accumulo hoarding

Perché non riesco a buttare via niente?

L’accumulo compulsivo. Perché non riesco a buttare via niente?

Accumulare oggetti e non riuscire a liberarsene quando sono inutili o privi di valore può essere un importante disturbo psicologico. Quali sono i sintomi, le cause e i trattamenti della disposofobia?

Che cosa si intende per disposofobia?

Il disturbo da accumulo accomuna tutte le situazioni in cui la persona raccoglie compulsivamente oggetti di cui non riesce a liberarsi. L’impossibilità di disfarsi di cose inutili e prive di valore economico o affettivo si verifica nonostante l’accumulo limiti l’uso e la funzionalità degli spazi domestici. Questo disturbo è anche chiamato disposofobia o, in inglese, hoarding disorder.
Si tratta di una problematica ereditaria e circa il 50% degli individui che soffrono di accumulo hanno dei familiari che presentano lo stesso comportamento disfunzionale.

A che età si inizia a soffrire di disposofobia?

Il disturbo esordisce in genere nella prima età adulta, talvolta anche in adolescenza. Con il trascorrere del tempo, il disturbo tende a peggiorare rendendo scadente la qualità di vita della persona. La disposofobia, infatti, tende a cronicizzarsi. Nella stragrande maggioranza dei casi, la disposofobia si associa alla compromissione della vita lavorativa, riducendo le possibilità di cura di sé. Ciò avviene soprattutto nelle condizioni in cui chi soffre di accumulo compulsivo non ha consapevolezza di malattia. La persona, cioè, non ritiene di avere un problema psicologico.
Non è raro, poi, che la disposofobia si associ a problematiche di salute che, spesso, dipendono dalle pessime condizioni abitative.

La casa e gli animali domestici

L’accumulo di oggetti negli spazi domestici limita le possibilità di movimento all’interno della casa e può compromettere attività quali cucinare, occuparsi dell’igiene personale e dormire. Particolarmente difficile è la pulizia e la manutenzione di spazi e arredi, causa di frequenti problemi igienico-sanitari.
Ciò è particolarmente probabile nelle situazioni in cui l’accumulo riguarda animali domestici, caso che rappresenta una manifestazione particolare del disturbo. Non sono pochi, infatti, gli accumulatori di animali, spesso segnalati alle autorità per maltrattamento. L’accumulo di animali si accompagna in genere a un loro accudimento carente dal punto di vista alimentare o veterinario. Inoltre, la presenza di molti animali in spazi limitati peggiora le condizioni ambientali a causa di rumori molesti o cattivi odori. Sono soprattutto le condizioni estreme di questo genere ad alimentare tensione e conflitti con familiari e vicini e non è rara l’attivazione delle autorità e dei servizi sociali.

Quando è possibile diagnosticare la disposofobia?

Il DSM 5 (2013) ha inserito la disposofobia all’interno della categoria delle problematiche correlate al disturbo ossessivo-compulsivo.
Al fine di poter diagnosticare il disturbo da accumulo, secondo il manuale, devono essere soddisfatti alcuni criteri.
Deve intanto essere rilevata una persistente difficoltà a buttare o a separarsi dai propri beni, a prescindere dal valore che essi hanno. La difficoltà a gettare gli oggetti è dettata dal disagio associato a disfarsene ed alla percezione di un bisogno di custodirli. La difficoltà nel disfarsi dei beni superflui, inoltre, congestiona gli spazi vitali della persona. Ciò rende difficile una corretta fruizione degli ambienti che, spesso, tornano ad essere agibili solo attraverso l’intervento di altri soggetti. L’accumulo causa disagio clinicamente significativo o compromette il funzionamento socio-lavorativo della persona. Infine, il DSM raccomanda anche di escludere possibili cause alternative capaci di giustificare i comportamenti da accumulo. Un comportamento disfunzionale di questo genere, infatti, potrebbe essere dovuto a un altro disturbo mentale o a problematiche mediche. Tra queste ultime, per esempio, la disposofobia potrebbe essere spiegata anche con un trauma cranico o un disturbo cerebrovascolare.

Quali interventi per la disposofobia?

L´accumulo compulsivo può comportare un livello di disagio significativo alla persona che ne soffre. In genere, chi sperimenta malessere rispetto all’accumulo e lo riconosce come un problema ha maggiori probabilità di rivolgersi a un professionista della salute mentale.
Questa è una eventualità rara per chi, invece, non ritiene che il comportamento di accumulo sia problematico o rappresenti un indicatore di un disturbo mentale. In queste situazioni si può arrivare all’attenzione del clinico perché costretti dai servizi o da familiari e amici. Nel primo caso, le autorità possono attivarsi perché i comportamenti di accumulo possono causare problemi igienici e di sicurezza per sé e per gli altri. Nel secondo, familiari ed amici di persone con disposofobia possono sperimentare disagio e conflittualità che li spingono a porre un aut-aut ai propri cari.
Laddove non ci sia consapevolezza di malattia, quindi, è importante aiutare la persona a rendersi conto di avere un problema. Si tratta di una operazione non semplice, ma occuparsi dell’accumulo quando comincia a manifestarsi, massimizza le possibilità di risolverlo in maniera efficace. Simili informazioni dovrebbero essere fornite alla persona con problema di accumulo compulsivo al fine di convincerla a richiedere un aiuto specialistico.

La psicoterapia per la disposofobia

Un intervento di psicoterapia può essere importante per scongiurare conseguenze negative sulla propria salute e problemi con la propria rete di vicinato o la giustizia. A monte, la psicoterapia è fondamentale per recuperare una buona qualità della vita, anche considerando che la disposofobia si accompagna spesso ad altre problematiche psicologiche.
Circa il 75% delle persone con comportamenti da accumulo patologico presenta anche un disturbo d’ansia o depressivo. Circa il 20% manifesta i sintomi di un disturbo ossessivo-compulsivo. In molti casi, poi, i pazienti che soffrono di disposofobia hanno riferito di aver vissuto esperienze traumatiche prima dell’esordio del problema di accumulo. Nel complesso, si tratta di condizioni psicopatologiche che richiedono una adeguata presa in carico, talvolta anche di natura farmacologica.

La luce in fondo al tunnel

Per tutti questi motivi, rivolgersi a uno psicoterapeuta rappresenta il primo passo da compiere al fine di risolvere le problematiche di accumulo patologico. Anche laddove la persona che soffre di disposofobia preferisca non rivolgersi a un professionista della salute mentale, amici o familiari potrebbero valutare l’opzione di farlo per se stessi. Attraverso il confronto professionale con un esperto, infatti, si potranno ottenere informazioni sul disturbo da accumulo. Si tratta di un primo passo per migliorare la qualità delle relazioni con la persona che soffre di disposofobia e diminuire il conflitto. Con lo psicologo, inoltre, potranno essere vagliate le migliori strategie per rendere consapevole di malattia la persona che non riconosce di avere un problema con l’accumulo.

Riferimenti bibliografici
American Psychiatric Association (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.). Arlington, VA: American Psychiatric Publishing.
Frost, R. O., & Steketee, G. (2012). Tengo tutto: perché non si riesce a buttare via niente. Edizioni Erickson.