Ansia e abbuffate

Cosa significa “abbuffarsi”?

Quando parliamo di “abbuffata”, ci riferiamo a un consumo eccessivo di cibo in un’unica occasione. Non si tratta solo di avere fama: spesso questo comportamento è legato a bisogni emotivi profondi, come cercare sollievo dall’ansia o dallo stress.

Ma perché alcune persone trovano conforto nell’abbuffarsi? Cosa accade nel corpo durante e dopo?

Cibo e ansia: un legame complesso

In molti casi, l’abbuffata nasce come risposta a un disagio emotivo. Mangiare in modo compulsivo diventa un tentativo di calmare la tensione interna, perché l’atto del mangiare stimola il nostro sistema di ricompensa cerebrale.

Quando consumiamo cibo, il cervello rilascia dopamina e serotonina, due neurotrasmettitori che generano una sensazione di piacere e benessere. Questo effetto può temporaneamente “coprire” emozioni negative come ansia, tristezza o stress.

In altre parole, per alcune persone l’abbuffata diventa un modo per autoregolarsi emotivamente, anche se è un meccanismo che, alla lunga, risulta dannoso e controproducente.

Alcuni alimenti, specialmente quelli ricchi di zuccheri e grassi, sembrano avere un effetto calmante sul nostro corpo.

Ma perché accade?

Gli zuccheri stimolano il rilascio di insulina, che a sua volta facilita l’assorbimento del triptofano nel cervello. Il triptofano è un precursore della serotonina, il cosiddetto “ormone del buonumore”, che ci regala una temporanea sensazione di appagamento e tranquillità.

Ma questa calma è solo temporanea: l’abbuffata non risolve le cause profonde dell’ansia, anzi può creare un circolo vizioso di dipendenza e senso di colpa, poiché l’eccesso alimentare porta spesso a sensazioni di inadeguatezza e di insoddisfazione personale.

Perché ci sentiamo stanchi dopo un’abbuffata?

Dopo un’abbuffata, il corpo si dedica a un’intensa attività digestiva che richiede molte energie. Durante questo processo, il flusso sanguigno viene ridistribuito: una grande quantità di sangue è dirottata verso gli organi coinvolti nella digestione, come stomaco e intestino.

Questo fenomeno, noto come “ridistribuzione del flusso sanguigno”, è il motivo per cui spesso ci sentiamo stanchi e assonnati dopo un pasto abbondante. Il sangue viene temporaneamente dirottato verso i visceri per agevolare il processo digestivo, riducendo l’apporto di ossigeno e nutrienti ai muscoli e al cervello.

Questa diminuzione di afflusso sanguigno ai muscoli e al cervello genera una sensazione di stanchezza e di rilassamento muscolare, quasi come se il corpo fosse “costretto” a rallentare.

Questo è il motivo per cui spesso, dopo un’abbuffata, si avverte il bisogno di sdraiarsi o di riposare: la ridotta circolazione verso il cervello produce un leggero “ottundimento” mentale, portando a una diminuzione delle funzioni cognitive.

Ecco perché l’abbuffata può assumere una funzione auto-sedativa, in cui l’eccesso di cibo diventa una sorta di anestetico momentaneo contro la tensione.

Ma vediamo più da vicino questi due aspetti.

 

Miorilassamento e digestione

La digestione richiede un forte impegno del sistema parasimpatico, che stimola i processi digestivi e promuove uno stato di rilassamento. Quando il cibo entra nello stomaco, il cervello invia segnali al sistema nervoso parasimpatico per incentivare la produzione di succhi gastrici e enzimi digestivi.

Questo processo, a sua volta, contribuisce al rilassamento muscolare, poiché il sistema parasimpatico inibisce le risposte legate allo stress e favorisce uno stato di calma. Il miorilassamento è particolarmente pronunciato quando l’abbuffata è abbondante, poiché una maggiore quantità di cibo richiede un impegno digestivo più intenso.

I muscoli iniziano a “sciogliersi”, generando quella tipica sensazione di pesantezza e di stanchezza fisica. Questa risposta del corpo favorisce ulteriormente la sedentarietà e la passività, impedendo attività fisiche intense e spingono la persona a restare in uno stato di quiete.

È una condizione fisiologica che può essere amplificata da cibi ricchi di grassi e zuccheri, che sono più difficili da digerire e quindi richiedono più tempo e energia, prolungando la durata dell’effetto sedativo.

Ottundimento mentale e calo delle funzioni cognitive

Quando il corpo è impegnato nella digestione, il flusso sanguigno viene ridistribuito dagli arti e dal cervello verso gli organi digestivi, riducendo l’apporto di ossigeno e glucosio al cervello. Questo “ottundimento” si manifesta con difficoltà di concentrazione, sensazione di torpore mentale e rallentamento delle capacità decisionali e di riflessione.

Non è raro che, dopo un’abbuffata, ci si senta meno lucidi o si fatichi a svolgere compiti che richiedono attenzione e prontezza mentale.

Il calo delle funzioni cognitive è il motivo per cui molte persone riferiscono di sentirsi “anestetizzate” o “intontite” dopo un pasto abbondante. E spesso sperimentano una marcata diminuzione della motivazione a intraprendere attività impegnative.

In un certo senso, l’abbuffata funziona come una “fuga” temporanea dai problemi quotidiani, consentendo alla persona di distogliere la mente dalle preoccupazioni, ma solo per un breve periodo.

Tuttavia, gli effetti ansiolitici e sedativi sono temporanei e, con il tempo, possono dar luogo a un ciclo di dipendenza: l’abbuffata diventa un comportamento ripetitivo utilizzato per cercare di alleviare lo stress, senza mai affrontare le vere cause del disagio psicologico.

In realtà, il corpo ci invia segnali diversi per farci comprendere che c’è qualcosa di più profondo da esplorare.

A volte questi segnali si manifestano sotto forma di voglie incontrollabili e abbuffate, altre volte emergono in modo più evidente, come nel caso degli attacchi di panico.

Ma come possiamo riconoscere i segnali del nostro corpo?

Scopriamolo insieme in questo approfondimento.

L’effetto rebound dell’abbuffata e il senso di colpa

Dopo l’abbuffata e il conseguente stato di sedazione, molte persone sperimentano un “effetto rebound”, ovvero un ritorno alle sensazioni negative che si cercava di placare con l’eccesso di cibo.

Questo effetto è accompagnato spesso da un senso di colpa e da una diminuzione dell’autostima, poiché la persona si rende conto di aver abusato del cibo per scopi emotivi. Il rimorso che segue può intensificare ulteriormente l’ansia e lo stress, portando a un ciclo di abbuffate ripetitive.

Questo circolo vizioso può avere conseguenze significative sul piano psicologico e fisico, poiché un eccessivo consumo di cibo può portare a problemi di salute come obesità, diabete, disturbi cardiovascolari e problemi digestivi.

Cosa fare allora?

L’abbuffata come comportamento ansiolitico e sedativo rappresenta un tentativo di regolare le emozioni attraverso il cibo, ma in maniera disfunzionale. Questo fenomeno può essere considerato una risposta temporanea ai problemi di ansia e stress, poiché offre una tregua momentanea dalle preoccupazioni.

Tuttavia, l’effetto ansiolitico è di breve durata e si accompagna a una serie di reazioni fisiologiche che influenzano negativamente sia il corpo che la mente.

La sensazione di stanchezza e di miorilassamento, accompagnata dall’ottundimento mentale, è il risultato di un complesso meccanismo fisiologico che, seppur naturale, non rappresenta una soluzione duratura.

Per superare il bisogno di ricorrere all’abbuffata come strategia ansiolitica, è importante lavorare sulla gestione delle emozioni e sull’adozione di strategie più salutari per affrontare lo stress.

La psicoterapia, per esempio, può aiutare a sviluppare una maggiore consapevolezza delle proprie emozioni e a riconoscere le cause profonde dell’ansia, senza cercare rifugio nel cibo.

In alternativa, l’esercizio fisico e la pratica di tecniche di rilassamento, come la mindfulness, possono rappresentare validi strumenti per scaricare la tensione e ritrovare un equilibrio emotivo senza compromettere il proprio benessere fisico e mentale.