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Perché non riesco a lasciare andare il passato?

Perché non riesco a lasciare andare il passato? Un tema che può mettere in crisi le coscienze, le relazioni, aprire vecchie ferite, accentuare sensi di colpa, dubbi e  incertezze è il pensare e ripensare a ciò che ti succede nella vita di ogni giorno.

Facciamo un esempio: hai appena iniziato a frequentare una persona. Ti piace molto, stai benissimo in sua compagnia ma poi torni a casa e inizi a far andare il criceto dei pensieri sulla ruota ossessiva del rimuginio.

Ma mi piace veramente? E se sto sbagliando? E se finirà, come sono finite anche le altre relazioni? E la lista delle paranoie potrebbe continuare all’infinito.

Qual è il primo passo da fare?

Molte persone credono che occorra esplorare continuamente la propria vita passata per afferrare l’esperienza presente.

Invece, porre ossessivamente l’attenzione sul passato rischia di non consentire agli eventi presenti di manifestarsi in tutta la loro pienezza.

Oggi si fa un gran parlare del qui e ora. Ma questo concetto viene frainteso quando crediamo che lo sguardo debba fermarsi al presente. In realtà occorre saper guardare avanti senza voltarsi indietro a ogni passo. È questo lo sguardo da mantenere: occhi sul presente, in vista del futuro.

Invece, spesso il passato o le nostre elucubrazioni mentali occupano gran parte dello spazio mentale. È un continuo rimuginare. Anziché essere liberi, ci ingabbiamo nel circolo vizioso che la nostra mente evoca e autoalimenta. Rimuginando e rimanendo concentrati e ripiegati su se stessi, si offusca la percezione della realtà. Infatti, quando pensiamo al passato, ciò che ci sta intorno e perfino le nostre percezioni e vissuti perdano di nitidezza e sullo schermo della nostra mente vengono messe a fuoco immagini di vecchi film, mentre la vita attuale, vera e reale, si sfuoca.

 

Come non pensare al passato? 

Se i pensieri rimangono ancorati a momenti passati che sono fatti rivivere al presente, possono sconvolgere la mente al punto che la persona non è più in grado di ragionare con logica.

Hai presente quando stai guidando la tua auto? Un conto è dare una sbirciatina allo specchietto retrovisore prima di un sorpasso, per consentirti di farlo in sicurezza, e un altro è guidare tutto il tempo fissando lo specchietto. Rischi l’incidente a ogni passo!

La stessa cosa funziona con il rimuginio: pensare e ripensare a ciò che ti succede non ti consente di andare avanti con chiarezza e sicurezza. Perdi la giusta prospettiva sugli eventi. E sai perché? Perché ti ci avvicini troppo. Hai mai provato a farlo con una fotografia? Quando ti ci avvicini troppo l’immagine si offusca, i tuoi occhi diventano sempre più incapaci di vedere nitidamente la scena. Ritrovare la giusta prospettiva significa allontanarsi (o allontanare la foto).

È vero, non si può cancellare deliberatamente qualcosa dalla memoria. Dimentichiamo molte cose che vorremmo ricordare ma ricordiamo molte cose che vorremmo dimenticare. Tuttavia, perché evocarle? Siamo noi a scegliere i pensieri e se la mente ci propone quelli che non ci fanno bene, possiamo sempre scegliere di non indugiare su di essi. Occorre saper non pensare in continuazione alle cose di ieri. E quando, inevitabilmente, tornano alla mente, non curarsene, trascurarle, e non coltivavarle rimuginando. È davvero venuto il momento di smettere di preoccuparci di quel che sta alle spalle, del passato. Quando si permette ai pensieri di indugiare sul passato, il presente è, inevitabilmente anche il futuro, appaiono offuscati. 

Due cose da fare subito

La prima: smettila di continuare a rovistare tra la spazzatura se davanti a te hai del cibo buono e fresco.

La seconda: basta identificarti col il passato, credere che tu sia quel modo d’agire e che non possa fare (o essere) altrimenti.

È tempo di liberarti dalla zavorra del passato e delle ossessioni. Fallo adesso. E la psicoterapia può darti una mano a ritrovare la giusta prospettiva sui tuoi pensieri e sugli eventi.

ossessioni e compulsioni

Come guarire dalle ossessioni e dalle compulsioni?

Il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) è una patologia psicologica che si caratterizza per la presenza di pensieri intrusivi e ricorrenti (ossessioni) e di comportamenti ripetitivi e ritualizzati (compulsioni). Le ossessioni sono pensieri, immagini o impulsi indesiderati e persistenti che causano ansia e disagio, mentre le compulsioni sono comportamenti o atti mentali ripetitivi che vengono messi in atto per ridurre l’ansia causata dalle ossessioni.

Le ossessioni possono riguardare diverse tematiche, come ad esempio la pulizia, la simmetria, il controllo, la sicurezza, la religione, la sessualità, la salute, la perfezione, la contaminazione, la responsabilità, la morte. Le compulsioni possono invece assumere forme diverse, come ad esempio la pulizia, il controllo, il conteggio, il ripetere frasi o gesti, il verificare ripetutamente, il raccogliere oggetti.

Il DOC colpisce circa il 2-3% della popolazione e si manifesta in modo diverso a seconda delle persone e delle situazioni. Le ossessioni e le compulsioni possono essere presenti contemporaneamente o in modo separato, e possono variare in intensità e frequenza nel corso del tempo. In alcuni casi, il disturbo può interferire significativamente con la vita quotidiana della persona, impedendole di svolgere le attività lavorative, sociali e familiari in modo adeguato.

Quali sono le cause del disturbo ossessivo-compulsivo?

Le cause del DOC non sono ancora del tutto conosciute, ma si ritiene che siano di natura biologica, psicologica e ambientale. Alcuni studi hanno suggerito la presenza di un disordine neurochimico a livello cerebrale, con una disfunzione dei circuiti cerebrali implicati nella regolazione dell’ansia e del controllo degli impulsi. Inoltre, il DOC sembra avere una componente genetica, con un maggiore rischio di sviluppare il disturbo in presenza di familiarità.

Ecco alcuni fattori che potrebbero contribuire allo sviluppo del DOC:

  1. Fattori biologici: Sembra che il DOC sia influenzato dalla genetica e dalla neurobiologia. Studi hanno dimostrato che ci può essere un maggiore rischio di sviluppare il disturbo in presenza di familiarità. Inoltre, alcune anomalie neurobiologiche, come ad esempio un disordine neurochimico a livello cerebrale e una disfunzione dei circuiti cerebrali implicati nella regolazione dell’ansia e del controllo degli impulsi, possono contribuire allo sviluppo del DOC.
  2. Fattori psicologici: Alcuni esperti ritengono che il DOC sia causato da un’interazione complessa di fattori psicologici, come ad esempio traumi infantili, ansia, stress, bassa autostima, problemi di relazione e pensiero distorto. Inoltre, alcune teorie suggeriscono che il DOC potrebbe essere causato da un conflitto tra l’impulso e la rimozione dell’impulso.
  3. Fattori ambientali: Alcuni fattori ambientali, come ad esempio eventi stressanti nella vita, possono aumentare il rischio di sviluppare il DOC. Inoltre, l’apprendimento di comportamenti compulsivi da parte di figure di riferimento o il mantenimento di comportamenti compulsivi a causa di rinforzi ambientali possono influenzare lo sviluppo del DOC.

È importante sottolineare che questi fattori possono interagire in modo complesso e che la causa esatta del DOC può variare da persona a persona. Inoltre, lo sviluppo del disturbo può essere influenzato da molteplici fattori, non solo da uno. È importante che le persone che sospettano di avere il DOC cercano il supporto di un professionista qualificato per una diagnosi accurata e un trattamento adeguato.

Quali sono le ossessioni più comuni?

Le ossessioni sono pensieri, immagini o impulsi indesiderati, ricorrenti e persistenti che causano ansia e disagio. Le ossessioni più comuni nel disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) includono:

  1. Paura di contaminazione: questo tipo di ossessione comporta la paura di contrarre malattie o di contaminarsi attraverso il contatto con oggetti o persone.
  2. Pensieri violenti o sessuali: queste ossessioni coinvolgono pensieri o immagini violente o sessuali che causano disagio e ansia.
  3. Necessità di simmetria o precisione: questa ossessione riguarda la necessità di avere simmetria, ordine e precisione in tutto ciò che si fa, come ad esempio l’allineamento perfetto degli oggetti.
  4. Timore di causare danno: questa ossessione riguarda la paura di causare danno a se stessi o agli altri, anche involontariamente.
  5. Necessità di verificare: questa ossessione comporta la necessità di controllare e verificare ripetutamente cose come le porte o gli elettrodomestici, per assicurarsi che siano chiusi o spenti.
  6. Pensieri religiosi o spirituali: queste ossessioni riguardano la preoccupazione per questioni religiose o spirituali, come ad esempio la paura di peccare o la preoccupazione per la propria salvezza.
  7. Paura di perdere il controllo: questa ossessione comporta la paura di perdere il controllo su di sé, sulla propria mente o sul proprio comportamento.
  8. Necessità di accumulare: questa ossessione riguarda la necessità di accumulare oggetti, anche quelli inutili o dannosi, per paura di perderli o di sentirsi inadeguati senza di essi.

Queste sono solo alcune delle ossessioni più comuni nel DOC. È importante sottolineare che ogni persona con il DOC può sperimentare ossessioni diverse e che il trattamento deve essere personalizzato per adattarsi alle esigenze individuali.

Quali sono le compulsioni più comuni?

Le compulsioni sono comportamenti o rituali ripetitivi che vengono eseguiti per alleviare l’ansia causata dalle ossessioni. Le compulsioni più comuni nel disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) includono:

  1. Pulizia e lavaggio: questa compulsione comporta il lavaggio ripetuto delle mani o del corpo, o la pulizia ripetuta di oggetti o superfici, per eliminare la paura di contaminazione.
  2. Controllo e verifica: questa compulsione riguarda la necessità di controllare e verificare ripetutamente le cose come le porte o gli elettrodomestici, per assicurarsi che siano chiusi o spenti.
  3. Conteggio e organizzazione: questa compulsione comporta il conteggio ripetuto di oggetti o il bisogno di organizzare le cose in un modo specifico.
  4. Ripetizione di frasi o pensieri: questa compulsione riguarda la ripetizione ripetuta di frasi o pensieri, per esempio per evitare che accada qualcosa di negativo.
  5. Evitamento: questa compulsione comporta l’evitamento di situazioni che possono scatenare le ossessioni o le compulsioni, come ad esempio evitare di toccare oggetti che si pensa possano essere contaminati.
  6. Ripetizione di azioni: questa compulsione riguarda la necessità di eseguire azioni ripetutamente, come ad esempio chiudere e riaprire la porta più volte prima di uscire.
  7. Preghiera o rituali religiosi: questa compulsione riguarda l’esecuzione di preghiere o rituali religiosi ripetitivi, per esempio per evitare di peccare.
  8. Raccolta o accumulo: questa compulsione comporta l’accumulo di oggetti, anche quelli inutili o dannosi, per paura di perderli o di sentirsi inadeguati senza di essi.

Queste sono solo alcune delle compulsioni più comuni nel DOC. È importante sottolineare che ogni persona con il DOC può sperimentare compulsioni diverse e che il trattamento deve essere personalizzato per adattarsi alle esigenze individuali.

Come si cura il disturbo ossessivo-compulsivo?

Il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) è un disturbo che può essere trattato efficacemente con una combinazione di psicoterapia e farmaci.

  1. Psicoterapia: la psicoterapia è molto efficace per il trattamento del DOC. La psicoterapia solitamente si concentra sulla terapia espositiva e sulla prevenzione della risposta. Questo tipo di terapia coinvolge l’esposizione graduale alla fonte di ansia del paziente (es. lavarsi le mani) e l’apprendimento di nuove strategie di fronte alle ossessioni e alle compulsioni (es. tecniche di rilassamento o di distrazione). La psicoterapia per il DOC può anche includere la terapia cognitiva, che si concentra sulla modifica dei pensieri e delle credenze distorte del paziente riguardo alle sue ossessioni e compulsioni e sui significati delle ossessioni e compulsioni per ogni persona.
  2. Farmaci: I farmaci utilizzati per il trattamento del DOC sono gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) e gli inibitori della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina (SNRI). Questi farmaci aiutano a regolare i livelli di serotonina nel cervello, che può aiutare a ridurre le ossessioni e le compulsioni. Gli SSRI e gli SNRI possono richiedere alcune settimane per diventare efficaci e possono avere effetti collaterali, quindi è importante lavorare con un medico per determinare la dose giusta e il regime di trattamento.
  3. Altri interventi: Alcuni pazienti possono beneficiare di altre terapie, come ad esempio la terapia di gruppo o la terapia familiare. Inoltre, alcune terapie complementari, come la meditazione e lo yoga, possono aiutare a ridurre l’ansia e migliorare il benessere generale.

È importante sottolineare che il trattamento del DOC deve essere personalizzato e adattato alle esigenze individuali del paziente. Una combinazione di psicoterapia e farmaci è spesso la migliore strategia di trattamento, ma è importante lavorare con un professionista qualificato per sviluppare un piano di trattamento che funzioni per il paziente.

accumulo hoarding

Perché non riesco a buttare via niente?

L’accumulo compulsivo. Perché non riesco a buttare via niente?

Accumulare oggetti e non riuscire a liberarsene quando sono inutili o privi di valore può essere un importante disturbo psicologico. Quali sono i sintomi, le cause e i trattamenti della disposofobia?

Che cosa si intende per disposofobia?

Il disturbo da accumulo accomuna tutte le situazioni in cui la persona raccoglie compulsivamente oggetti di cui non riesce a liberarsi. L’impossibilità di disfarsi di cose inutili e prive di valore economico o affettivo si verifica nonostante l’accumulo limiti l’uso e la funzionalità degli spazi domestici. Questo disturbo è anche chiamato disposofobia o, in inglese, hoarding disorder.
Si tratta di una problematica ereditaria e circa il 50% degli individui che soffrono di accumulo hanno dei familiari che presentano lo stesso comportamento disfunzionale.

A che età si inizia a soffrire di disposofobia?

Il disturbo esordisce in genere nella prima età adulta, talvolta anche in adolescenza. Con il trascorrere del tempo, il disturbo tende a peggiorare rendendo scadente la qualità di vita della persona. La disposofobia, infatti, tende a cronicizzarsi. Nella stragrande maggioranza dei casi, la disposofobia si associa alla compromissione della vita lavorativa, riducendo le possibilità di cura di sé. Ciò avviene soprattutto nelle condizioni in cui chi soffre di accumulo compulsivo non ha consapevolezza di malattia. La persona, cioè, non ritiene di avere un problema psicologico.
Non è raro, poi, che la disposofobia si associ a problematiche di salute che, spesso, dipendono dalle pessime condizioni abitative.

La casa e gli animali domestici

L’accumulo di oggetti negli spazi domestici limita le possibilità di movimento all’interno della casa e può compromettere attività quali cucinare, occuparsi dell’igiene personale e dormire. Particolarmente difficile è la pulizia e la manutenzione di spazi e arredi, causa di frequenti problemi igienico-sanitari.
Ciò è particolarmente probabile nelle situazioni in cui l’accumulo riguarda animali domestici, caso che rappresenta una manifestazione particolare del disturbo. Non sono pochi, infatti, gli accumulatori di animali, spesso segnalati alle autorità per maltrattamento. L’accumulo di animali si accompagna in genere a un loro accudimento carente dal punto di vista alimentare o veterinario. Inoltre, la presenza di molti animali in spazi limitati peggiora le condizioni ambientali a causa di rumori molesti o cattivi odori. Sono soprattutto le condizioni estreme di questo genere ad alimentare tensione e conflitti con familiari e vicini e non è rara l’attivazione delle autorità e dei servizi sociali.

Quando è possibile diagnosticare la disposofobia?

Il DSM 5 (2013) ha inserito la disposofobia all’interno della categoria delle problematiche correlate al disturbo ossessivo-compulsivo.
Al fine di poter diagnosticare il disturbo da accumulo, secondo il manuale, devono essere soddisfatti alcuni criteri.
Deve intanto essere rilevata una persistente difficoltà a buttare o a separarsi dai propri beni, a prescindere dal valore che essi hanno. La difficoltà a gettare gli oggetti è dettata dal disagio associato a disfarsene ed alla percezione di un bisogno di custodirli. La difficoltà nel disfarsi dei beni superflui, inoltre, congestiona gli spazi vitali della persona. Ciò rende difficile una corretta fruizione degli ambienti che, spesso, tornano ad essere agibili solo attraverso l’intervento di altri soggetti. L’accumulo causa disagio clinicamente significativo o compromette il funzionamento socio-lavorativo della persona. Infine, il DSM raccomanda anche di escludere possibili cause alternative capaci di giustificare i comportamenti da accumulo. Un comportamento disfunzionale di questo genere, infatti, potrebbe essere dovuto a un altro disturbo mentale o a problematiche mediche. Tra queste ultime, per esempio, la disposofobia potrebbe essere spiegata anche con un trauma cranico o un disturbo cerebrovascolare.

Quali interventi per la disposofobia?

L´accumulo compulsivo può comportare un livello di disagio significativo alla persona che ne soffre. In genere, chi sperimenta malessere rispetto all’accumulo e lo riconosce come un problema ha maggiori probabilità di rivolgersi a un professionista della salute mentale.
Questa è una eventualità rara per chi, invece, non ritiene che il comportamento di accumulo sia problematico o rappresenti un indicatore di un disturbo mentale. In queste situazioni si può arrivare all’attenzione del clinico perché costretti dai servizi o da familiari e amici. Nel primo caso, le autorità possono attivarsi perché i comportamenti di accumulo possono causare problemi igienici e di sicurezza per sé e per gli altri. Nel secondo, familiari ed amici di persone con disposofobia possono sperimentare disagio e conflittualità che li spingono a porre un aut-aut ai propri cari.
Laddove non ci sia consapevolezza di malattia, quindi, è importante aiutare la persona a rendersi conto di avere un problema. Si tratta di una operazione non semplice, ma occuparsi dell’accumulo quando comincia a manifestarsi, massimizza le possibilità di risolverlo in maniera efficace. Simili informazioni dovrebbero essere fornite alla persona con problema di accumulo compulsivo al fine di convincerla a richiedere un aiuto specialistico.

La psicoterapia per la disposofobia

Un intervento di psicoterapia può essere importante per scongiurare conseguenze negative sulla propria salute e problemi con la propria rete di vicinato o la giustizia. A monte, la psicoterapia è fondamentale per recuperare una buona qualità della vita, anche considerando che la disposofobia si accompagna spesso ad altre problematiche psicologiche.
Circa il 75% delle persone con comportamenti da accumulo patologico presenta anche un disturbo d’ansia o depressivo. Circa il 20% manifesta i sintomi di un disturbo ossessivo-compulsivo. In molti casi, poi, i pazienti che soffrono di disposofobia hanno riferito di aver vissuto esperienze traumatiche prima dell’esordio del problema di accumulo. Nel complesso, si tratta di condizioni psicopatologiche che richiedono una adeguata presa in carico, talvolta anche di natura farmacologica.

La luce in fondo al tunnel

Per tutti questi motivi, rivolgersi a uno psicoterapeuta rappresenta il primo passo da compiere al fine di risolvere le problematiche di accumulo patologico. Anche laddove la persona che soffre di disposofobia preferisca non rivolgersi a un professionista della salute mentale, amici o familiari potrebbero valutare l’opzione di farlo per se stessi. Attraverso il confronto professionale con un esperto, infatti, si potranno ottenere informazioni sul disturbo da accumulo. Si tratta di un primo passo per migliorare la qualità delle relazioni con la persona che soffre di disposofobia e diminuire il conflitto. Con lo psicologo, inoltre, potranno essere vagliate le migliori strategie per rendere consapevole di malattia la persona che non riconosce di avere un problema con l’accumulo.

Riferimenti bibliografici
American Psychiatric Association (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.). Arlington, VA: American Psychiatric Publishing.
Frost, R. O., & Steketee, G. (2012). Tengo tutto: perché non si riesce a buttare via niente. Edizioni Erickson.