panico e solitudine

Attacco di panico o attacco di solitudine?

Le teorie psicologiche classiche considerano l´attacco di panico come una risposta di paura intensa, esagerata, incontrollata e inappropriata. Secondo queste teorie la paura scaturirebbe dall´attivazione dell´amigdala e di altre aree cerebrali che regolano l´emozione della paura. Di conseguenza, gli approcci psicoterapeutici che prendono le mosse da questa teoria (specialmente la psicoterapia cognitivo comportamentale) hanno per obiettivo la riduzione dello stato di paura del paziente. Esercizi di desensibilizzazione, di esposizione, la disputa dei pensieri disfunzionali ecc., sono tra i principali compiti e tecniche che si offrono al paziente nel tentativo di ridurre la sintomatologia. Alcune teorie fenomenologichguardano invece a certe forme di attacco di panico come attacco di solitudine.

La brutta notizia

La brutta notizia, però, è che spesso tali interventi non danno risultati duraturi. Inoltre, sappiamo anche che i farmaci come le benzodiazepine hanno uno scarso effetto sull´incidenza del panico. Invece, gli SSRI (una classe di antidepressivi) sono considerati i farmaci di elezione per combattere il panico.

Una nuova teoria sul panico

La teoria fenomenologica offre una nuova visione sul concetto di panico. Secondo questa teoria, il panico non sarebbe tanto (o soltanto) un attacco di paura intensa, esagerata, incontrollata e inappropriata. Invece, il panico è l´esperienza che si fa quando ci troviamo esposti a situazioni che percepiamo come potenzialmente incontrollabili e contemporaneamente sentiamo di non avere nessuno su cui poter contare. Attacco di panico o attacco di solitudine, quindi?

A corroborare questa visione del panico concorrono alcuni dati provenienti dalla ricerca. Innanzitutto, uno dei sintomi del panico è la fame d´aria. Ebbene, la fame d´aria occorre raramente in situazioni di paura acuta, generata da un evento esterno. Inoltre, a differenza della paura, durante un attacco di panico non assistiamo all´attivazione del sistema HPA. Il sistema HPA regola la risposta allo stress. Questo sistema sembra essere addirittura inibito dal panico. La tachicardia e le altre forme di attivazione fisiologica durante un attacco di panico sono invece prodotte da una soppressione vagale (parasimpatica) piuttosto che da un´attivazione simpatica.

Inoltre, durante un attacco di panico, l´esperienza principale è quella di stare per morire o impazzire. La paura arriverebbe soltanto in un secondo momento. E riguarda, in genere, la preoccupazione che un attacco di panico possa ripetersi. Oppure che si abbia qualche malattia. O che si possa impazzire. Secondo questa visione, la paura sarebbe quindi secondaria e successiva all´attacco di panico (sicuramente almeno al primo attacco di panico, aggiungerei io). Infatti, è solo dopo il primo attacco di panico che la persona di solito inizia a vivere in uno stato di forte angoscia, ansia anticipatoria e sviluppa una paura dei sintomi del panico!

Panico e difficoltà a riconoscere le emozioni

Dopo il primo attacco di panico la persona di solito inizia un ossessiva quanto eccessiva autoosservazione. Perché? Per intercettare e controllare ogni minima variazione corporea che possa somigliare all´esperienza di panico. Ma così facendo, la persona non presta attenzione agli elementi contestuali nei quali i sintomi possono emergere. Non di rado chi soffre di panico soffra anche di alessitimia.

alessitimia (dal greco a- «mancanza», lexis «parola» e thymos «emozione» dunque: «mancanza di parole per [esprimere] emozioni») è un costrutto psicologico noto anche come analfabetismo emotivo che descrive una condizione di ridotta consapevolezza emotiva. L´alessitimia comporta l’incapacità sia di riconoscere sia di descrivere verbalmente i propri stati emotivi e quelli altrui. Le persone che soffrono di panico non sono né inclini né capaci di chiedere aiuto. Sono spesso diffidenti. Non sanno riconoscere ed esprimere le loro necessità affettive.

Non stupisce che il panico si manifesti proprio in situazioni in cui la persona sta attraversando un passaggio importante della sua vita. La laurea, il matrimonio, un trasloco, un cambio lavorativo, difficoltà relazionali o economiche, la morte di un caro, la fine (ma anche l´inizio!) di una relazione affettiva. Cos´hanno in comune queste situazioni? La persona si sente maggiormente esposta al mondo, un mondo nuovo, spesso sconosciuto, in cui il contesto relazionale non funge più da sponda per contenere la piena che sta per investire la vita della persona.

In poche parole, ci si sente soli in balìa del mondo. Proprio come un bambino che, al supermercato, improvvisamente si accorge di essersi perso e non trova più i suoi genitori.

Panico e agorafobia

L´agorafobia è forse la situazione che meglio incarna questa sensazione. La paura di trovarsi in spazi aperti diviene metafora del trovarsi esposti a un mondo senza la necessaria mediazione affettiva. Non stupisce, quindi, che chi soffre di panico e di agorafobia, abbia bisogno di una persona che stia con lui/lei proprio per non sentirsi soli in balìa del mondo.

Panico e claustrofobia

Anche il timore di sentirsi costretti in una situazione può elicitare un attacco di panico. Da un lato, come abbiamo visto, chi soffre di panico tende a ricercare la vicinanza e il contatto con l´altro per non sentirsi solo al mondo. Dall´altro, però, l´eccessiva vicinanza dell´altro viene vissuta come asfissiante. Una relazione che sta per sfociare in una convivenza o un matrimonio, le imposizioni sul lavoro, ecc. sono situazioni emblematiche nelle quali chi soffre di panico fatica a trovarsi.

Panico o ansia da separazione?

In virtù di quanto sopra esposto alcune correnti fenomenologiche, di stampo gestaltico, guardano al panico come a un sottotipo di ansia da separazione piuttosto che a una paura generica. Nello specifico, il panico viene considerato un attacco acuto di solitudine.

Panico, depersonalizzazione e derealizzazione

La depersonalizzazione e la derealizzazione sono sintomi dissociativi molto comuni in chi soffre di panico. Come dicevamo, chi soffre di questo disturbo tende a non riconoscere le proprie emozioni (né tantomeno i contesti nei quali queste si generano). Né a riconoscere la causa psicologica e sociale dei sintomi, ai quali invece imputa una causa somatica. Svuotata dalla componente psicologica, l´esperienza di separazione, caratterizzata da angoscia e smarrimento, assume le sembianze della depersonalizzazione e della derealizzazione. Le sembianze di un corpo-organismo che soffre, patisce e non di un corpo-vivo in una situazione “scomoda”. Esperienze traumatiche in età infantile sembrano giocare un ruolo nella manifestazione, in età adulta, di depersonalizzazione e derealizzazione.

Eterogeneità del panico e implicazioni cliniche per una buona psicoterapia

Il panico è un disturbo mentale complesso e multisfaccettato. È caratterizzato da un insieme di sintomi (ben 13!) che si combinano in maniera diversa in diversi individui. Non esiste e non può esistere una psicoterapia valida per ogni caso di panico (così come di nessun altro disturbo mentale). In primis perché comunque si ha davanti a sé, ogni volta, una persona diversa. In secundis perché la combinazione dei 13 sintomi del panico varia sia tra persone diverse che nella stessa persona.

La psicoterapia deve tener conto della specificità di ciascun caso e farsi personalizzata e cucita su misura su ciascun individuo. Attraverso la relazione terapeutica la persona che soffre di panico ricomincia a ritornare gradualmente in sintonia con i propri stati emotivi. E impara a riconoscere i contesti comodi da quelli scomodi. Uno dei miei scopi nella terapia del panico è permettere alla persona di accorgersi delle loro emozioni e necessità che spesso sono state misconosciute per troppo tempo. La relazione terapeutica infine può fungere da contesto che aiuta la persona a sì muoversi verso l’indipendenza e all´autonomia. Senza sentirsi sopraffatto dal mondo e senza dover necessariamente rinunciare all’altro.

ansia e sigarette

Fumare aiuta a gestire l´ansia?

Fumare aiuta a gestire l’ansia? I danni provocati dal fumo di sigaretta sono oramai noti. Il fumo fa aumentare la pressione arteriosa, accelera l’aterosclerosi, ostacolando la circolazione del sangue nei vasi e aumentando il rischio di infarto e ictus. I problemi circolatori causati dal fumo possono, a loro volta, determinare impotenza nell’uomo, declino mentale e invecchiamento precoce della pelle.

Tante persone fumano quando si sentono stressate o in ansia e riferiscono che fumare sia un metodo anti stress e anti ansia. Ma è davvero così?

Tutt´altro! La nicotina, infatti, non ha un´azione rilassante bensì attivante. Non c´è da stupirsi che il fumo di sigaretta aumenti il rischio di soffrire di disturbo di panico con o senza agorafobia

Fumare crea affanno e un senso di debolezza. In chi è già ansioso questi sintomi possono esacerbare l’ansia. In chi già soffre di attacchi di panico, poi, l’oppressione fisica o pesantezza al petto può acuire il malessere o addirittura scatenare l’attacco.

Fumare aiuta a gestire l’ansia?

Sebbene la causa dell´associazione tra panico e fumo rimanga controversa, le principali spiegazioni sono le seguenti:

1️⃣ il fumo di sigaretta promuove il panico inducendo anomalie respiratorie, malattie polmonari o aumentando le sensazioni corporee potenzialmente causa di paura.

2️⃣ la nicotina produce effetti fisiologici caratteristici del panico rilasciando noradrenalina.

3️⃣ chi soffre dl disturbo di panico usa le sigarette come automedicazione.

4️⃣ una vulnerabilità condivisa promuove entrambe le condizioni.

Ma allora perché tante persone riferiscono di sentirsi meno stressate e meno in ansia dopo aver fumato?

Questo può succedere quando la persona ha una dipendenza dalla nicotina. Se non si fuma per un certo periodo di tempo, l´organismo inizia a reclamare nicotina perché va in uno stato di astinenza. Sarebbe quindi l´astinenza a manifestarsi con sintomi di ansia e stress. Ed è per questo motivo che, una volta fumato, i livelli di ansia e stress diminuirebbero sensibilmente. Ma questo ovviamente non significa che il fumo abbia proprietà anti ansia o anti stress.

È stato invece appurato che smettere di fumare giova a chi soffre sia di stress che di ansia .

La psicoterapia può aiutarti a smettere di fumare. Torna a respirare e dai un calcio al panico. Cervellocuore e polmoni ti ringrazieranno.

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