Come smettere di avere attacchi di panico

Il cuore frainteso del panico

Quando si sperimenta un attacco di panico, tutto sembra reale e incontrollabile: il cuore batte fortissimo, il respiro si accorcia, si suda, le mani tremano, la testa gira. In quei momenti, la mente formula pensieri catastrofici come “sto per morire” o “sto impazzendo”. È comprensibile pensare che il panico dipenda da ciò che “sta succedendo dentro di noi”: i sintomi fisici, le sensazioni corporee, i pensieri che si susseguono a raffica. In realtà, il panico non dipende da ciò che accade, ma dalla nostra reazione a ciò che accade. La differenza può sembrare sottile, ma è la chiave del cambiamento in psicoterapia. È proprio su questa distinzione che si fonda un concetto fondamentale: il cognitive decoupling, ossia la capacità di separare il contenuto dei propri pensieri e sensazioni dalla reazione automatica che generano.

Quando la mente reagisce “troppo”: il ciclo del panico

Per comprendere come funziona un attacco di panico, immaginiamo una catena di eventi molto comune:

Stimolo iniziale: una sensazione fisica (un battito cardiaco accelerato, un capogiro, un respiro corto).

Interpretazione catastrofica: la mente valuta quella sensazione come pericolosa: “Sto per svenire!”, “Avrò un infarto!”.

Reazione emotiva: paura intensa, allarme, attivazione del sistema nervoso simpatico.

Aumento dei sintomi fisici: il corpo risponde alla paura con più tachicardia, sudorazione, tensione muscolare.

Rinforzo del pensiero catastrofico: “Ecco, è la prova che stavo avendo ragione!”.

Attacco di panico: la persona resta intrappolata nel circolo vizioso.

A livello psicologico, non sono i sintomi in sé a generare il panico, ma l’interpretazione catastrofica di quei sintomi. La mente reagisce “troppo” a qualcosa che di per sé non è pericoloso, ma che viene vissuto come tale.

Il cognitive decoupling in psicoterapia

Il termine cognitive decoupling indica la capacità di osservare i propri pensieri e sensazioni senza reagire automaticamente ad essi. È una delle abilità centrali sviluppate nelle moderne terapie cognitive e metacognitive, e rappresenta un passo essenziale nella guarigione dai disturbi di panico e dall’ansia generalizzata. In parole semplici, significa separare l’esperienza interna dalla risposta emotiva. Il pensiero “potrei svenire” è solo un evento mentale, non una realtà oggettiva. La sensazione di tachicardia è solo un segnale corporeo, non un segno di pericolo imminente.

Il cognitive decoupling insegna a disinnescare la fusione automatica tra:

pensieri e realtà (“se penso che morirò, allora morirò”);

sensazioni e significato (“se il cuore batte forte, allora c’è un problema serio”);

emozioni e verità (“se ho paura, allora devo essere davvero in pericolo”).

Dal “credere ai pensieri” all’“osservarli passare”

In psicoterapia, uno degli obiettivi più importanti è aiutare la persona a passare dal credere ai propri pensieri al notarli come eventi mentali transitori. Questo passaggio è fondamentale per ridurre l’ansia e interrompere il ciclo del panico.

Il cognitive decoupling si esercita con tecniche come:

Mindfulness: per imparare a osservare ciò che accade dentro di sé senza giudicarlo né reagire;

Defusione cognitiva: aiuta a prendere distanza dai pensieri catastrofici e riconoscerli come semplici parole nella mente;

Ristrutturazione cognitiva: insegna a sostituire interpretazioni disfunzionali con valutazioni più realistiche;

Esposizione interocettiva, dove la persona impara gradualmente a tollerare le proprie sensazioni corporee senza reagire con panico.

Il corpo non è il nemico

Molte persone che soffrono di panico vivono il proprio corpo come una minaccia. Ogni variazione di battito o respiro viene scrutata e interpretata come segnale di allarme. Ma il corpo non è il problema. È solo un sistema che comunica, e che a volte si attiva per motivi del tutto innocui: stanchezza, fame, sete, caffeina, stress, un pensiero improvviso.

Il panico nasce quando non permettiamo al corpo di fare il suo lavoro senza interferenze mentali.

Il cognitive decoupling aiuta a “disinnescare” questa iperattenzione eccessiva, restituendo fiducia nelle risposte naturali del corpo.

Un semplice esempio:

Se il cuore accelera e pensi “ok, è solo il mio corpo che reagisce, passerà tra poco”, il ciclo si interrompe. Se invece pensi “oddio, il cuore batte così forte, avrò un infarto!”, allora l’ansia aumenta e il battito cresce ancora, confermando il timore iniziale. La differenza tra le due reazioni non è nei sintomi, ma nel modo in cui li interpreti e rispondi ad essi.

La libertà nella distanza: perché il decoupling è trasformativo

Quando impari a separare pensieri, emozioni e realtà, guadagni libertà psicologica. Non significa diventare freddi o distaccati, ma acquisire la capacità di scegliere come rispondere, invece di reagire automaticamente. È il passaggio da “sono le mie emozioni che mi guidano” a “sono io che decido come rapportarmi alle mie emozioni”.

Dal punto di vista neuropsicologico, questo processo modifica l’attività delle aree cerebrali coinvolte nella regolazione emotiva (come l’amigdala e la corteccia prefrontale), favorendo una maggiore calma e lucidità. La psicoterapia cognitiva e metacognitiva lavora proprio per rinforzare questi circuiti di autoregolazione.

Un esercizio pratico di cognitive decoupling

Prova questo piccolo esercizio quando senti che l’ansia sta crescendo:

Fermati un momento e porta attenzione al respiro, senza cambiarlo.

Nota il pensiero o la sensazione che ti sta turbando (“il cuore batte forte”, “sto per svenire”).

Dì mentalmente: “Sto notando il pensiero che…” oppure “Sto osservando la sensazione di…”.

Osservalo come se fosse un oggetto che passa davanti a te: non devi scacciarlo né seguirlo.

Riconosci che è solo un evento temporaneo, non una verità.

Con la pratica, questa modalità di osservazione riduce drasticamente la potenza del panico. Non stai negando ciò che provi, ma stai scegliendo di non alimentarlo.

Psicoterapia: lo spazio sicuro per imparare a reagire diversamente

Il cognitive decoupling non è una tecnica che si “impara” in un giorno. È un’abilità che si costruisce con il tempo, spesso con il supporto di uno psicoterapeuta. Durante il nostro percorso terapeutico, ti aiuterò la a:

riconoscere i propri automatismi di pensiero e le credenze catastrofiche;

distinguere ciò che è reale da ciò che è interpretato;

sviluppare una maggiore tolleranza alle sensazioni interne;

ricostruire un senso di sicurezza corporea e mentale.

In terapia, il paziente impara gradualmente a non farsi travolgere da ciò che accade dentro di sé, ma a restare in contatto con la realtà esterna, anche durante un picco di ansia. È un percorso di riconquista della fiducia: fiducia nel corpo, nella mente e nella propria capacità di regolare l’esperienza emotiva.

Il potere di una reazione diversa

Il panico non è segno di follia né di debolezza. È semplicemente il risultato di una reazione eccessiva a un’esperienza interna fastidiosa ma fraintesa come pericolosa.

Quando impari a separare l’esperienza dalla reazione, scopri che non devi “controllare” il panico: ti basta smettere di alimentarlo.

Il cognitive decoupling è una competenza che cambia la prospettiva:

• Da “il mio corpo è fuori controllo” a “il mio corpo sta reagendo e passerà”.

• Da “questo pensiero è vero” a “questo è solo un pensiero”.

• Da “devo evitare la paura” a “posso accoglierla senza esserne travolto”.

E proprio in questa distanza consapevole tra ciò che accade e come reagisci, nasce la libertà interiore che cura.