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Perché soffro di derealizzazione?

La derealizzazione è quella condizione in cui un individuo percepisce il mondo esterno come irreale, distorto o distante, come se fosse separato da esso da un velo o come se stesse vivendo in un sogno. Questa esperienza può portare a una sensazione di smarrimento, confusione e disconnessione dal proprio ambiente e dalle persone intorno a sé. La derealizzazione è un fenomeno tanto complesso quanto misconosciuto e spaventate che può avere un impatto significativo sulla vita di coloro che ne soffrono.

Nel mezzo del cammin di nostra vita… 

Immagina di camminare in un bosco fitto e intricato, dove gli alberi si sovrappongono e le strade si perdono lontane nell’ombra. Ogni passo avanti sembra portare a un nuovo bivio, senza alcun segno o indicazione per guidare il percorso…

La derealizzazione rappresenta simbolicamente quel senso di smarrimento che può pervadere la nostra esistenza quando ci troviamo di fronte a scelte difficili, cambiamenti improvvisi o momenti di crisi personale.

Questo senso di smarrimento può manifestarsi in molte forme diverse. Può essere la sensazione di essere intrappolati in una routine senza scopo, di non essere all’altezza delle aspettative di sé stessi o degli altri, o di non sapere quale direzione prendere nella vita. Come la derealizzazione distorce la percezione della realtà, così lo smarrimento interiore può distorcere la percezione di sé stessi e del proprio posto nel mondo.

Derealizzazione come ricerca del significato perduto 

Al cuore di questa metafora c’è la ricerca di significato e di direzione nella vita. Come individui, tendiamo a cercare un senso di scopo e di appartenenza che ci dia un punto di riferimento e una guida nel labirinto della nostra esistenza. Tuttavia, ci sono momenti in cui questo senso di orientamento può sfuggirci di mano, lasciandoci alla deriva in un mare di incertezza e confusione.

La derealizzazione come metafora dello smarrimento nella propria vita può anche riflettere la sensazione di distacco e alienazione che può derivare dalla mancanza di connessione con gli altri e con se stessi. Quando ci sentiamo separati dal mondo circostante, può diventare difficile stabilire legami significativi e trovare un senso di appartenenza. Questo senso di estraneità può portare a una sensazione di vuoto interiore e a una ricerca disperata di qualcosa che ci riempia di nuovo di vita e significato.

Una delle manifestazioni più preoccupanti della derealizzazione è la sensazione di non sapere più cosa fare nella vita. Questo stato di confusione e incertezza può derivare dalla perdita del senso di realtà e dalla percezione distorta dell’ambiente circostante. Quando il mondo esterno appare irreale o privo di significato, diventa difficile per l’individuo trovare uno scopo o una direzione nella propria vita. Ciò può portare a una profonda crisi esistenziale, in cui la persona si sente persa e incapace di prendere decisioni o perseguire obiettivi.

Quali sono le cause della derealizzazione?

La derealizzazione può essere scatenata da una varietà di fattori, tra cui lo stress, l’ansia, un trauma, l’abuso di sostanze e i disturbi psichiatrici come il disturbo da stress post-traumatico (PTSD), il disturbo d’ansia generalizzata (GAD) e il disturbo dissociativo dell’identità (DID). Per alcune persone, la derealizzazione può essere un sintomo transitorio legato a periodi di intensa ansia o stress emotivo, mentre per altre può diventare una condizione cronica che richiede un trattamento professionale.

Cosa fare se soffri di derealizzazione? 

Affrontare la derealizzazione e il senso di smarrimento può essere estremamente difficile, ma esistono diverse strategie che possono aiutare a gestire questa condizione e a trovare un senso di scopo e direzione nella vita. Una delle prime cose da fare è cercare supporto da un professionista della salute mentale. Parlare con qualcuno esperto e di fiducia può aiutare a sfogare le proprie emozioni e a ottenere prospettive esterne che possono essere utili nel processo di guarigione.

Inoltre, è importante praticare tecniche di gestione dello stress e dell’ansia, come la meditazione, la respirazione profonda e l’esercizio fisico regolare. Queste attività possono aiutare a ridurre i sintomi della derealizzazione e a promuovere un senso di calma e benessere. Anche lo sviluppo di una routine quotidiana strutturata può essere utile nel fornire una sensazione di stabilità e controllo nella vita di tutti i giorni.

Oltre a ciò, la ricerca di attività che suscitano passione e interesse può aiutare a riaccendere il senso di scopo e soddisfazione nella vita. Questo potrebbe includere hobby creativi, attività fisiche, volontariato o impegni sociali. Trovare qualcosa che ci appassiona e che ci motiva può essere un passo importante verso il superamento della derealizzazione e il recupero del senso di direzione nella vita.

Infine, se la derealizzazione continua a essere un problema significativo e interferisce con la vita quotidiana, è importante cercare assistenza professionale da parte di uno psicologo o psichiatra esperto nel trattamento dei disturbi d’ansia e dissociativi. Questi professionisti possono valutare la situazione in modo approfondito e sviluppare un piano di trattamento personalizzato che potrebbe includere psicoterapia, la terapia farmacologica o altre forme di intervento terapeutico.

Proprio come la derealizzazione può essere affrontata e superata con il giusto sostegno e le giuste risorse, così anche lo smarrimento nella propria vita può essere affrontato e superato con l’aiuto di uno psicoterapeuta. È importante ricordare che le difficoltà e le sfide che incontriamo lungo il cammino possono anche essere fonti di crescita e trasformazione personale.

Nella lotta contro lo smarrimento interiore, possiamo trovare conforto nella consapevolezza che non siamo soli. Molti di noi attraversano periodi di incertezza e confusione nella propria vita, e ciò che conta davvero è la capacità di affrontare queste sfide con coraggio e resilienza.

Trovare il coraggio di esplorare nuove strade, di abbracciare il cambiamento e di accettare noi stessi per quello che siamo può essere il primo passo verso il recupero del senso di direzione e scopo nella vita.

Inoltre, possiamo trovare conforto nell’idea che lo smarrimento può essere un momento di opportunità e di rinascita. È durante i momenti di maggiore vulnerabilità che possiamo scoprire nuove prospettive, riscoprire passioni dimenticate e rafforzare i nostri legami con gli altri.

Attraverso la pratica della consapevolezza e dell’auto-compassione, possiamo imparare a navigare attraverso le acque agitate dello smarrimento.

Infine, è importante ricordare che lo smarrimento è solo una tappa nel viaggio della vita, e che anche i momenti più bui alla fine cederanno il passo alla luce. Con pazienza, impegno e fiducia in noi stessi, possiamo ritrovare il nostro cammino verso una vita autentica, soddisfacente e significativa.

La derealizzazione può causare una sensazione di smarrimento e incertezza nella vita di chi ne soffre, ma ci sono modi per affrontare questa condizione e trovare un senso di scopo e direzione. Con il sostegno adeguato è possibile superare la derealizzazione e ristabilire un legame significativo con il mondo circostante e con se stessi.

panico e solitudine

Attacco di panico o attacco di solitudine?

Le teorie psicologiche classiche considerano l´attacco di panico come una risposta di paura intensa, esagerata, incontrollata e inappropriata. Secondo queste teorie la paura scaturirebbe dall´attivazione dell´amigdala e di altre aree cerebrali che regolano l´emozione della paura. Di conseguenza, gli approcci psicoterapeutici che prendono le mosse da questa teoria (specialmente la psicoterapia cognitivo comportamentale) hanno per obiettivo la riduzione dello stato di paura del paziente. Esercizi di desensibilizzazione, di esposizione, la disputa dei pensieri disfunzionali ecc., sono tra i principali compiti e tecniche che si offrono al paziente nel tentativo di ridurre la sintomatologia. Alcune teorie fenomenologichguardano invece a certe forme di attacco di panico come attacco di solitudine.

La brutta notizia

La brutta notizia, però, è che spesso tali interventi non danno risultati duraturi. Inoltre, sappiamo anche che i farmaci come le benzodiazepine hanno uno scarso effetto sull´incidenza del panico. Invece, gli SSRI (una classe di antidepressivi) sono considerati i farmaci di elezione per combattere il panico.

Una nuova teoria sul panico

La teoria fenomenologica offre una nuova visione sul concetto di panico. Secondo questa teoria, il panico non sarebbe tanto (o soltanto) un attacco di paura intensa, esagerata, incontrollata e inappropriata. Invece, il panico è l´esperienza che si fa quando ci troviamo esposti a situazioni che percepiamo come potenzialmente incontrollabili e contemporaneamente sentiamo di non avere nessuno su cui poter contare. Attacco di panico o attacco di solitudine, quindi?

A corroborare questa visione del panico concorrono alcuni dati provenienti dalla ricerca. Innanzitutto, uno dei sintomi del panico è la fame d´aria. Ebbene, la fame d´aria occorre raramente in situazioni di paura acuta, generata da un evento esterno. Inoltre, a differenza della paura, durante un attacco di panico non assistiamo all´attivazione del sistema HPA. Il sistema HPA regola la risposta allo stress. Questo sistema sembra essere addirittura inibito dal panico. La tachicardia e le altre forme di attivazione fisiologica durante un attacco di panico sono invece prodotte da una soppressione vagale (parasimpatica) piuttosto che da un´attivazione simpatica.

Inoltre, durante un attacco di panico, l´esperienza principale è quella di stare per morire o impazzire. La paura arriverebbe soltanto in un secondo momento. E riguarda, in genere, la preoccupazione che un attacco di panico possa ripetersi. Oppure che si abbia qualche malattia. O che si possa impazzire. Secondo questa visione, la paura sarebbe quindi secondaria e successiva all´attacco di panico (sicuramente almeno al primo attacco di panico, aggiungerei io). Infatti, è solo dopo il primo attacco di panico che la persona di solito inizia a vivere in uno stato di forte angoscia, ansia anticipatoria e sviluppa una paura dei sintomi del panico!

Panico e difficoltà a riconoscere le emozioni

Dopo il primo attacco di panico la persona di solito inizia un ossessiva quanto eccessiva autoosservazione. Perché? Per intercettare e controllare ogni minima variazione corporea che possa somigliare all´esperienza di panico. Ma così facendo, la persona non presta attenzione agli elementi contestuali nei quali i sintomi possono emergere. Non di rado chi soffre di panico soffra anche di alessitimia.

alessitimia (dal greco a- «mancanza», lexis «parola» e thymos «emozione» dunque: «mancanza di parole per [esprimere] emozioni») è un costrutto psicologico noto anche come analfabetismo emotivo che descrive una condizione di ridotta consapevolezza emotiva. L´alessitimia comporta l’incapacità sia di riconoscere sia di descrivere verbalmente i propri stati emotivi e quelli altrui. Le persone che soffrono di panico non sono né inclini né capaci di chiedere aiuto. Sono spesso diffidenti. Non sanno riconoscere ed esprimere le loro necessità affettive.

Non stupisce che il panico si manifesti proprio in situazioni in cui la persona sta attraversando un passaggio importante della sua vita. La laurea, il matrimonio, un trasloco, un cambio lavorativo, difficoltà relazionali o economiche, la morte di un caro, la fine (ma anche l´inizio!) di una relazione affettiva. Cos´hanno in comune queste situazioni? La persona si sente maggiormente esposta al mondo, un mondo nuovo, spesso sconosciuto, in cui il contesto relazionale non funge più da sponda per contenere la piena che sta per investire la vita della persona.

In poche parole, ci si sente soli in balìa del mondo. Proprio come un bambino che, al supermercato, improvvisamente si accorge di essersi perso e non trova più i suoi genitori.

Panico e agorafobia

L´agorafobia è forse la situazione che meglio incarna questa sensazione. La paura di trovarsi in spazi aperti diviene metafora del trovarsi esposti a un mondo senza la necessaria mediazione affettiva. Non stupisce, quindi, che chi soffre di panico e di agorafobia, abbia bisogno di una persona che stia con lui/lei proprio per non sentirsi soli in balìa del mondo.

Panico e claustrofobia

Anche il timore di sentirsi costretti in una situazione può elicitare un attacco di panico. Da un lato, come abbiamo visto, chi soffre di panico tende a ricercare la vicinanza e il contatto con l´altro per non sentirsi solo al mondo. Dall´altro, però, l´eccessiva vicinanza dell´altro viene vissuta come asfissiante. Una relazione che sta per sfociare in una convivenza o un matrimonio, le imposizioni sul lavoro, ecc. sono situazioni emblematiche nelle quali chi soffre di panico fatica a trovarsi.

Panico o ansia da separazione?

In virtù di quanto sopra esposto alcune correnti fenomenologiche, di stampo gestaltico, guardano al panico come a un sottotipo di ansia da separazione piuttosto che a una paura generica. Nello specifico, il panico viene considerato un attacco acuto di solitudine.

Panico, depersonalizzazione e derealizzazione

La depersonalizzazione e la derealizzazione sono sintomi dissociativi molto comuni in chi soffre di panico. Come dicevamo, chi soffre di questo disturbo tende a non riconoscere le proprie emozioni (né tantomeno i contesti nei quali queste si generano). Né a riconoscere la causa psicologica e sociale dei sintomi, ai quali invece imputa una causa somatica. Svuotata dalla componente psicologica, l´esperienza di separazione, caratterizzata da angoscia e smarrimento, assume le sembianze della depersonalizzazione e della derealizzazione. Le sembianze di un corpo-organismo che soffre, patisce e non di un corpo-vivo in una situazione “scomoda”. Esperienze traumatiche in età infantile sembrano giocare un ruolo nella manifestazione, in età adulta, di depersonalizzazione e derealizzazione.

Eterogeneità del panico e implicazioni cliniche per una buona psicoterapia

Il panico è un disturbo mentale complesso e multisfaccettato. È caratterizzato da un insieme di sintomi (ben 13!) che si combinano in maniera diversa in diversi individui. Non esiste e non può esistere una psicoterapia valida per ogni caso di panico (così come di nessun altro disturbo mentale). In primis perché comunque si ha davanti a sé, ogni volta, una persona diversa. In secundis perché la combinazione dei 13 sintomi del panico varia sia tra persone diverse che nella stessa persona.

La psicoterapia deve tener conto della specificità di ciascun caso e farsi personalizzata e cucita su misura su ciascun individuo. Attraverso la relazione terapeutica la persona che soffre di panico ricomincia a ritornare gradualmente in sintonia con i propri stati emotivi. E impara a riconoscere i contesti comodi da quelli scomodi. Uno dei miei scopi nella terapia del panico è permettere alla persona di accorgersi delle loro emozioni e necessità che spesso sono state misconosciute per troppo tempo. La relazione terapeutica infine può fungere da contesto che aiuta la persona a sì muoversi verso l’indipendenza e all´autonomia. Senza sentirsi sopraffatto dal mondo e senza dover necessariamente rinunciare all’altro.