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Come guarire dal trauma

Il trauma, come concetto e come esperienza, affonda le sue radici nella parola greca τραῦμα (tràuma), che originariamente indicava una ferita, un danno. Questa ferita, che può essere tanto fisica quanto psicologica, è provocata da un evento esterno, un agente che agisce sulla persona, alterandone il funzionamento, la percezione e l’identità. Nella cultura moderna, il termine trauma si è evoluto, passando dal significare la ferita, alla causa della ferita.

 

Rivivere l’evento traumatico: la ripetizione ossessiva

Una delle caratteristiche principali di una persona traumatizzata è il continuo rivivere dell’evento, un fenomeno conosciuto anche come sindrome di Io. Come Io, il personaggio della mitologia greca che, trasformata in vacca, era tormentata da un tafano inviato da Era, la persona traumatizzata è costantemente inseguita da pensieri intrusivi, flashback e incubi. Anche se l’evento traumatico è passato, la mente della persona è incapace di lasciarlo andare. Le immagini, i suoni e le sensazioni associate all’evento ritornano continuamente, spesso senza preavviso, gettando il soggetto in uno stato di terrore e angoscia.

Questa ripetizione inesorabile dell’esperienza passata non è solo un ricordo, ma una vera e propria ri-esperienza emotiva e fisica, come se la persona fosse ancora intrappolata nell’evento originario. Ogni volta che il trauma si ripresenta nella mente della persona, è come se la ferita si riaprisse. Il soggetto è assillato da queste immagini, incapace di controllare la propria mente, di sfuggire al dramma interiore che lo tormenta. Questo continuo rivivere crea una sensazione di impotenza e vulnerabilità, portando la persona a sentirsi costantemente minacciata.

 

La paura costante: ipervigilanza e ansia

Il trauma genera una paura persistente che qualcosa di terribile possa accadere di nuovo. È la sindrome di Andromaca, che vive con la costante apprensione che da un momento all’altro la propria esistenza possa essere sconvolta. Nel trauma, questa paura diventa una costante.
La persona traumatizzata si trova spesso in uno stato di ipervigilanza: i suoi sensi sono sempre all’erta, come se il pericolo potesse riapparire in qualsiasi momento. Questa condizione di ipervigilanza si traduce in ansia, irritabilità e, a volte, in comportamenti di evitamento, in cui il soggetto cerca di evitare luoghi, persone o situazioni che possano ricordare l’evento traumatico.

Nonostante gli sforzi per evitare tali stimoli, il trauma resta imperscrutabile e incontrollabile, perché generato da un agente esterno che ha infranto il senso di sicurezza della persona. L’individuo traumatizzato vive con una percezione costante di pericolo, che può manifestarsi anche sotto forma di disturbi fisici, come problemi di sonno, difficoltà di concentrazione e attacchi di panico. Questa paura è particolarmente debilitante perché è radicata nella consapevolezza che la vita può essere stravolta in un istante, come già accaduto durante l’evento traumatico.

 

La disconnessione dalla realtà: perdita di identità

Un’altra conseguenza del trauma è la difficoltà a riconoscere e interpretare la propria condizione. Questo smarrimento può essere paragonato alla sindrome di Josef K, in cui la persona non riesce a dare un nome alle proprie emozioni o a comprendere appieno ciò che sta vivendo. La realtà appare confusa e frammentata; persone, luoghi e oggetti diventano sinistri o estranei, come se fossero stati privati del loro significato originario.

Il soggetto traumatizzato non riconosce più se stesso né il mondo che lo circonda. La ferita psicologica ha frantumato la percezione del sé, rendendo la persona incapace di sentire di nuovo una connessione con la propria vita e le proprie esperienze.

Questa perdita di identità può portare a un isolamento emotivo, in cui il soggetto si distanzia dagli altri per proteggersi dalla sofferenza (vs evitamento fobico). Tuttavia, questa distanza non fa altro che alimentare il senso di alienazione e disorientamento. La persona traumatizzata si sente come se fosse separata dal resto del mondo, incapace di spiegare o condividere la propria sofferenza.

 

Il post trauma: non essere più libero

Una delle caratteristiche più angoscianti del trauma è che, una volta che esso ha colpito, nulla è più come prima. Il soggetto traumatizzato vive una realtà in cui la propria libertà è stata compromessa. La normalità precedente è ormai perduta. Il trauma si insinua nella quotidianità e, anche quando non è presente in maniera attiva sotto forma di flashback o incubi, rimane una minaccia latente.

Non essere più libero significa vivere con una costante sensazione di vulnerabilità, in cui la persona non ha più controllo su ciò che può accadere. Questa sensazione è particolarmente pesante perché il trauma, essendo stato causato da un evento esterno, ha frantumato l’illusione di sicurezza e stabilità che la persona aveva prima. L’inaspettato è diventato parte della vita quotidiana, creando una costante tensione e incertezza.

 

La possibilità di guarigione: la relazione come cura

Non tutte le persone reagiscono allo stesso modo a un trauma, e la possibilità di guarire non dipende solo dalla forza interiore del soggetto, ma anche dall’aiuto esterno che riceve. La storia mitologica di Perseo e Danae, seppur entrambi abbiano subito traumi, mostra che Perseo ne esce vincitore perché non agisce da solo. Chiede e ottiene l’aiuto di Atena, la pòtnia (signora), simbolo dell’intelligenza della relazione. Questa immagine sottolinea un punto cruciale: il trauma può essere condiviso, e nella condivisione vi è la possibilità di guarigione.

Perché la parola-trauma possa rigenerarsi come salvifica, deve essere comunicata. Questo significa che una persona traumatizzata non può affrontare la propria ferita da sola; deve cercare e trovare supporto nelle relazioni, nella comunità, nella terapia. Solo quando il trauma è condiviso e compreso dall’esterno, può iniziare il processo di guarigione. Questo richiede un grande sforzo da parte della persona traumatizzata, ma anche la presenza di un ambiente che sia empatico, comprensivo e pronto ad accogliere la sofferenza dell’altro.

In conclusione, la persona traumatizzata vive un’esperienza di frammentazione e perdita, un costante rivivere del dolore che l’ha colpita. Tuttavia, attraverso la condivisione e il supporto, esiste la possibilità di guarire e di trasformare la ferita in una nuova consapevolezza di sé e del mondo.