Perché non mi so difendere?
Ci sono momenti in cui l’altro – un partner, un genitore, un collega, un amico – sembra diventare improvvisamente un problema, quasi un ostacolo insormontabile. Non perché faccia realmente qualcosa di eclatante, ma perché dentro di noi scatta una dinamica che ci fa sentire incapaci di reagire, di difenderci, di prendere posizione. È in questi momenti che non ci sentiamo soltanto inadeguati: ci sentiamo proprio inetti, privi delle competenze pratiche e psicologiche necessarie per occuparci di noi stessi. Questo vissuto è molto più comune di quanto si pensi e in psicoterapia emerge spesso: quando manca un senso stabile di autonomia, l’altro acquisisce un potere enorme. Diventa “più grande”, “più forte”, “più capace”. E di conseguenza, noi ci percepiamo piccoli, deboli, sbagliati. Il problema, però, non è davvero l’altro. Il problema è l’assenza di competenza pratica nella gestione di sé. In questo articolo esploriamo come nasce questo vissuto, come si alimenta e come può essere trasformato con un lavoro psicoterapeutico orientato all’autonomia.
L’altro è un problema solo quando tu non senti di poter contare su te stesso
Quando parliamo di inettitudine non ci riferiamo a una mancanza di valore personale o di intelligenza. Non è un deficit stabile, né un marchio. L’inettitudine di cui parliamo qui è un vissuto soggettivo, un’esperienza interna di impotenza che emerge soprattutto nelle interazioni con figure percepite come più forti, giudicanti o critiche.
Accade quando manca o è stata poco allenata una vera competenza pratica di autonomia. Non parliamo solo di indipendenza psicologica, ma di capacità concrete e quotidiane, come:
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difendere i propri confini;
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esprimere un’opinione anche quando non è condivisa;
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sentirsi legittimati a rifiutare una richiesta;
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fare una scelta senza chiedere approvazione;
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gestire un conflitto senza percepirsi distrutti dal giudizio altrui.
Quando queste abilità non sono consolidate, l’altro – chiunque esso sia – diventa facilmente una figura temibile. Non perché lo sia realmente, ma perché noi stessi non ci sentiamo in grado di occuparci di noi in modo efficace.
Quando la sensibilità diventa prigionia
Molte persone che vivono questa dinamica hanno un’elevata capacità di sintonizzazione emotiva: percepiscono gli stati dell’altro, ne colgono umori, sfumature, tensioni. È una qualità importante e preziosa. Ma se non è accompagnata da un adeguato senso di sé, questa sensibilità può diventare una trappola.
Quando l’altro ti attacca, ti critica, o sembra deluso da te, potresti vivere qualcosa di simile:
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qualunque risposta ti sembra sbagliata;
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qualunque gesto sembra insufficiente;
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qualunque tentativo sembra inefficace;
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qualunque scelta sembra rischiare conseguenze catastrofiche.
In queste situazioni, l’altro appare potente, competente, legittimato, mentre tu ti percepisci fragile, stupido, vulnerabile. Ma non è una questione reale di valore o capacità: è mancanza di allenamento nell’autonomia pratica.
Non è solo una questione di percezione: è assenza di capacità pratiche
Molti pensano che il problema sia solo “cambiare idea”, vedere l’altro come meno minaccioso, convincersi di valere. Certo, la percezione conta, ma non basta. La vera trasformazione avviene quando acquisisci abilità reali, nuove competenze comportamentali e assertive che ti permettono di:
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dire “no” senza crollare dentro;
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tollerare una critica senza sentirti distrutto;
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prendere posizione anche quando l’altro non è d’accordo;
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reggere l’ostilità altrui senza andare in panico;
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difenderti in modo chiaro, adulto, efficace.
La percezione cambia dopo che hai sperimentato la tua efficacia. Non prima.
Inettitudine e inadeguatezza: due fasi diverse dello stesso processo
Chi vive queste dinamiche spesso passa attraverso due stati:
1. Inettitudine (prima)
È la sensazione di non saper cosa fare, non avere gli strumenti, non essere capaci di fronteggiare la situazione. È come essere paralizzati davanti a una porta senza sapere dove si trova la maniglia.
2. Inadeguatezza (dopo)
Arriva dopo aver reagito in modo impulsivo, evitante o confuso. È quel pensiero amaro:
“Ho sbagliato tutto”
“Non sono capace”
“Lui/lei ha sempre ragione”.
Ma in realtà non sei inadeguato: sei solo privo di allenamento nelle competenze che ti servono.
Rabbia immaginata, blocchi reali
Quando ci si sente inetti, la mente può reagire in due modi estremi:
1. Scoppi di rabbia (anche solo immaginati)
Non è raro che, in momenti di forte tensione, emergano fantasie aggressive, anche molto intense. Come immaginare di urlare, di aggredire l’altro, perfino pensieri estremi come “potrei fargli del male”. Questi pensieri non ti rendono una cattiva persona: indicano un carico emotivo che non sai ancora regolare.
2. Inibizione totale dell’azione
A volte la paura prende il sopravvento. Compaiono film mentali spaventosi:
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“Se rispondo, lui sarà ancora più ostile”
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“Se dico qualcosa, perderò tutto”
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“Se mi difendo, succederà qualcosa di terribile”
O, in casi più estremi:
“Se reagisco potrei fare del male e finirei in galera.”
Questi scenari catastrofici non sono previsioni realistiche: sono espressioni della sensazione di non saper gestire una situazione. Di fatto, non stai anticipando un pericolo reale. Stai anticipando il tuo senso di inettitudine.
Come si lavora in psicoterapia: promuovere autonomia e competenza
La psicoterapia non si limita a “convincerti” che vali: ti aiuta a scoprire e sperimentare nuove competenze. Il focus è la promozione dell’autonomia personale, che avviene attraverso:
✔ Esplorazione delle radici dell’inettitudine
Comprendere come e quando è nato il vissuto di impotenza permette di ridurre la sua presa.
✔ Sviluppo di competenze concrete
La terapia ti aiuta ad allenare abilità come:
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assertività;
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gestione dei conflitti;
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regolazione emotiva;
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difesa dei confini personali;
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presa di decisione autonoma;
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gestione della critica.
✔ Pratica guidata di nuove risposte
Il terapeuta offre un ambiente sicuro in cui provare nuovi modi di reagire. Piano piano ti abitui a:
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dire la tua senza scusarti;
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mantenere la calma quando l’altro è ostile;
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smettere di vedere l’altro come onnipotente;
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sentirti efficace anche in situazioni difficili.
✔ Ristrutturazione della percezione di sé
Quando sperimenti che puoi agire, scegliere e difenderti, cambia spontaneamente anche l’immagine che hai di te stesso.
Ritrovare la tua forza: non sarai più schiavo del giudizio dell’altro
L’obiettivo della psicoterapia non è renderti duro o indifferente, ma aiutarti a costruire un senso solido di autonomia, grazie al quale:
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non andrai più in panico davanti alla critica;
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non ti sentirai più piccolo di fronte a chi alza la voce;
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non avrai più bisogno di compiacere l’altro per evitare il conflitto;
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non perderai più te stesso nelle aspettative altrui.
Quando riconquisti la tua autonomia, l’altro smette di essere un problema.
Torni a essere protagonista della tua vita.
Se senti che ti manca autonomia, puoi iniziare oggi
Se ti riconosci in queste dinamiche, sappi che esiste un percorso chiaro, efficace e rispettoso per ritrovare forza e sicurezza.
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✨ Impara a difenderti, a dire la tua e a non dipendere più dal giudizio dell’altro.
Il cambiamento è possibile. E inizia quando scegli di tornare al centro della tua vita.

