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Come guarire da ansia e depressione?

Ansia e depressione sono disturbi mentali distinti, ma spesso coesistono, creando un terreno fertile per una serie di sintomi debilitanti che possono alterare significativamente la qualità della vita. 

Quando ansia e depressione coesistono

Depressione e ansia sono le patologie legate alla salute mentale più comuni diagnosticate nell’Unione europea.

A quattro persone su cento è stata diagnosticata depressione, a cinque su cento ansia.

La coesistenza di ansia e depressione, nota come comorbilità, è piuttosto comune. Entrambe le condizioni possono alimentarsi a vicenda, creando un circolo vizioso in cui l’aumento dell’ansia può portare a una maggiore depressione e viceversa. La loro interazione può rendere il processo di guarigione più complesso e richiedere un approccio terapeutico più olistico.

Uno dei tratti distintivi dell’ansia è la preoccupazione eccessiva e persistente riguardo al futuro, spesso accompagnata da sintomi fisici come tensione muscolare, irrequietezza e difficoltà di concentrazione. Dall’altra parte, la depressione si manifesta con sentimenti di tristezza profonda, mancanza di interesse nelle attività quotidiane, stanchezza persistente e autovalutazione negativa.

Quando queste due condizioni si fondono, il risultato può essere una sensazione di angosciante disperazione. Le persone che soffrono di ansia e depressione simultaneamente possono sentirsi intrappolate in un vortice emotivo, incapaci di affrontare le sfide quotidiane.

L’ansia può innescare pensieri negativi ricorrenti, mentre la depressione amplifica la percezione di impotenza e la mancanza di speranza.

Le relazioni sociali spesso subiscono un impatto significativo. La combinazione di ansia e depressione può portare a un isolamento sociale, poiché le persone evitano situazioni che potrebbero scatenare l’ansia o si ritirano a causa della mancanza di energia e interesse causati dalla depressione. Questo isolamento può ulteriormente alimentare la sensazione di solitudine e peggiorare entrambi i disturbi.

 

Come guarire da ansia e depressione?

Il trattamento di questa comorbilità richiede un approccio personalizzato che tenga conto delle sfumature di entrambe le condizioni.

La psicoterapia è spesso raccomandata, poiché può affrontare i modelli di pensiero negativi associati sia all’ansia che alla depressione. L’obiettivo è  sviluppare strategie per affrontare le situazioni stressanti.

La terapia farmacologica può essere una componente importante del trattamento. Gli antidepressivi e gli ansiolitici possono essere prescritti per alleviare i sintomi e stabilizzare l’umore. Tuttavia, è fondamentale monitorare attentamente la risposta del paziente e apportare eventuali aggiustamenti nella gestione dei farmaci per ottenere i migliori risultati.

L’adozione di uno stile di vita sano è un elemento cruciale nel gestire ansia e depressione. L’esercizio regolare può contribuire a ridurre lo stress e migliorare l’umore attraverso la liberazione di endorfine, mentre una dieta equilibrata può sostenere la salute mentale e fisica. Il sonno di qualità è anch’esso essenziale, poiché la mancanza di riposo adeguato può intensificare sia l’ansia che la depressione.

L’aspetto sociale della guarigione è altrettanto rilevante. Il supporto da parte di amici, familiari o gruppi di sostegno può offrire un rifugio emotivo e pratico. La consapevolezza e la comprensione degli altri possono ridurre il senso di isolamento e contribuire al processo di guarigione.

In conclusione, affrontare ansia e depressione contemporaneamente è un percorso impegnativo che richiede un approccio globale. La consapevolezza di sé, il supporto professionale e sociale, insieme a una combinazione equilibrata di terapie, farmaci e cambiamenti nello stile di vita sono fondamentali per gestire efficacemente questa complessa comorbilità. La strada verso il recupero può essere lunga, ma con la giusta guida e impegno, è possibile recuperare il benessere mentale.

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Mobbing: cosa fare?

Quando il posto di lavoro diventa un incubo. Il mobbing
Il mobbing è un fenomeno che riguarda i contesti di lavoro in cui comportamenti aggressivi e vessatori vengono esercitati contro qualcuno da parte di colleghi o superiori. Cosa fare per proteggersi da questa forma di stress psicosociale?

Che cos’è il mobbing?


La parola mobbing viene dal verbo inglese “to mob” che significa “aggredire”, “attaccare in gruppo”, “accerchiare”. Questa parola è stata utilizzata dall’etologo K. Lorenz per descrivere il comportamento delle specie animali in cui alcuni membri si coalizzano contro uno di loro. In questi casi, il gruppo può isolare, attaccare, escludere un membro fino a portarlo alla morte. Nella lingua inglese, inoltre, il verbo to mob indica l’atteggiamento dei cani nella caccia alla volpe.
In italiano, invece, è usato per indicare una forma di stress psicosociale caratteristica di alcuni ambienti di lavoro. Il mobbing è fonte di sofferenza importante per chi lo subisce.
Il mobbing, infatti, è una tipologia di violenza il cui fine ultimo è l’esclusione o l´emarginazione, reali o simboliche, della vittima dal contesto lavorativo.
È H. Leymann che lo descrive in questi termini a metà degli anni Ottanta. E che lo definisce come una modalità di comunicazione ostile ed immorale. In caso di mobbing, una o più persone manifestano aggressività e/o ostilità verso un altro individuo che potrebbe difficilmente trovare dei mezzi per difendersi. La persona che subisce le vessazioni da parte di colleghi, superiori o subalterni, è il lavoratore mobbizzato. Chi esercita violenza, invece, viene denominato “mobber”.
Se atti vessatori e violenze vengono messi in atto dal proprio superiore diretto o dai vertici dell’organizzazione, si può parlare di bossing.
Il mobbing orizzontale, invece, si verifica quando mobber e mobbizzato sono colleghi di pari grado. Se il mobber è un superiore o un collega di grado inferiore, si parla di mobbing verticale.

Come si manifesta il mobbing?


Si può parlare di mobbing ogni volta che sul contesto di lavoro si verificano comportamenti aggressivi e vessatori ripetuti e sistematici contro una persona. Il carattere sistematico e ripetuto è fondamentale perché si possa parlare di mobbing.
Lo psicologo italiano H. Ege, per esempio, lo definisce come una forma di terrore psicologico che si deve protrarre per almeno sei mesi. Altri autori, in aggiunta, specificano che gli attacchi devono ripetersi almeno una volta a settimana.
Il mobbing, quindi, è una strategia di attacco ripetuto nel tempo che ha una finalità chiaramente persecutoria. Sulla persona mobbizzata viene esercitata una vera e propria violenza morale che può assumere diverse forme.

Quali sono le principali forme di mobbing?


Diffuse, per esempio, sono le pressioni psicologiche e le molestie, la calunnia, le offese personali, le minacce e le critiche. Maltrattamenti e forme eccessive di controllo possono esasperare il lavoratore e non sono esclusi atti vessatori indirizzati al privato del lavoratore, spesso relativi a variabili di genere, religione, razza. Sul piano lavorativo in senso stretto, inoltre, il mobbing si esprime attraverso lo svuotamento delle mansioni o l’attribuzione di compiti eccessivi. Talvolta, poi, può essere presente l’assegnazione di compiti dequalificanti. Elementi comuni, infine, sono l’esclusione dalle informazioni utili alle attività lavorative, l’estromissione dalle iniziative formative, l’impossibilità di accedere a mezzi e strumenti necessari.

Quando non è possibile parlare di mobbing?


Come è evidente, il mobbing si può esprimere attraverso una serie diversificata di azioni e comportamenti.
Affinché si possa parlare di mobbing, però, gli atti violenti e vessatori devono ripetersi sistematicamente nel tempo. Per questo motivo, non si può parlare di mobbing nel caso di una singola azione contro un lavoratore.
Il fenomeno del mobbing, inoltre, non si esprime attraverso i fenomeni di conflitto diffuso che coinvolgono fasce ampie di lavoratori in una stessa azienda. Simili situazioni di conflitto, spesso dovute a cambiamenti organizzativi, rientrano più che altro nel fenomeno dello stress lavoro-correlato.
Il mobbing, inoltre, non deve essere considerato un problema della persona o una sua malattia. Si tratta, infatti, di un problema dell’ambiente di lavoro che, però, può essere all’origine di disturbi psicofisici importanti.
In aggiunta, non è un fenomeno che si manifesta in ambienti diversi da quelli lavorativi, per esempio in ambito scolastico o familiare.
Infine, non si tratta di una molestia di carattere sessuale sul posto di lavoro. In alcuni casi il mobber può aggredire sessualmente la vittima o colpirla attraverso la calunnia ed altri atti vessatori in relazione alla sfera sessuale. La finalità, però, non è mai quella di ottenere prestazioni sessuali, quanto di umiliare, colpire o isolare la vittima.

Quali sono le conseguenze del mobbing?


Il mobbing può avere delle conseguenze negative sulla salute fisica e psicologica della persona. Chi è oggetto di atti vessatori ripetuti nel contesto di lavoro, infatti, può sviluppare ansia, depressione, problemi psicosomatici quali disturbi gastro-intestinali, dermatiti, dolori osteo-articolari. Nei casi più seri, inoltre, non è escluso che la persona possa sviluppare delle vere e proprie sindromi da stress.
A lungo andare, infatti, le situazioni di mobbing configurano una condizione di stress cronico che danneggia la salute.
Può essere interessante sottolineare che il mobbing può avere un impatto anche sulle relazioni familiari del mobbizzato. Se il mobbizzato condivide le sue difficoltà in famiglia può essere all’inizio compreso e sostenuto. In simili situazioni, però, può svilupparsi anche un distacco da parte dei familiari che produce ulteriore solitudine. È in questi casi che si parla di doppio mobbing. La famiglia, infatti, diventa un contesto rifiutante ed escludente come quello lavorativo.

Cosa fare in caso di mobbing?


Se pensate di essere vittima di mobbing, può essere molto importante rivolgersi a un professionista della salute mentale. L’intervento psicologico, infatti, oltre a fare chiarezza sulla effettiva presenza di fenomeni di mobbing sul posto di lavoro, può essere importanti in termini di supporto.
In questi casi, infatti, è fondamentale condividere l’esperienza con un esperto che possa aiutare nel potenziamento della risposta allo stress. Ciò comporta l’attivazione delle proprie risorse di coping e l’elaborazione di possibili vissuti disturbanti.
Non bisogna dimenticare, infine, che il mobbing può essere denunciato. Se è possibile ricorrere a vie legali al fine di interrompere atti vessatori e violenze, può essere necessaria la valutazione dei danni psicologici da mobbing. Una simile operazione si rende necessaria in caso di procedimenti giudiziari volti ad accertare le responsabilità negli atti vessatori.

Riferimenti bibliografici
Ege, H. (2005). Oltre il mobbing. Straining, stalking e altre forme di conflittualità sul posto di lavoro. Milano: FrancoAngeli.