tuttavia, con il trattamento adeguato e il supporto della famiglia, molte persone possono imparare a gestire l’ansia legata alla separazione e a condurre una vita soddisfacente. Se si sospetta di avere il DAS o si conosce qualcuno che ne soffre, è importante cercare l’aiuto di un professionista della salute mentale per una valutazione e un trattamento appropriati. Con il tempo, la comprensione e il sostegno, è possibile superare questa sfida e vivere una vita più equilibrata e serena.

paura di amare

Come scegliere il partner giusto?

La scelta di un partner per la vita è una decisione significativa che dipende dalle nostre preferenze e valori personali. Quali sono allora i principali fattori da considerare quando cerchi una persona con la quale condividere la propria vita? Te ne indico qualcuno:

Compatibilità: assicurati di condividere valori, obiettivi e interessi fondamentali. La compatibilità è fondamentale per una relazione di successo a lungo termine. Ma a quali valori dovremmo guardare? Ecco una lista di alcuni valori personali comuni che considero importanti per la scelta di un partner per la vita. Ricorda che questi valori possono variare da persona a persona, e ciò che è importante per te potrebbe essere diverso da ciò che è importante per qualcun altro. Scegliere i valori che rispecchiano meglio chi sei è un passo importante per vivere una vita significativa e autentica:

  1. Onestà: Essere sinceri e veritieri nelle tue azioni e parole.
  2. Integrità: Mantenere un alto standard di comportamento morale.
  3. Rispetto: Mostrare considerazione e gentilezza verso gli altri.
  4. Empatia: Comprendere e condividere i sentimenti degli altri.
  5. Amore: Coltivare relazioni amorevoli e affettuose con gli altri.
  6. Grazia: Accettare gli altri e te stesso con tolleranza e compassione.
  7. Generosità: Condividere con gli altri e dare senza aspettarsi nulla in cambio.
  8. Responsabilità: Assumerti le tue responsabilità e impegnarti in ciò che fai.
  9. Autenticità: Essere te stesso e vivere in modo congruente con i tuoi valori.
  10. Persistenza: Mantenere la determinazione e l’impegno nel perseguire i tuoi obiettivi.
  11. Flessibilità: Essere aperti al cambiamento e all’adattamento.
  12. Apprendimento: Cercare di crescere e imparare continuamente.
  13. Sostenibilità: Preoccuparsi dell’ambiente e cercare di vivere in modo sostenibile.
  14. Spiritualità: Coltivare una connessione con qualcosa di più grande di te stesso.
  15. Indipendenza: Avere un senso di autonomia e indipendenza nella vita.
  16. Equità: Cercare la giustizia e l’uguaglianza per tutti.
  17. Ottimismo: Mantenere una mentalità positiva e speranzosa.
  18. Salute: Prendersi cura del proprio benessere fisico e mentale.
  19. Avventura: Cercare nuove esperienze e avventure nella vita.
  20. Creatività: Esprimere te stesso attraverso l’arte, la musica o altre forme creative.

Questi sono solo alcuni esempi di valori personali. La lista potrebbe essere molto più lunga e personalizzata in base alle tue esperienze e priorità di vita. Riflettere su quali di questi valori sono più importanti per te può aiutarti a prendere decisioni in linea con la tua autenticità e a vivere una vita significativa.

 

Comunicazione: una comunicazione efficace è la chiave per un matrimonio sano. Cerca qualcuno con cui puoi discutere apertamente e onestamente dei tuoi pensieri, sentimenti e preoccupazioni.

Fiducia e rispetto: una solida base di fiducia e rispetto reciproco è vitale. La fiducia si costruisce nel tempo attraverso la costante onestà e affidabilità.

Compatibilità emotiva: considera l’intelligenza emotiva e la compatibilità. Potete sostenervi a vicenda emotivamente attraverso gli alti e bassi della vita?

Indipendenza: sebbene essere una coppia sia importante, è anche essenziale che ogni persona mantenga la propria individualità e indipendenza. Cerca qualcuno che valorizzi sia le attività personali che quelle comuni.

Stile di vita: valuta se i tuoi stili di vita sono compatibili, comprese le routine quotidiane, gli hobby e i piani a lungo termine. Per esempio, se tu sei un pantofolaio e il tuo partner una “party queen” alla lunga potreste soffrire entrambi nella relazione a causa delle vostre differenze di stile di vita. Stessa cosa vale per i piani a lungo termine: se tu sogni una famiglia, dei figli mentre il tuo partner rabbrividisce alla sola idea di dover diventare genitore forse è il caso di riconsiderare la scelta…

Compatibilità finanziaria: discuti i tuoi obiettivi e le tue aspettative finanziarie. È importante essere sulla stessa lunghezza d’onda per quanto riguarda budget, spesa e risparmio. Tu mani bucate e il partner formica? I litigi sono dietro l’angolo…

Sostegno familiare: pensa a quanto andate d’accordo con le rispettive famiglie e a come le dinamiche familiari potrebbero influenzare la vostra relazione.

Risoluzione dei conflitti: come gestite entrambi i conflitti? È importante essere in grado di affrontare i disaccordi in modo costruttivo.

Responsabilità condivise: discutere ruoli e responsabilità nella relazione, come le faccende domestiche, la cura dei figli e le ambizioni di carriera vi consente di avere un’idea di cosa vi aspettate l’uno dal’altro.

Attrazione fisica: l’attrazione fisica può essere importante in una relazione romantica, ma ricorda che è solo un aspetto di una relazione di successo.

Impegno a lungo termine: se l’idea è di avere un partner per la vita, assicurati che entrambi siate propensi all’idea di una relazione permanente e che siate disposti a fare lo sforzo necessario per mantenere un matrimonio o una convivenza sani.

Amore, sostegno e affetto reciproci: l’amore dovrebbe essere il fondamento della tua relazione. Cerca qualcuno che si preoccupi sinceramente del tuo benessere e della tua felicità. Un buon partner sa quando supportare le tue aspirazioni personali e professionali e incoraggiare la tua crescita.

Un punto finale ma importantissimo: prenditi tutto il tempo necessario per conoscere qualcuno prima di considerare il matrimonio o una convivenza. Ricorda che nessuno è perfetto e ogni relazione richiede impegno e compromesso. Inoltre, una comunicazione aperta e onesta è fondamentale durante tutto il processo di costruzione di una vita insieme. Il matrimonio è una partnership, quindi trovare una persona che sia in linea con i tuoi valori e che sia impegnata nel successo della relazione è la chiave.

Perché le persone altamente sensibili soffrono di ansia e panico?

Perché i sintomi di ansia e panico sono comuni nelle persone altamente sensibili?

Partiamo da una definizione di ansia e di persona altamente sensibile, per comprendere meglio alcune caratteristiche e sintomi di entrambi.

I sintomi dell’ansia

Mani sudate

Sudorazione profusa

Aumento della frequenza cardiaca

Bocca asciutta

Perdita di concentrazione

Tremori

Respirazione rapida

Un senso di terrore o rovina

Preoccupazioni croniche

Problemi digestivi

Disturbi del sonno

Persone altamente sensibili

Ecco le principali caratteristiche delle persone altamente sensibili:

Profondità di elaborazione. Nel linguaggio comune coincide col “pensare troppo”. Le persone altamente sensibili sono una vera e propria fucina di pensieri che si susseguono, si avviluppano, si intrecciano e vanno ad analizzare eventi successi o a immaginare possibili scenari futuri.

Sovrastimolazione sensoriale. La trama di un tessuto, un suono o un rumore, un odore, un sapore: la sovrastimolazione è correlata a uno stato di ipereccitazione dei cinque sensi. È come percepire il mondo in HD!

Empatia. Immagina di provare intensamente tutte le tue emozioni. Ora immagina di provare le emozioni degli altri altrettanto intensamente. Questa è la vita di tutti i giorni delle persone altamente sensibili. È illuminante ma estenuante.

Sensibilità. Nessun dettaglio passa inosservato. Dalla contemplazione delle tonalità del tramonto alla risposta ai cambiamenti di umore delle persone vicine. Il mondo viene sperimentato in tutta la sua ricchezza e profondità. Che lo si voglia o meno.

Come vivere senza ansia se sono una persona altamente sensibile?

Ecco alcuni suggerimenti per aiutarti:

Identifica e monitora i trigger della tua ansia. Da dove arriva? Come oscillano i sintomi? Quando non provi ansia? E quando, invece, si manifesta? No, la risposta non è “sempre”!

Tenere un diario è molto utile per monitorare i contesti nei quali si manifesta l’ansia. Se riesci a vedere l’ansia arrivare, sarai in una posizione privilegiata per gestirla.

Rifiuta di credere a ciò che l’ansia dice di te. L’ansia è una bugiarda. Non fidarti. Sfida ciò che ti dice. Ricorda a te stesso che le paure si avverano raramente.

Impara tecniche di rilassamento. Potrebbe essere la respirazione profonda o la musica dolce o lo yoga o praticamente qualsiasi cosa che lenisca la tua anima.

Prenditi cura di te in tutti gli aspetti della tua vita. Coltiva un regime quotidiano di auto-cura. Dai la priorità alle tue esigenze.

E non smettere mai di apprezzare i superpoteri che ti sono stati concessi dall’essere una persona altamente sensibile. Puoi riprendere in mano il controllo della tua vita imparando ad affrontare e ridurre l’ansia.

Chiedere aiuto

La psicoterapia può aiutarti a ridurre l’ansia! gli obiettivi che ti sei prefissato. Le sessioni diventeranno il tuo porto sicuro per trovare l’equilibrio che cerchi. Lavorare con un professionista qualificato ti consente di esporre ed esplorare gli schemi che non funzionano più nella tua vita. Da lì, diventa più semplice tracciare nuovi percorsi e approcci. Contattami per saperne di più. La psicoterapia, online o in presenza, è una modalità fluida, modellata per adattarsi a ciascun individuo. È un passo da gigante nel tuo viaggio di scoperta ed evoluzione. E sarà la tua occasione per condividere ciò che senti e conoscerti meglio.

Una brutta bestia chiamata ingratitudine

Che si tratti di un collega di lavoro, di un amico o di un familiare, le persone ingrate possono avere un forte impatto negativo sulle nostre vite e sul nostro benessere psicologico.

Dedicare tempo, soldi ed energie per supportare i bisogni di quella persona, aiutarla a risolvere i problemi o semplicemente garantire la nostra vicinanza e solidarietà sono indubbiamente sforzi lodevoli.

Quanto spesso cambi i tuoi piani, dimentichi le tue esigenze, investi tempo, soldi ed energie per essere di aiuto agli altri?

Tuttavia alcune persone non vedono mai quanto fai per essere lì per loro. E non importa quanto ti spendi per loro, non saranno mai grate.

Perché?

La tua generosità li fa sentire inferiori

Sebbene alcune persone ricevano di buon grado quanto hai loro da offrire, nel momento in cui tu cerchi un riconoscimento per quanto hai fatto, ti diranno sempre che non hai fatto nulla di speciale per loro. La tua generosità, se da un lato è apprezzata, dall’altro le mette in una condizione ontologica di debitori. Invece di contraccambiare la tua generosità, però, alcune persone preferiscono gestire così questo senso di inferiorità. Dicendoti, appunto, che non hai fatto nulla di speciale, o addirittura nulla affatto.

Temono che se riconoscono il tuo impegno tu smetterai di aiutarle

Ricevere è bello. E causa dipendenza, aggiungo. A volte la paura di non ricevere più affetto e attenzioni spinge le persone a essere ingrate e minimizzare o negare quanto tu fai per loro. Temono che con un “grazie” tu possa smettere di essere loro vicino.

Sono abituate a darti per scontato

Alcune persone sono così abituate a ricevere che per loro questo diventa una pretesa. Come vedi questo ha a che fare più con un loro modo di essere che con te. A volte infatti potresti chiederti: ma forse è colpa mia che non do abbastanza? Niente di più falso. Anche se tu donassi un granello di sabbia meriti comunque riconoscenza per ciò che fai.

Cosa fare?

Alcuni direbbero: a volte arriva il momento di dire “Basta”. Se alcune persone prendono e pretendono sempre e non danno mai, sono sempre esigenti e non ti supportano mai, hai tutto il diritto di smetterla di comportati da persona generosa.

Ma io ti invito a una riflessione. Ti sei mai chiesto perché sei così generoso? Hai paura di perdere l’amore di quella persona se non continui a darle attenzioni esclusive? Oppure dare ti pone in una condizione di superiorità nei confronti dell’altro? O peggio ancora di possesso? Oppure, perché sei così dipendente dall’approvazione dell’altro?

Come vedi, la questione è molto delicata. Ma rintracciare le cause della tua oblatività potrà aiutarti ad avere un rapporto più bilanciato solo con gli altri e ti consentirà di comprendere che anche tu a volte puoi venire prima degli altri.

E anche tu, puoi essere grato a te stesso per la tua bontà d’animo, anche quando l’altro si dimentica di te.

E’ normale sentirsi in ansia prima di una seduta con lo psicoterapeu­ta?

Il giorno della seduta dallo psicoterapeuta è arrivato. Ancora poche ore e lo vedrò. Ma perché mi sento in ansia? … E io che credevo che andare in psicoterapia significasse solo sfogarsi, buttare qualche lacrima e stare meglio!”. Tra i falsi miti che circondano la psicoterapia ce n’è uno che vede lo psicoterapeuta come confessore laico a cui vado a vomitare addosso le mie frustrazioni e i miei guai.. La realtà dei fatti è ben diversa però. Se è vero che parte delle sedute sia dedicata al racconto di alcuni eventi, la psicoterapia è altro. E, sia durante le sedute che tra un incontro e l’altro, possono venire a galla diverse emozioni. Tra cui anche l’ansia.

In effetti esistono diverse ragioni per le quali potresti sentirti in ansia prima di una seduta con il tuo psicoterapeuta. Scopriamone insieme qualcuna.

Ansia da giudizio

L’ansia da giudizio è caratterizzata da uno stato di apprensione relativo a cosa lo psicoterapeu­ta può pensare di me o di quello che (non) ho fatto tra una seduta e l’altra. Questa forma di ansia è legata a un’altra emozione, la vergogna. Certo, allo psicoterapeuta riveli segreti che a volte non dici neppure a te stesso. È del tutto normale quindi provare un po’ di imbarazzo. Ma, proprio come per curare una ferita hai bisogno di esporla, la stessa cosa succede in psicoterapia. Una buona alleanza terapeutica presuppone che tu ti lasci scoprire dal tuo psicoterapeuta. Proprio come quando vai dal dentista, più tieni la bocca aperta e meglio lui può intervenire, la stessa cosa succede in psicoterapia: meglio sei in grado di “aprirti”, più facile sarà per lo psicoterapeu­ta aiutarti a stare bene.

Ansia da performance

C’è chi si preoccupa perché crede che debba avere sempre qualcosa di brillante da dire o qualche evento sensazionale da raccontare. Non è così. Anche quando apparentemente credi di non avere nulla da dire, un bravo psicoterapeuta sa sempre cosa tirare fuori da te affinché la seduta sia proficua e funzionale al tuo benessere. La psicoterapia è dove puoi sentirti a casa, nelle tue fragilità. Perché sai che dall’altra parte c’è qualcuno in grado di accogliere, comprenderle e trasformarle in qualcosa di buono per te.

Ansia da controllo

Quali domande mi farà lo psicoterapeu­ta? Cosa vorrà sapere? E se non sono in grado di rispondere? Rilassati, è una seduta di psicoterapia, mica un esame ???? Ricorda, la psicoterapia è un tempo e luogo per te. Lo psicoterapeu­ta è sempre dalla tua parte, anche quando non ti dà ragione. E ha in mente e a cuore una sola cosa: il tuo bene (e la tua salute mentale).

Cosa fare?

Se soffri di ansia e stai facendo un percorso di psicoterapia avrai sicuramente capito che l’evitamento è una strategia disfunzionale per (non) affrontare i problemi. La psicoterapia può diventare una palestra per mettere a frutto ciò che apprendi durante le sedute.

Invece di scappare, spostare o annullare l’appuntamento, racconta al tuo psicoterapeuta di questa tua ansia. Sicuramente lui saprà come orientarti per far fronte a ciò che ti turba.

A volte la psicoterapia è un processo doloroso (proprio come andare dal dentista o dal fisioterapista): si toccano i nervi scoperti dell’esistenza ed è assolutamente normale che emozioni come ansia, paura, tristezza, rabbia, ecc. si manifestino. Sia durante le sedute che tra una seduta e l’altra.

Dolore e trasformazione vanno di pari passo. Proprio come, se volessi dimagrire dovresti sopportare con pazienza un po’ di fame, la stessa dose di pazienza occorre in psicoterapia. Non è mai dolore sprecato. E il vantaggio che ne avrai sarà di gran lunga superiore al dolore provato.

Come distinguere un disturbo d’ansia dall’ansia non patologica?

Soffrire di un disturbo d’ansia ed esperire ansia non significa la stessa cosa. Come capire allora se si soffre di un disturbo d’ansia? E quando l’ansia, da normale emozione, diventa patologica? Ne parliamo in questo articolo.

panico

Soffro di un disturbo d’ansia se occasionalmente provo ansia?

La risposta è no. L’ansia in quanto emozione naturale va distinta da un disturbo d’ansia. L’ansia emozione infatti non è un disturbo mentale e non va curata come tale.

A chi non è mai capitato di provare un po’ d’ansia prima di un colloquio di lavoro, di un esame in università, in sala d’attesa dal dentista, a un primo appuntamento, ecc. Ecco una prima caratteristica dell’ansia non patologica: è proporzionata alla situazione. Non solo, l’ansia tende a sparire una volta che, per esempio, ho affrontato l’esame, il colloquio, ecc. Inoltre l’ansia in quanto normale emozione non interferisce con il funzionamento sociale e lavorativo della persona. Insomma, possiamo dire che l’ansia, in quanto emozione, è uno stato psichico relativo a una condizione ambientale specifica (a volte anche solo immaginata) che ci prepara ad affrontare meglio la situazione. L’ansia infatti, se esperita in un range di normalità, è in grado di attivare corpo e mente preparandoli a fronteggiare la situazione. Quando ci prepariamo ad affrontare un pericolo, infatti, l’ansia induce la risposta di attacco o di fuga. Il corpo si prepara a combattere o fuggire e per questo motivo si verificano diversi cambiamenti fisici, come l’aumento della frequenza respiratoria e l’aumento del flusso del sangue a cuore e muscoli: questi infatti forniscono l’energia e la forza necessarie per far fronte alla condizione di pericolo.

Diverso è il discorso se si soffre di un disturbo d’ansia. I disturbi d’ansia sono una categoria di disturbi mentali e comprendono:

  • Il disturbo d’ansia da separazione
  • Il mutismo selettivo
  • Le fobie specifiche
  • Il disturbo d’ansia sociale
  • Il disturbo di panico
  • L’agorafobia
  • Il disturbo d’ansia generalizzata

Per aiutarci a distinguere un disturbo d’ansia da uno stato psicologico di ansia “normale” facciamo alcuni esempi:

  • Un conto è esperire disagio, nostalgia o tristezza quando ci separiamo da qualcuno di amato e un conto è provare un’angoscia ricorrente ed eccessiva quando dobbiamo separarci, anche temporaneamente, da un nostro caro. Chi soffre di un disturbo d’ ansia da separazione manifesta una preoccupazione, costante ed eccessiva, per la perdita di un genitore o di un’altra persona cara a causa di una malattia o di un disastro. Teme poi che possa accadere (a sé o ai propri cari) qualcosa di brutto, come perdersi o essere rapiti, e che questo causerà la separazione definitiva dai propri cari. Nonostante il disturbo d’ansia da separazione sia più frequente tra i bambini, può manifestarsi anche nella popolazione adulta.
  • Alcune persone sono per carattere taciturni, poco loquaci. Tutto bene sin qui. Essere di poche parole non è una malattia ma una caratteristica personologica. Ma chi soffre di mutismo selettivo, invece, non riesce a esprimersi e a comunicare in determinati contesti (come, ad esempio, a scuola, al catechismo, durante l’attività sportiva, mentre gioca con altri bambini, quando si trova dai parenti, ecc.). L’impossibilità di proferire anche solo una parola si manifesta in genere in un solo contesto mentre la persona non ha alcun problema a esprimersi negli altri contesti.
  • Ci sono persone che sono, per natura, timide, riservate, prudenti quando si trovano in ambienti nuovi, magari con persone che non conoscono o che le mettono in soggezione per il loro ruolo (un professore, un superiore, un’autorità, ecc.). Ma chi soffre di un disturbo d’ansia sociale, invece, manifesta un’intensa paura nelle situazioni sociali in cui può essere sottoposta al giudizio o allo sguardo altrui. La persona teme di essere valutata negativamente, di essere giudicata ansiosa, debole, stupida, noioso o sgradevole e vive con estrema apprensione queste situazioni o addirittura tende a evitarle. E così tende a non coinvolgersi in interazioni sociali (ad es. conversare o incontrare persone sconosciute), a non mangiare o bere in compagnia di altri, per paura di essere osservati e criticati, oppure evita di parlare di fronte ad altri.
  • Credo sia comune, poi, non fare salti di gioia quando dobbiamo andare dal dentista, fare un prelievo di sangue, o magari qualcuno sentire una leggera vertigine in aereo o se si trova in un luogo elevato. Per chi soffre di una fobia specifica, però, le cose sono ben più complicate. Una fobia specifica è la paura e l’ansia per una particolare situazione o oggetto che si manifesta in misura sproporzionata rispetto al rischio o al pericolo reali. La situazione o l’oggetto di solito sono evitati quando possibile, ma se l’esposizione si verifica, si sviluppa immediatamente ansia. L’ansia può intensificarsi fino a raggiungere il livello di un attacco di panico. Chi ne soffre riconosce che il timore è irragionevole ed eccessivo. Le fobie specifiche possono essere suddivise in diversi sottotipi, a seconda dell’oggetto o della situazione temuti: animali (ragni, serpenti, topi, piccioni, cani, ecc.), naturale/ambientale (temporali, vento, pioggia, ecc.), situazionali (altezze, ecc.), iniezione/sangue (aghi, siringhe, sangue).
  • Hai mai avuto paura? Sicuramente sì. Magari da bambino avevi paura dei fantasmi. Da adulto ti sei ritrovato preda del terrore di fronte a qualcosa di orrendo e inaspettato. Chi soffre di disturbo di panico vive uno o più attacchi improvvisi e frequenti di forte paura. Ma la minaccia non è fuori di sé bensì proviene dal proprio corpo. Tachicardia, dolore al petto, iperventilazione, paura di impazzire, di morire, di svenire o di fare qualcosa di sconsiderato sono alcuni tra i sintomi di questo invalidante disturbo mentale. A causa di questi attacchi la persona cambia drasticamente il suo modo di vivere. Quello che prima era normale routine (andare a lavorare, fare la spesa, guardare un film al cinema, persino restare a casa) ora viene vissuto con una preoccupazione invalidante che un nuovo attacco di panico possa manifestarsi. Alcuni miei pazienti hanno definito l’attacco di panico come un’esperienza di pre-morte. Davvero terribile.
  • “Stasera non mi va di uscire. Netflix, divano, tisana e copertina, altro che discoteca!”. Sarà capitato a tutti, almeno una volta nella vita, di preferire le mura domestiche a un’uscita. Ma un conto è restare a casa per scelta, un conto perché sopraffatti dalla preoccupazione di trovarci fuori casa e non poter ricevere aiuto nel caso in cui potessimo sentici male. Ecco, chi soffre di agorafobia vive nella costante preoccupazione che, se uscisse e stesse male, non potrebbe ricevere aiuto. E così limita sempre più la propria esistenza a luoghi noti. Il timore dei luoghi aperti sfocia nell’allontanamento o nell´evitamento degli stessi. Il timore di non riuscire a individuare una via di fuga, di non riuscire a farsi largo in mezzo a una folla durante un concerto o in un centro commerciale o in una piazza – generano forme d’ansia così potenti che la persona vive sempre più rintanata in casa.
  • Infine, sebbene possa essere capitato a molti di attraversare un periodo di ansia dai contorni sfumati, che non riguardasse nulla di particolare, l’ansia di chi soffre di disturbo di ansia generalizzata non è circoscritta a determinate situazioni o periodi ma riguarda una serie numerosa di eventi e situazioni. La preoccupazione può riguardare la nascita di una relazione, il lavoro e la propria situazione finanziaria, l’acquisto e il mantenimento di un´abitazione, la nascita o la crescita dei figli, il loro futuro. Insomma, c’è sempre un motivo per stare in ansia. Persino il non provare ansia!

A questo punto dovrebbe essere più chiara la differenza tra ansia non patologica e disturbo d’ansia. Aggiungo solo una cosa: il disturbo d’ansia, a differenza dell’ansia non patologica, è pervasivo, tende a manifestarsi in più contesti, interferisce con il normale funzionamento della persona, ha una durata di almeno 6 mesi e causa disagio clinico. Uscire dall’ansia patologica si può. La psicoterapia è una valida opzione di trattamento per i disturbi d’ansia. Prima si interviene migliore è la prognosi. Non aspettare oltre. Se l’ansia ti assilla contattami per un appuntamento, online o in presenza. Ti meriti una vita libera dall’ansia.

Un trauma da bambino può causare ansia da adulti?

Una cosa per volta. Partiamo dalla definizione di “trauma” perché il termine viene spesso usato erroneamente in riferimento a molte esperienze dolorose o spiacevoli che tuttavia non costituiscono un trauma.

Un evento traumatico è un evento spaventoso, pericoloso o violento che rappresenta una minaccia per la vita o l’integrità fisica di una persona. Anche essere testimone di un evento traumatico che minaccia la vita o la sicurezza fisica di una persona cara può costituire un’esperienza traumatica.

Le esperienze traumatiche possono innescare forti emozioni e reazioni fisiche che possono persistere a lungo dopo l’evento. I bambini possono provare terrore, impotenza o paura, oltre a reazioni fisiologiche come battito cardiaco accelerato, vomito o perdita del controllo dell’intestino o della vescica. I bambini che sperimentano l’incapacità di proteggersi o che non hanno protezione dagli altri per evitare le conseguenze dell’esperienza traumatica possono anche sentirsi sopraffatti dall’intensità delle risposte fisiche ed emotive.

Ciò è particolarmente importante per i bambini piccoli poiché il loro senso di sicurezza dipende dalla sicurezza percepita delle loro figure di attaccamento.

Anche se gli adulti lavorano duramente per mantenere i bambini al sicuro, accadono ancora eventi pericolosi. Questo pericolo può provenire dall’esterno della famiglia (come un disastro naturale, un incidente automobilistico, una sparatoria a scuola o la violenza della comunità) o dall’interno della famiglia, come la violenza domestica, l’abuso fisico o sessuale o la morte inaspettata di una persona cara .

Quali esperienze possono essere considerate traumatiche?

  • Abuso fisico, sessuale o psicologico e negligenza
  • Disastri naturali (terremoti, alluvioni, tsunami, ecc.)
  • Atti terroristici
  • Violenza familiare o comunitaria
  • Perdita improvvisa e violenta di una persona cara
  • Esperienze di guerra (inclusa la tortura e la condizione di rifugiato)
  • Incidenti gravi o malattia mortale

Quando un bambino si trova in una di queste situazioni in cui teme per la propria vita o la vita dei suoi cari, crede di poter essere ferito, assiste a, o è vittima di, violenze oppure perde tragicamente una persona cara, può mostrare segni di stress traumatico infantile. I bambini che soffrono di stress traumatico infantile sono coloro che, esposti a uno o più traumi nel corso della loro vita, sviluppano reazioni che persistono e influenzano la loro vita quotidiana dopo che gli eventi si sono conclusi.

Il trauma infantile è associato al successivo sviluppo di disturbi depressivi e d’ansia.

In uno studio condotto nei Paesi Bassi (Kuzminskeite, 2022) su quasi 3 mila adulti

il 48% ha riferito di aver subito un trauma infantile. Di questi, il 21% ha riportato un trauma grave, mentre il 27% ha riportato un trauma lieve

Tra quelli con trauma, l’89% presentava un disturbo d’ansia o depressivo in corso o in remissione Tra i partecipanti che non hanno riportato alcun trauma, il 68% presentava un disturbo psichiatrico in corso o in remissione

La disregolazione dei sistemi implicati nella risposta allo stress può contribuire a spiegare perché il trauma infantile ha un impatto psichiatrico così drammatico e duraturo.I ricercatori di questo studio hanno scoperto che i livelli di cortisolo e di infiammazione erano significativamente elevati nelle persone con gravi traumi infantili rispetto a quelli senza traumi infantili. Le persone con gravi traumi infantili tendevano inoltre ad avere un indice di massa corporea più elevato, a fumare di più e ad avere altre abitudini malsane che potrebbero rappresentare un meccanismo di “coping” per gestire il trauma. Coloro che avevano subito traumi infantili avevano anche tassi più elevati di asma, diabete e malattie cardiovascolari. Infine le persone con traumi infantili hanno almeno il doppio del rischio di sviluppare il cancro in età avanzata.

I ricercatori hanno poi esaminato i marcatori immuno-infiammatori stimolati dai lipopolisaccaridi (LPS) in base alla gravità del trauma infantile. Ciò fornisce una misura più “dinamica” dei sistemi di stress rispetto a misurare solo i livelli circolanti statici nel sangue. Quasi tutte le persone con traumi infantili, in particolare quelle che avevano subito traumi gravi, avevano le citochine stimolate da LPS sovraregolate.

Tutti i bambini che fanno esperienze traumatiche sviluppano uno stress traumatico?

Fortunatamente, anche quando i bambini vivono un evento traumatico, non sempre sviluppano uno stress traumatico. Molti fattori contribuiscono ai sintomi, tra cui:

  • Gravità dell’evento. Quanto è stato grave l’evento? Quanto gravemente è stato ferito fisicamente il bambino o qualcuno che ama? La polizia è stata coinvolta? I bambini sono stati separati dai loro caregiver? Sono stati intervistati da un avvocato, un agente di polizia o un assistente sociale? È morto un amico o un familiare?
  • Vicinanza all’evento. Il bambino si trovava effettivamente nel luogo in cui si è verificato l’evento? Hanno visto accadere l’evento a qualcun altro o ne sono stati una vittima? Il bambino ha guardato l’evento in televisione? Hanno sentito una persona cara parlare di quello che è successo?
  • Reazioni dei caregiver. Come hanno reagito i caregiver? Il bambino ha affronto l’evento da solo?
  • Storia precedente di trauma. I bambini continuamente esposti a eventi traumatici hanno maggiori probabilità di sviluppare reazioni di stress traumatico.
  • Fattori familiari e comunitari. La cultura, la razza e l’etnia dei bambini, delle loro famiglie e delle loro comunità possono essere un fattore protettivo, il che significa che i bambini e le famiglie hanno qualità e/o risorse che aiutano a proteggersi dagli effetti dannosi delle esperienze traumatiche e delle loro conseguenze. Uno di questi fattori protettivi può essere l’identità culturale del bambino. La cultura ha spesso un impatto positivo sul modo in cui i bambini, le loro famiglie e le loro comunità rispondono, si riprendono e guariscono da un’esperienza traumatica. Al contrario, le esperienze di razzismo e discriminazione possono aumentare il rischio di un bambino di sviluppare sintomi di stress traumatico.

Ansia e cibo

L’ansia è una condizione che può manifestarsi in molte forme, come attacchi di panico, fobia sociale, disturbo d’ansia generalizzato e disturbi del sonno, disfunzioni sessuali, ecc. Uno dei modi in cui l’ansia può influenzare la vita delle persone è attraverso i loro comportamenti alimentari. Molte persone che lottano con l’ansia possono avere una relazione complicata con il cibo, e questa relazione può avere conseguenze negative sulla loro salute mentale e fisica. Il cibo può essere utilizzato come mezzo per attivarsi e uscire da uno stato di vuoto, isolamento, noia, ecc. Oppure per “spegnersi”, quando si è particolarmente stressati. In entrambi i casi il cibo viene utilizzato quasi fosse una droga in grado di “accenderci” o “spegnerci”.

Mangiare per gestire le emozioni: lo fai anche tu?
Mangiare per gestire le emozioni: lo fai anche tu?Mangiare per gestire le emozioni: lo fai anche tu?

Ansia e fame nervosa

Una delle relazioni più comuni tra ansia e cibo è la fame nervosa. Mangiare per gestire le emozioni negative influenza i nostri comportamenti alimentari. Ciò significa che possiamo mangiare non solo quando abbiamo fame fisica, ma anche quando ci sentiamo emotivamente turbati o stressati.Quando una persona mangia non per fame, ma per gestire le emozioni negative come lo stress, la tristezza o l’ansia, si parla di fame nervosa per distinguerla dalla fame fisiologica. Quando ci si trova in uno stato di ansia, il nostro corpo reagisce producendo l’ormone dello stress noto come cortisolo. Il cortisolo è associato a un aumento dell’appetito e, in particolare, ad un desiderio di cibi ad alto contenuto di grassi e zuccheri. Questo è perché questi cibi possono fornire un immediato senso di comfort e gratificazione, aiutando a ridurre temporaneamente i livelli di stress e ansia.. Tuttavia, l’utilizzo del cibo come meccanismo di fronte all’ansia può diventare un circolo vizioso, in cui l’aumento di peso e le conseguenze negative sulla salute possono ulteriormente aumentare l’ansia e lo stress. Inoltre, quando siamo ansiosi, spesso siamo meno attenti alle nostre sensazioni di fame e sazietà e possiamo mangiare anche quando non siamo veramente affamati.

Ansia e restrizione alimentare

Quando sono in ansia mi si chiude lo stomaco“.

Mentre l’ansia può portare alcune persone a mangiare di più, in altre può avere l’effetto opposto e causare una diminuzione dell’appetito. Infatti alcune persone che lottano con l’ansia possono avere una relazione complicata con il cibo caratterizzata da quadri di restrizione alimentare. Questo può essere dovuto alla paura di prendere peso o di non essere in grado di controllare il proprio comportamento alimentare. Ma più spesso è causata direttamente da sintomi fisici d’ansia quali dolori o fastidi gastro-intestinali, pancia gonfia, nausea, capogiri e vertigini, tensione muscolare e mal di testa, che possono rendere difficile mangiare normalmente. La restrizione alimentare può portare a una serie di conseguenze negative, come carenze nutrizionali, disturbi alimentari e un aumento del rischio di sviluppare disturbi dell’umore come la depressione.

Questo avviene perché quando siamo in uno stato di ansia l’attivazione del sistema nervoso simpatico causa una diminuzione del flusso sanguigno al tratto gastrointestinale. Questo può influenzare negativamente la digestione e la capacità di assorbire nutrienti, rendendo il cibo meno appetitoso e causando una riduzione dell’appetito. Infine, alcune persone possono ridurre il loro apporto calorico come una forma di controllo quando si sentono ansiose. La restrizione alimentare può fornire una sensazione di controllo e sicurezza quando ci sentiamo emotivamente turbati, ma può anche portare a problemi di salute a lungo termine.

Strategie per gestire l’ansia e il cibo

In conclusione, l’ansia può influenzare i nostri comportamenti alimentari in diversi modi, aumentando o riducendo il nostro desiderio di cibo e portandoci a mangiare anche quando non siamo veramente affamati o a non provare fame anche quando dovremmo mangiare. È importante essere consapevoli di questi fattori e cercare di trovare modi sani per gestire l’ansia senza ricorrere al cibo come meccanismo di fronte alle emozioni negative. Per gestire l’ansia e il cibo, è importante sviluppare abitudini alimentari sane e trovare modi più funzionali per gestire lo stress e l’ansia.

Quando mangiamo (o non mangiamo) per motivi non legati alla fame fisica, ma piuttosto come meccanismo per gestire le emozioni negative come lo stress, l’ansia, la tristezza o la noia possiamo parlare di fame emotiva. La gestione della fame emotiva richiede una certa consapevolezza e pratica, ma può essere raggiunta con alcuni semplici passi:

  1. Identifica le tue emozioni: è importante essere consapevoli delle proprie emozioni e riconoscere quando stai cercando di gestirle attraverso il cibo. Prova a tenere un diario delle tue emozioni e di cosa mangi quando sei emotivamente turbato.
  2. Cerca di distogliere la tua mente dal cibo: una volta che hai riconosciuto che stai cercando di gestire le emozioni attraverso il cibo, cerca di distrarti con attività che ti piacciono o che ti fanno sentire bene, come fare una passeggiata, ascoltare musica o leggere un libro. Cambiare contesto, per esempio uscire di casa, spesso aiuta.
  3. Scegli alimenti sani: se decidi di mangiare per gestire le tue emozioni, cerca di scegliere alimenti nutrienti e sani che ti aiutino a soddisfare la fame senza esagerare con le calorie. Alcuni esempi possono essere la frutta fresca, le verdure crude o cotte al vapore, le noci o il pesce.
  4. Impara a riconoscere la fame fisica: impara a distinguere tra la fame fisica e quella emotiva. Quando hai fame fisica, il tuo stomaco emette un rumore o un senso di vuoto, mentre la fame emotiva spesso non viene accompagnata da sensazioni fisiche. Cerca di ascoltare il tuo corpo e mangia solo quando sei realmente affamato.
  5. Cerca supporto: parla con un amico o un professionista della salute mentale per trovare modi sani per gestire le tue emozioni e la tua fame emotiva. Può essere utile anche partecipare a un gruppo di sostegno o a un corso di gestione del peso che ti aiuti a sviluppare abitudini alimentari sane.
  6. Le persone che lottano con l’ansia possono anche beneficiare di tecniche di rilassamento come lo yoga, la meditazione o la respirazione profonda.
  7. Anche il mindful eating può essere una buona strategia per imparare a distinguere tra fame fisiologica, fame emotiva e senso di sazietà, soprattutto quando si soffre di ansia.
  8. Infine, è importante cercare sostegno da un professionista della salute mentale o un nutrizionista esperto in disturbi alimentari, se necessario. L’intervento combinato di queste due figure, poi, offre indubbiamente risultati duraturi.

Imparare a riconoscere le tue emozioni, scegliere alimenti sani e trovare modi sani per gestire lo stress e l’ansia può aiutarti a sviluppare abitudini alimentari sane e a mantenere un equilibrio nella tua vita.

sesso e ansia

Sex and the… anxiety! Quando l’ansia impatta sul sesso.

L’ansia da prestazione e l’ansia anticipatoria sono due condizioni nemiche del buon sesso. Chi ne soffre riporta diverse problematiche sessuali, tra cui difficoltà a raggiungere o mantenere l’erezione, eiaculazione precoce o ritardata, dolore durante la penetrazione, difficoltà di lubrificazione, ecc.

Sesso e ansia da prestazione

In questo articolo ho parlato di cosa si intenda per ansia da prestazione. Nella sfera sessuale, l’ansia da prestazione si manifesta come un timore di non poter performare adeguatamente durante un incontro sessuale. Chi soffre di ansia da prestazione vive con forte angoscia l’esperienza sessuale. La paura di fare brutta figura, quella di essere giudicati negativamente dal partner, o addirittura il rischio che possa spargersi la voce di un possibile flop tra le lenzuola è spesso sufficiente per sottrarsi ed evitare l’incontro sessuale. Da dove origina l’ansia da prestazione? Ci possono essere diverse cause, alcune tra le più importanti sono:

  • un’esperienza di défaillance a letto
  • elevati livelli di perfezionismo
  • bassa autostima
  • un’eccessiva attenzione ai segnali del proprio corpo
  • la paura del giudizio altrui

In questo articolo ti spiego come superare l’ansia da prestazione.

Sesso e ansia anticipatoria

L’ansia anticipatoria viene spesso confusa con l’ansia da prestazione ma in realtà si tratta di due costrutti non totalmente sovrapponibili. Ho parlato di ansia anticipatoria in questo articolo. Ma che rapporto c’è tra sesso e ansia anticipatoria? E’ presto detto: la persona inizia a immaginare scenari catastrofici legati alla possibilità di non riuscire ad avere un rapporto sessuale soddisfacente col partner. Anche in questo caso il timore può essere così paralizzante che la persona evita di trovarsi in situazioni in cui avverte la possibilità di un incontro sessuale.

“Perché mi sento in ansia quando devo fare sesso”?

Il sesso è molto più di una semplice attività fisica. Non c’è dubbio che anche le emozioni giochino un ruolo fondamentale quando ci si mette a nudo di fronte a un’altra persona. Il sesso dovrebbe essere un’attività intima, piacevole e divertente, ma è difficile spassarsela se ci si preoccupa costantemente di come stia andando l’incontro. Quali sono allora le cause dell’ansia da prestazione sessuale?

Esistono diverse cause alla base dell’ansia da sesso:

  • Paura di non soddisfare sessualmente il partner.
  • Autospectatoring. Quando tu diventi il centro delle tue preoccupazioni, l’altro scompare e il sesso si riduce a un atto masturbatorio in presenza del partner.
  • Cattiva immagine corporea, compresa la preoccupazione per il proprio peso o la propria forma (seno, spalle, braccia, sedere, ecc.)
  • Problemi relazionali: nelle coppie stabili, il buon sesso è frutto di un rapporto di coppia basato sull’affetto, l’amore, la stima e il rispetto reciproci. Quando una di queste componenti viene a mancare il sesso ne risente.
  • Preoccupazione per i propri organi genitali (pene troppo piccolo, ecc.)
  • Paura di eiaculare troppo presto o di impiegare troppo tempo per raggiungere l’orgasmo. O non raggiungerlo affatto. E allora, chissà l’altro cosa penserà di me?
  • Poca intimità relazionale con il partner (questo vale soprattutto per le one night stand!). Cambiare spesso partner sessuale non consente ad alcune persone di raggiungere quella intimità, fiducia e serenità che sono alla base di rapporti sessuali soddisfacenti.

    Le preoccupazioni sono correlate al rilascio di alcuni ormoni dello stress, come l’adrenalina e la norepinefrina. Uno degli effetti degli ormoni dello stress è quello di restringere i vasi sanguigni. Quando scorre meno sangue lungo il pene, è più difficile avere un’erezione, per esempio. Anche chi normalmente non ha problemi a eccitarsi può non essere in grado di godere a pieno dell’esperienza sessuale quando sopraffatto dall’ansia da prestazione.


Lo stato d’animo influenza profondamente la capacità di eccitarsi. Anche quando ci si trova a letto con qualcuno di sessualmente attraente, preoccuparsi di essere in grado di soddisfare il partner può rendere davvero difficile fare sesso.

L’ansia da prestazione sessuale non viene diagnosticata così spesso nelle donne come negli uomini, ma può influenzare l’eccitazione anche nelle donne. L’ansia può impedire alle donne di raggiungere un’adeguata lubrificazione per fare sesso e può accompagnarsi a dolore durante la penetrazione e a un ridotto desiderio di fare l’amore.

L’ansia può portarti fuori dalla giusta mentalità per il sesso. Quando sei concentrato sul fatto che ti esibirai bene, non puoi concentrarti su quello che stai facendo a letto. Anche se sei in grado di eccitarti, potresti essere troppo distratto per raggiungere l’orgasmo.

L’ansia da prestazione sessuale porta a un ciclo di problemi. Potresti diventare così ansioso per il sesso che non puoi esibirti, il che porta a un’ansia da prestazione ancora maggiore.

Come superare l’ansia da prestazione sessuale?


Di solito è bene escludere ogni causa medica. Per questo motivo una visita da un andrologo o un ginecologo potrà aiutarti a valutare e trattare eventuali cause organiche legate a difficoltà sessuali.

Se la causa non è organica, puoi chiedere aiuto a uno psicoterapeuta specializzato in problematiche sessuali. La terapia può aiutarti a capire e quindi a ridurre o eliminare i problemi che causano la tua ansia da prestazione sessuale.

Sii aperto con il tuo partner. Parlare con il tuo partner della tua ansia può aiutarti ad alleviare alcune delle tue preoccupazioni e trovare una soluzione insieme, come la terapia di coppia.

Il sesso non è solo penetrazione. Un massaggio o una doccia insieme sono modi di vivere l’intimità senza ansia da performance.

Fai esercizio fisico. L’allenamento non solo ti fa sentire meglio con il tuo corpo, ma migliora anche la tua resistenza a letto.

Infine, sii buono con te stesso. Non rimproverarti per il tuo aspetto o le tue capacità a letto. A volte, il peggior critico di te stesso sei proprio tu, non l’altro. Accetta le tue fragilità, anche a letto.

Cos’è il sesso per te?

Ci hai mai pensato? Le persone attribuiscono al sesso significati diversi. Per alcuni il sesso è solo divertimento, un modo per rilassarsi, per godere, per esibirsi, per dimenticare, per attivarsi, per fuggire dalla noia, per pompare un po’ il proprio ego, per sentirsi accettati. Per altri è un modo di vivere a pieno l’intimità con il proprio partner, fino a diventare “una carne sola“, in una fusione perfetta di corpi e anime che si raccontano di volersi bene. Per altri ancora il sesso è mero atto procreativo. Quale significato attribuisci tu al sesso? E’ in linea con il significato attribuitogli dal tuo partner? Ti faccio un esempio. Mi capita spesso di lavorare con coppie che si rivolgono a me per intraprendere un percorso di psicoterapia di coppia per problemi sessuali. Sono diversi i significati che per ciascuno di loro ha il sesso. Così, lei incalza lui: “Dobbiamo fare sesso in questi giorni perché sono fertile e io voglio un bambino a tutti i costi, perché alla soglia dei 40 anni il tempo stringe“. E allora lui, che magari neanche è troppo convinto di voler diventare genitore, inizia improvvisamente a lamentare difficoltà di erezione, di eiaculazione o di mancanza di desiderio. Oppure, coppie in cui quando uno dei due non raggiunge l’orgasmo scoppia il putiferio “perché significa che non ti piaccio abbastanza o perché sicuramente avrai l’amante!”. E giù a piangere o ad arrabbiarsi. Altre coppie poi utilizzano il sesso come strumento per premiare o punire l’altro (concedendosi o meno al partner in base a come l’altro si comporta e corrisponde o meno alle mie aspettative: il famoso “Stasera scordatela!“. Altre volte, nel calo di desiderio o nelle difficoltà di lubrificazione, erezione e/o raggiungimento dell’orgasmo è il corpo che si sottrae in tutta la sua fisicità, nella carne, alla relazione, laddove la persona non riesce a comunicare al partner che la storia è finita. Difficoltà economiche, lavorative, questioni familiari sono poi tutti fattori stressanti che possono impattare negativamente sulla sfera sessuale. Attraverso la psicoterapia di coppia è possibile esplorare il significato che il sesso ha per ciascuno dei partner e lavorare insieme per migliorare la comunicazione e l’intimità relazionale, prima ancora che sessuale. Un buon sesso non potrà che scaturire da una ritrovata intesa di coppia.

differenza ansia panico

Perché ho paura di parlare in pubblico?

La paura di parlare in pubblico è considerata un disturbo d’ansia sociale. E’ la fobia più comune, addirittura prima di quella della morte, dei ragni o delle altezze. Il National Institute of Mental Health riferisce che l’ansia di parlare in pubblico, o glossofobia, colpisce circa il 40% della popolazione. Il timore sottostante alla paura di parlare in pubblico è il giudizio o la valutazione negativa da parte degli altri.

Perché parlare in pubblico fa più paura che morire?

Sembrerebbe strano a primo impatto, tuttavia la psicologia dell’evoluzione ci insegna che alla base di questa paura ci sono radici primordiali. I nostri antenati erano vulnerabili ai grandi animali e agli elementi ambientali. Vivere in una tribù era fondamentale alla sopravvivenza. Il rifiuto da parte del gruppo significava spesso l’uscita dalla tribù e una morte certa. Ebbene, parlare a un pubblico, se si teme di essere rifiutati, giudicati o valutati negativamente dagli altri ci espone allo stesso timore dei nostri antenati: essere emarginati dal gruppo di riferimento, con conseguente perdita di status sociale ed economico.

Il cervello mi si è spento e ho fatto scena muta

Un fenomeno comune che chi ha paura di parlare in pubblico esperisce è il cosiddetto “spegnimento del cervello“. Sarà capitato a molti, almeno una volta nella vita, di ritrovarsi a balbettare, sudare o fare scena muta (o quasi) nel ritrovarsi a parlare in pubblico (pensiamo a un’interrogazione a scuola, a un esame orale all’università, a un colloquio di lavoro, a un appuntamento galante, a un meeting di lavoro, ecc.). La sola prospettiva di attirare l’attenzione del pubblico e di essere al centro del giudizio altrui è spesso sufficiente per “spegnere” il nostro cervello. In termini più tecnici, a deattivarsi sono soprattutto i lobi frontali, sotto l’effetto degli ormoni dello stress, e ciò rende più difficile recuperare le informazioni in memoria. La minaccia percepita si traduce immediatamente anche in risposte corporee che vanno dall’aumento della frequenza cardiaca a quella respiratoria. Nonostante non si tratti di una minaccia alla nostra sicurezza che richiede un’azione immediata (come, per esempio, se stiamo per essere investiti da un’auto) il nostro cervello reagisce come se il pericolo fosse lì, davanti a noi, grave e imminente. La preoccupazione di fare scena muta o di provare alcune sensazioni come sudorazione, tremori, balbettio, rossore in viso, ecc. aumenta la nostra ansia. E, ironia della sorte, questo aumenta la probabilità che la nostra mente si svuoti, e che facciamo scena muta.

Cosa fare per sconfiggere la paura di parlare in pubblico?

Ecco alcuni consigli per sconfiggere la paura di parlare in pubblico che spero troverai utili:

  1. Anticipa il disastro. Chi parla spesso in pubblico conosce bene questo trucco del mestiere. Ti spiego meglio in cosa consiste. Anticipa all’audience che molto probabilmente arrossirai, balbetterai, tremerai o sarai in uno stato di forte ansia. Condividere con gli altri come ti senti ti farà sentire maggiormente in contatto con l’audience.
  2. Attenzione alle percezioni abnormi. Spesso chi ha paura di parlare in pubblico crede che stia arrossendo, sudando, balbettando o tremando più di quanto stia accadendo sul serio. Le sensazioni che provi (calore, tremore, ecc.) possono essere molto evidenti a te, che le stai vivendo in prima persona ma spesso non sono notate dagli altri (che spesso sono più concentrati su loro stessi che su di te).
  3. Il perfezionismo non aiuta. Stabilire standard irraggiungibili per pronunciare un discorso senza macchia aumenta l’ansia. Un discorso perfetto non è possibile. Mira a fare del tuo meglio, non alla perfezione.
  4. Il silenzio è d’oro. E la parola d’argento, recita un vecchio detto. Prendi confidenza con il silenzio praticandolo nelle conversazioni. Ciò che a noi sembra un’eternità potrebbe non sembrare così al pubblico. Non è un delitto fare pause di silenzio mentre parli. Esercitiamoci a tollerare il disagio (spesso tutto nostro) che deriva da pause prolungate di silenzio.
  5. L’evitamento rafforza. Evitare ciò che ci spaventa lo rende sempre più grande nella nostra mente.
  6. Prova e riprova, esponiti più che puoi alle situazioni temute per aumentare la fiducia in te stesso. Fallo gradualmente ma con costanza.
  7. Esercitati ma non memorizzare. Non c’è dubbio che la preparazione creerà fiducia. Ma memorizzare i discorsi ci indurrà a pensare che esista solo un modo per esprimere un’idea. E allora, dimenticare una frase potrà gettarci nel panico. La memorizzazione fornisce un falso senso di sicurezza. Abituati a improvvisare.
  8. Esercitati con appunti scritti. Scrivere il discorso può aiutare a formulare idee. Esercitati a parlare usando i punti in elenco ed elabora i concetti, rendendoli tuoi, personalizzandoli (in quanto a stile, non a contenuto ovviamente).
  9. Concentrati sul messaggio che vuoi consegnare a chi ti ascolta invece che sulle parole precise da usare, men che meno su di te.
  10. Esercitati a riprenderti da uno “spegnimento del cervello”. Pratica strategie di recupero interrompendo di proposito il discorso e spostando l’attenzione altrove. Quindi, fai riferimento alle note per riprendere da dove ti eri interrotto.
  11. Preparati al peggio. Se sappiamo cosa fare nello scenario peggiore (e lo mettiamo in pratica), avremo fiducia nella nostra capacità di gestirlo. Lo facciamo preparando cosa dire al pubblico se la nostra mente si svuota.
  12. Impara a rilassarti. Ricorda di respirare. Non parlare in apnea. Possiamo ridurre l’ansia respirando in modo diverso. Anche mentre parli, fai inspirazioni lente ed espirazioni ancora più lente con brevi pause intermedie.
  13. Parla lentamente. È naturale accelerare il nostro discorso quando siamo ansiosi. Esercitati a rallentare il discorso durante le prove. Quando parliamo velocemente, il nostro cervello percepisce la situazione come minacciosa . Parlare lentamente e con calma, invece, dà il messaggio opposto al nostro cervello.
  14. Stabilisci un contatto visivo con il pubblico. I nostri nervi potrebbero dirci di evitare il contatto visivo. Stabilire un contatto visivo con una faccia amica rafforzerà la fiducia e rallenterà il nostro modo di parlare.

E se tutto questo non bastasse?

Puoi provare con la psicoterapia. Il disturbo d’ansia sociale può essere invalidante e impedirti di arrivare dove vuoi. Parlane con il tuo psicoterapeuta di fiducia. O cercane uno esperto in disturbi d’ansia. Insieme troverete la soluzione al problema di parlare in pubblico.