Timidezza o disturbo d’ansia sociale?
E’ molto facile per i non addetti ai lavori scambiare il disturbo d’ansia sociale per semplice timidezza o introversione. In questo articolo approfondiamo questo tema rispondendo ad alcune domande fondamentali attraverso la descrizione di un caso clinico.
Il caso (NB: Nomi, dettagli e particolari sono stati modificati per garantire la privacy del paziente.)
Luca, 32 anni, italiano di nascita ma residente nel Regno Unito, mi contatta per fissare un incontro online. Mi racconta che già dai tempi dell’università, ogni volta che doveva parlare davanti a terzi iniziava a entrare in un forte stato di ansia già settimane prima dell’evento, soffriva di insonnia e manifestava disturbi gastrointestinali. Nel giorno fatidico dell’esame, poi comparivano tremori, rossori in viso, forte sudorazione, tachicardia e vertigini. Nonostante la pletora di sintomi Luca è riuscito comunque a laurearsi e ha accettato un lavoro all’estero come assistente di ricerca. Sperava, con la fine dell’università di dare un calcio a quelle brutte sensazioni. Ma, purtroppo, queste non sono scomparse. Sono addirittura peggiorate. A causa del suo lavoro, Luca si trova quasi quotidianamente in situazioni in cui deve parlare davanti al suo team e questo lo mette in un forte stato di agitazione.
Semplice timidezza o disturbo d’ansia sociale?
Il disturbo d’ansia sociale è caratterizzato da un’intensa paura di situazioni sociali in cui la persona può essere sottoposta al giudizio o allo sguardo altrui. La persona teme di essere valutata negativamente, di essere giudicata ansiosa, debole, stupida, noioso o sgradevole.
Il disturbo d’ansia sociale è uno dei disturbi mentali più diffusi, con una prevalenza una tantum del 13% e una prevalenza a 12 mesi dell’8% tra gli adulti. Il disturbo ha un
esordio precoce (età media, 13 anni) ed è spesso cronico se non trattato. Le condizioni coesistenti comuni includono altri disturbi d’ansia, disturbo depressivo maggiore, disturbo da uso di sostanze e disturbo evitante di personalità. Il disturbo d’ansia sociale è associato a un aumentato rischio di disturbi depressivi, disturbi da uso di sostanze e malattie cardiovascolari. La condizione può anche avere effetti negativi sul decorso di altri disturbi mentali. Ad esempio, è associato a una maggiore probabilità di persistenza dell’abuso di sostanze e a un decorso più maligno della depressione, che include tendenze suicidarie, funzionamento alterato nei ruoli sociali (ad es. produttività sul lavoro e funzionamento alterato nelle relazioni sociali e romantiche) e una ridotta tendenza a cercare aiuto.
Purtroppo, solo un paziente su tre ricerca e riceve aiuto professionale per questo tipo di disturbo. Questo succede anche perché spesso il disturbo d’ansia sociale viene scambiato con la timidezza. La timidezza di per sé non è patologica. Solo una minoranza di persone che si identificano come timide soddisfano i criteri per il disturbo d’ansia sociale. Pertanto, è solo quando ci sono effetti avversi significativi in aree importanti del funzionamento (ad esempio, sociale o lavorativo) che dovrebbe essere presa in considerazione una diagnosi di disturbo d’ansia sociale.
Quali sono i sintomi del disturbo d’ansia sociale?
I sintomi del disturbo d’ansia sociale includono:
- Paura o ansia marcate legate a una o più situazioni sociali in cui è previsto il controllo da parte di altri. Gli esempi includono impegnarsi in interazioni sociali (ad es. conversare o incontrare persone sconosciute), essere osservati (ad es. quando si mangia o beve) e esibirsi di fronte ad altri (ad es. tenendo un discorso).
- Paura di agire in un modo che sarà valutato negativamente dagli altri (ad esempio, sarà umiliante o imbarazzante o sarò rifiutato dagli altri se arrossisco o mi sento in ansia).
- La paura o l’ansia sono quasi sempre provocate da situazioni sociali.
- Le situazioni sociali vengono evitate o sopportate con intensa paura o ansia.
- La paura o l’ansia sono sproporzionate rispetto alla reale minaccia rappresentata dalla situazione sociale e dal contesto socioculturale. Sono persistenti, in genere durano per 6 mesi o più. Causano disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti.
- Se la paura o l’ansia sono limitate al parlare o all’esibizione in pubblico, il disturbo d’ansia sociale dovrebbe essere specificato solo come ansia da prestazione (proprio come nel caso di Luca).
Perché alcune persone soffrono di disturbo d’ansia sociale?
Un modello teorico plausibile presuppone che i fattori genetici influenzino la vulnerabilità al disturbo d’ansia sociale, ma sono necessari fattori ambientali per il suo sviluppo. Questi fattori possono includere il condizionamento, l’apprendimento per osservazione e imitazione (ad esempio, l’apprendimento osservando un genitore) e lo stile genitoriale. Per quanto riguarda quest’ultimo, è stato riscontrato che se il genitore (soprattutto il papà) incoraggia nel gioco a sperimentare comportamenti rischiosi (in sicurezza, ovvio!) il rischio di soffrire di disturbo d’ansia sociale diminuisce. Inoltre, è stato riscontrato che il disturbo d’ansia sociale dei genitori è predittivo della paura e dell’evitamento nei bambini piccoli e dell’ipereccitazione autonomica nei bambini (un marker di vulnerabilità genetica ai disturbi d’ansia). Un altro fattore di rischio è l’inibizione comportamentale (vale a dire, eccessiva cautela quando si è esposti a nuove situazioni).
Come ho trattato questo caso di disturbo d’ansia sociale
Il disturbo d’ansia sociale può essere trattato con la psicoterapia, la farmacoterapia o entrambe. La scelta del trattamento dipende dalle preferenze del paziente e dal giudizio clinico. Per i pazienti che sono stati precedentemente trattati per il disturbo d’ansia sociale, un precedente una risposta positiva o negativa a un determinato approccio è utile per guidare le decisioni terapeutiche. Tra i pazienti per i quali la psicoterapia è troppo spaventosa (per essere stati esposti a una situazione temuta), la farmacoterapia può essere preferita inizialmente, almeno fino a quando l’ansia è stata ridotta e la psicoterapia diventa un’opzione più accettabile.
Sono disponibili diversi metodi di psicoterapia per il trattamento del disturbo d’ansia sociale. Per gli adulti che non possono o non vogliono recarsi nello studio dello psicoterapeuta, la psicoterapia online è una validissima alternativa. È stato infatti riportato che l’efficacia della psicoterapia online è simile alla psicoterapia faccia a faccia.
Nel caso di Luca, ho optato per una combinazione tra psicoterapia e farmacoterapia. La scelta è stata guidata dalle caratteristiche di malattia e dalle evidenze scientifiche in tema di trattamento. Nello specifico, il disturbo d’ansia sociale rappresenta un continuum di una serie di situazioni sociali temute. Tuttavia, esiste un sottotipo distinto di ansia sociale che si applica ai pazienti che hanno paure legate alle prestazioni che sono spesso legate alla loro vita professionale (ad es. fare un discorso o una presentazione in pubblico. In questi casi si parla di ansia da prestazione (è questo il caso di Luca). Le caratteristiche delle persone con questo sottotipo del disturbo sembrano essere qualitativamente diverse da quelle di altre persone con disturbo d’ansia sociale sotto diversi aspetti, inclusa una minore ereditarietà del disturbo, un esordio più tardivo, meno compromissione sociale, risposte psicofisiologiche più forti alle situazioni di performance e una risposta positiva al trattamento con farmaci beta-bloccanti. Con Luca e con lo psichiatra con il quale collaboro abbiamo deciso di ricorrere, per un breve periodo di tempo, all’utilizzo di un farmaco beta-bloccante per smorzare le risposte psicofisiologiche come rossore, sudorazione, tremori, ecc. Contemporaneamente, in psicoterapia abbiamo lavorato sul decentrarsi dalle sensazioni del proprio corpo per concentrarsi sul contenuto da esporre in pubblico.
Le evidenze scientifiche più recenti indicano che la farmacoterapia offre effetti più immediati mentre gli effetti della psicoterapia sono sì più lenti ma anche più duraturi.
Ho anche chiesto a Luca di videoregistrare il pubblico davanti al quale doveva presentare. Il suo timore infatti era che l’audience ridesse di lui o lo guardasse male. Rivedere i filmati ha nettamente smentito questa preoccupazione in Luca. Ma il punto centrale della terapia non è stato questo. Se fosse stato questo, Luca avrebbe continuato a vivere nella preoccupazione che, prima o poi, qualcuno avrebbe comunque potuto ridere di lui. E che non è ammissibile che qualcuno possa pensare male di lui. La vera svolta si è avuta quando a Luca è stato chiaro che il giudizio degli altri non definiva chi lui fosse. Un conto è la performance e un conto è la persona. Luca, poi, viveva con forte ambivalenza da un lato il desiderio di essere al centro dell’attenzione e, dall’altro, la paura di fare…bella figura, di essere una persona di successo. Luca temeva l’invidia delle altre persone più che il loro giudizio negativo!
La psicoterapia si è conclusa felicemente in soli 6 mesi, con incontri a cadenza di 20 giorni. Luca finalmente può ritornare alla sua vita con una libertà ritrovata e il sorriso sulle labbra.