Tag Archivio per: covid

Covid e bambini

Gli effetti della pandemia su bambini e adolescenti

A distanza di un anno dall’inizio della pandemia da Covid-19 il problema della salute mentale di bambini ed adolescenti sta diventando sempre più urgente. Come riconoscere il loro disagio e quali strategie adottare per aiutarli?

Quali sono gli effetti del Covid-19 sulla salute di bambini e adolescenti?

Sin dall’inizio della pandemia da Covid-19 è stato immediatamente chiaro che il virus ha colpito l’età pediatrica in maniera meno grave rispetto a quella adulta.
È quanto viene affermato dal presidente della Società Italiana di Pediatria (SIP), Alberto Villani, che ha fornito alcuni dati sui contagi di bambini e adolescenti. In una recente intervista, ha riferito che, dall’inizio della pandemia, i casi diagnosticati nella fascia 0-9 anni sono stati il 3,6%. Percentuale che sale all’8,6% per la fascia 10-19 anni.
Come è noto, infatti, il Covid-19 non si manifesta con sintomi severi nel range delle età più giovani. Nonostante ciò, però, la pandemia sta facendo registrare numerosi effetti indiretti sulla salute dei più giovani.
Tra questi, cresce la preoccupazione degli esperti per le conseguenze psicologiche a breve e lungo termine della pandemia.

Qual è l’impatto psicologico della pandemia in bambini e adolescenti?

La pandemia da Covid-19 ha cambiato bruscamente le nostre abitudini quotidiane, sconvolgendo il nostro modo abituale di vivere. Ciò è stato vero soprattutto per bambini e adolescenti che, per tutto il primo lockdown, hanno dovuto sospendere le lezioni in presenza.In questo modo, è venuta meno la routine fondamentale dei minori in età scolastica, con la scuola che non è solo apprendimento, ma anche socializzazione. La sospensione delle lezioni e l’interdizione delle altre attività sportive e aggregative, in effetti, ha scombussolato il programma quotidiano.Senza un calendario di attività e la scansione della giornata in momenti ben definiti, bambini ed adolescenti hanno dovuto reiventare il loro tempo.

Nuove condizioni di vita

Le criticità della didattica a distanza e le difficoltà connesse allo smart working dei genitori hanno reso ancora più difficili queste nuove condizioni di vita. Molti bambini hanno dovuto condividere con fratelli e genitori spazi domestici non sempre adeguati e dispositivi elettronici. Non avere giornate così strutturate, poi, ha lasciato molto più tempo a disposizione per il gioco elettronico e la navigazione in genere. Per questo motivo, se stanno aumentando le richieste di presa in carico psicologica dei minori. Molte richieste sono legate a problemi di dipendenza da dispositivi elettronici.
Si tratta di un problema non nuovo per queste fasce di età, ma la pandemia ha sicuramente aggravato alcune situazioni già critiche.

Quali sono i campanelli di allarme?

È ancora la SIP a mettere in guardia nei confronti di un uso non controllato dei dispositivi elettronici, sottolineando le conseguenze negative degli eccessi. In tal senso, viene consigliato ai genitori di attenzionare alcuni indicatori di malessere. Tra i campanelli di allarme: tristezza o rabbia eccessive durante il gioco, tendenza a dedicare molto tempo a queste attività, irritabilità quando non è possibile giocare. Ai genitori che riscontrassero simili problematiche, viene raccomandato di rivolgersi a degli specialisti, mentre sul piano educativo il consiglio è di porre dei limiti chiari.
Il problema di uno scorretto e dannoso utilizzo dei dispositivi elettronici, comunque, non è l’unico riscontrato da genitori e professionisti.

Alcune evidenze scientifiche

Una ricerca italo-spagnola recente (Orgiles et al., 2020) ha messo in evidenza come i genitori abbiano rilevato ulteriori indicatori di malessere. L’85% delle famiglie intervistate, infatti, ha riscontrato nei figli noia, irritabilità, difficoltà di concentrazione, ansia, senso di solitudine. Meno frequenti, disturbi del sonno, perdita di alcune competenze acquisite prima del lockdown, comportamenti aggressivi, paure prima assenti.
Un altro problema che sembra assumere un carattere di allarme, infine, è rappresentato dai disturbi dell’alimentazione. L’IRCCS Ospedale San Raffaele Turro parla di un esordio dell’anoressia più precoce e di un raddoppio delle prime visite per il trattamento dei disturbi alimentari.
Anche in questo caso gli specialisti consigliano di prestare attenzione agli indicatori precoci di disagio. Tra questi, una diversa attenzione al cibo, con l’eliminazione dei più grassi e una riduzione della gamma di alimenti consumati. Inoltre, possono esserci un’eccessiva attenzione nei confronti del corpo e dell’aspetto fisico e a un atteggiamento di particolare silenzio e concentrazione ai pasti.


Cosa c’è all’origine di queste diverse forme di disagio?

Accanto alla perdita delle routine essenziali, laddove si fatica a parlare del Covid, i più piccoli possono avvertire forte ansia e l’incertezza legata alla malattia. C’è infatti una sintonizzazione con gli stati emotivi dei caregivers ed il silenzio risulta spesso inspiegabile per il bambino con i non detti che possono essere destabilizzanti. In questi casi, possono osservarsi ansia, disattenzione, paura per la salute di genitori e nonni, irritabilità, eccessivo attaccamento.
Non bisogna dimenticare, infine, il ruolo dell’isolamento. Conosciamo noi stessi e la nostra realtà attraverso il corpo e le relazioni interpersonali sono essenziali per il normale sviluppo.
Per questo, essere deprivati sul piano relazionale può essere associato a problemi psicologici molto seri. Vale nei confronti dei pari e, a maggior ragione, per le figure di attaccamento. Vivere separazioni forzose dai propri genitori o da altre persone importanti può causare ansia, attacchi di panico, depressione.

Cosa fare se notate dei segnali di disagio nei vostri figli?

In caso di disagio è molto importante intervenire tempestivamente, soprattutto quando si tratta di bambini e adolescenti.
È per questo motivo che psicologi, neuropsichiatri e pediatri consigliano ai genitori di prestare attenzione ad eventuali cambiamenti nel comportamento. In questi casi, un aiuto professionale tempestivo diventa fondamentale per una corretta presa in carico di bambini e adolescenti. Un intervento competente, infatti, può evitare la cronicizzazione di disturbi altrimenti destinati a peggiorare nel tempo e nel corso della crescita.
Anche i genitori, del resto, possono chiedere aiuto per sé, soprattutto se si sentono sopraffatti dallo stress di questo periodo e se vogliono migliorare le proprie competenze genitoriali. Interventi di questo genere, infatti, sono importanti per sviluppare la sensibilità e le capacità necessarie per poter offrire una base sicura ai più piccoli.
Non è da tralasciare, poi, che l’intervento psicologico può supportare i genitori nell’apprendimento di strategie di comunicazione adeguate all’età dei più piccoli.

Riferimenti bibliografici
Orgilés, M., Morales, A., Delvecchio, E., Mazzeschi, C., & Espada, J. P. (2020). Immediate psychological effects of the COVID-19 quarantine in youth from Italy and Spain. Frontiers in psychology, 11, 2986.
https://www.hsr.it/news/2021/marzo/disturbi-comportamento-alimentare-adolescenti-2021
Covid, ecco gli effetti indiretti sui bambini – Società Italiana di Pediatria (sip.it)

pandemic fatigue

Cos´è la pandemic fatigue?

Alzi la mano chi non ha sperimentato tristezza, stanchezza, angoscia in questi lunghi mesi di pandemia. Niente panico. In tempi di Covid-19 e lockdown queste emozioni e vissuti possono essere ritenuti normali. Ciò che forse non ci si aspetta, invece, è che lo stress possa ridurre la nostra capacità di proteggerci dal contagio. Che cosa si intende per pandemic fatigue? E quali sono gli effetti sui comportamenti di protezione dal virus?

Soffri di ansia? Clicca qui e scarica gratuitamente il mio e-book

Da ormai un anno la popolazione mondiale è esposta ad una forma di stress cronico che si sta accompagnando a fatica, tristezza, ansia. Come si può leggere in un recente documento redatto dall’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS), la pandemic fatigue è una sindrome che può assumere forme diverse. Si tratta, cioè, di una costellazione di sintomi che possono variare nel tempo. Non solo. I sintomi possono variare ed essere diversi da persona a persona.

Quali sono i sintomi della pandemic fatigue?

Tra i sintomi più diffusi, vi sono un generale aumento della tensione e dello stress percepito. Frequenti pensieri e vissuti di carattere depressivo. E ancora, irritabilità, ansia, panico, insonnia e alterazioni dell’appetito. Si tratta di reazioni che possono essere ritenute normali in una condizione estremamente anomala e di incertezza quale è quella pandemica. In un certo numero di situazioni, però, questi indicatori di malessere hanno raggiunto un livello di significatività clinica, raccomandando attenzione clinica professionale.
In altri termini, se è normale sentirsi tristi, nervosi o stressati nel corso di una pandemia, non dovrebbero essere trascurate le forme di disagio che sentiamo di non poter più gestire da soli.

Chi è più a rischio?

Sono state sicuramente più colpite dalla pandemic fatigue le persone che hanno perso familiari e amici a causa del Covid-19. Ma anche chi ha perso il lavoro o ha visto tracollare la propria situazione economica. E ancora i soggetti vulnerabili per condizioni di vita o di salute. E infine chi sofferto in passato di forme di disagio psicologico. A queste categorie devono senza dubbio aggiungersi i professionisti che hanno gestito l’emergenza sanitaria.

Esposti a una pressione lavorativa imponente, si sono confrontati ogni giorno con la morte di pazienti e colleghi, spesso non sentendosi in condizione di poter fornire risposte assistenziali adeguate e temendo per la loro stessa vita. Del resto, la pandemia ha sollecitato un diffuso stress lavoro-correlato anche in altri professionisti. Tutti si sono dovuti abituare a modalità di lavoro differenti e si sente sempre più spesso parlare di techno-stress: la didattica a distanza ed il telelavoro hanno spesso peggiorato una situazione di tensione ed affaticamento generalizzati.

La pandemic fatigue influisce sul nostro modo di prevenire il contagio?

La pandemic fatigue, però, non ha un impatto solo sul nostro benessere psicologico, ma anche sui nostri comportamenti. In effetti, l’OMS si è interrogata su un aspetto molto specifico dello stress da Covid-19. E cioè quello della relazione con i comportamenti di protezione dal rischio di contagio. Essere esposti a uno stress durevole nel tempo, può demotivare le persone, con la stanchezza mentale che può avere la meglio sui comportamenti di prevenzione.
Questo diverso atteggiamento nei confronti della protezione dal contagio dipende in larga parte dalle nostre percezioni del rischio. Dopo diversi mesi di pandemia, per esempio, è come se ci fossimo abituati a convivere con il virus, ritenendolo meno pericoloso. In realtà, come dimostrato dal verificarsi della nuova ondata di contagi dopo l’estate, il virus non ha perso la sua pericolosità e l’impennata si è placata solo grazie a un nuovo lockdown.

La percezione del pericolo

Il verificarsi di nuove restrizioni e chiusure, però, ha favorito la diffusione di una percezione per cui il peso delle limitazioni imposte alla vita privata non risulta più commisurato ai benefici ottenuti nella lotta al virus. Nel complesso, si tratta di processi che possono rendere le persone meno accorte nel prevenire i contagi, un fenomeno che può essere amplificato anche dal parallelo bisogno di autodeterminarsi e sentirsi liberi.
Si tratta di una reazione nota a chi lavora, per esempio, negli ospedali o nelle residenze sanitarie. Molto spesso, la necessità di sottoporsi a cure e trattamenti determina una reazione che spinge a sottrarsi a cure e trattamenti anche attraverso forme di aggressività e protesta.
Pur nelle rispettive diversità, è quanto sta avvenendo anche rispetto ai fenomeni di coprifuoco, lockdown e limitazione della relazionalità.

Cosa fare se si soffre di pandemic fatigue?

Entrare in contatto con le proprie emozioni è un primo passo verso una maggiore consapevolezza e la costruzione di una migliore condizione di benessere. In questa direzione, può essere molto importante anche condividere le proprie emozioni e i pensieri sulla condizione di pandemia poiché la condivisione ha l’effetto immediato di farci uscire da una condizione di isolamento e solitudine che sono parte del problema.
Molto spesso, quando ci chiudiamo in noi stessi, ci priviamo della possibilità di rispecchiarci nell’altro, di comprendere che non siamo da soli nelle difficoltà, di osservare i problemi da un’altra prospettiva e di sviluppare strategie nuove e più funzionali.

È quanto possiamo sperimentare nell’ambito di un aiuto professionale.

Laddove diventasse difficile gestire sentimenti depressivi o un’ansia eccessiva ci si dovrebbe rivolgere a un professionista che, anche attraverso un colloquio online, possa indirizzarci verso la presa in carico più efficace. Occuparsi della propria salute mentale è infatti molto importante nel momento di crisi che stiamo vivendo. A maggior ragione perché le restrizioni hanno limitato le possibilità di ricevere supporto dalle nostre reti informali. Del resto, non bisogna dimenticare che la salute del nostro sistema immunitario dipende anche dal nostro benessere psicologico. Se ci sentiamo bene siamo anche più protetti dalle infezioni e dalle altre malattie.

Riferimenti bibliografici
World Health Organization (2020). Pandemic fatigue. Reinvigorating public to prevent COVID-19. Consultato su WHO-EURO-2020-1160-40906-55390-eng.pdf (dors.it)