anoressia

Vite sottili: cause, sintomi e trattamenti dell’anoressia

L’anoressia è probabilmente il più noto tra i disturbi alimentari. Come si manifesta e come trattarla?

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Che cosa si intende per anoressia?

L’anoressia nervosa è uno dei disturbi alimentari più conosciuti. Si caratterizza per la paura profonda di ingrassare, timore che suscita l’adozione di comportamenti finalizzati alla perdita di peso. Le persone anoressiche, per esempio, possono ridurre l’apporto calorico limitando l’ingestione di cibo o provocandosi il vomito dopo aver consumato i pasti. In aggiunta, in alcuni casi, possono ulteriormente ridurre l’assunzione di calorie attraverso l’attività sportiva intensa. In altri casi, ancora, possono assumere lassativi, diuretici o farmaci anoressizzanti, come, per esempio le amfetamine, che hanno come effetto quello di ridurre il senso della fame.

È vero che chi soffre di anoressia non ha mai fame?

In effetti, diversamente da quanto lascerebbe immaginare l’etimologia del termine “anoressia” (dal greco an- “senza” e oréksis “appetito”) difficilmente le persone che soffrono di questo disturbo esperiscono una diminuzione dell’appetito. Lo stimolo della fame, anzi, può aumentare per il protrarsi della deprivazione di cibo. Ma è proprio il costante sentirsi affamati che fornisce alla persona con anoressia la cornice di riferimento entro la quale riesce a sentirsi, forte, potente e in controllo, in una battaglia costante contro i morsi della fame e di un corpo emaciato e smunto.

L’aggettivo “nervosa” fa riferimento alla non esistenza di cause organiche a giustificare la riduzione del peso corporeo, che è quindi spiegabile con la presenza di un disturbo mentale.

Quando è possibile diagnosticare l’anoressia?

Il DSM 5 (APA, 2013) inserisce l’anoressia all’interno della categoria diagnostica dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione accanto a problematiche quali la bulimia e il disturbo da binge-eating. Ad essi, inoltre, si aggiungono anche alcuni disturbi alimentari caratteristici dell’infanzia quali la pica, il disturbo da ruminazione e il disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo.


Il manuale diagnostico dell’American Psychiatric Association stabilisce che si può effettuare una diagnosi di anoressia nervosa quando l’apporto calorico non rispetta le necessità ritenute normali o appropriate. E quando il peso è decisamente basso rispetto all´età, sesso e condizioni di salute della persona.

Un secondo criterio, poi, è relativo a diversi aspetti caratteristici di questo disturbo. Tra questi la paura di ingrassare e la messa in atto di comportamenti che interferiscono con il raggiungimento di un peso adeguato.

Infine, un terzo criterio fa riferimento alle alterazioni circa il modo in cui la persona vive l’aspetto del proprio corpo, l’eccessivo impatto del peso o dell’aspetto sull’autostima, il rifiuto di ammettere che la propria condizione di sottopeso possa essere grave.

Anoressia o anoressie?

Possiamo individuare diversi sottotipi di anoressia. Nel sottotipo cosiddetto “restricter” la persona controlla il peso attraverso la dieta, il digiuno o l’esercizio fisico intenso.

Quando invece la persona ingerisce grosse quantità di cibo, si causa il vomito, usa lassativi o diuretici, invece, si parla di un sottotipo differente, quello con crisi bulimiche e/o condotte di eliminazione.

Gravità dell´anoressia

Accanto a queste specificazioni, un altro indicatore importante nella diagnosi di anoressia fa riferimento all’indice di massa corporea. Il suo calcolo, infatti, consente di individuare 4 diversi livelli di gravità del disturbo anoressico: lieve, moderato, grave ed estremo.

All’origine dell’anoressia: quali cause?

Le cause dell’anoressia non sono ancora del tutto chiare. Attualmente, però, sembra essere assodata la possibilità di individuare fattori di rischio che possono predisporre allo sviluppo dell’anoressia nervosa. Si fa riferimento all’interazione di cause genetiche, psicologiche, contestuali e relazionali.

Se fino a qualche tempo fa si puntava il dito contro ideali di magrezza-bellezza propagati dai media come una delle cause dell´anoressia, questa ipotesi sembra cadere di fronte all´evidenza che l´anoressia esisteva già da prima dell´avvento dei media (si pensi alle Sante anoressiche!). Tuttavia l’interiorizzazione di un simile ideale di bellezza femminile e il bisogno di piacere a tutti i costi, caposaldo della nostra società dell’immagine, può sicuramente favorire atteggiamenti di insoddisfazione per il proprio corpo, aumentando il rischio di sviluppare un vero e proprio disturbo psichiatrico.

Anorressia e stili di personalità

È chiaro che le dinamiche appena descritte contribuiscono a spiegare solo alcuni aspetti del problema. Per esempio, numerosi studi hanno dimostrato che un fattore di rischio per lo sviluppo dell’anoressia è rappresentato da alcuni tratti di personalità. Tra questi, il perfezionismo, la rigidità del pensiero, la tendenza a darsi degli standard sempre più elevati e l’incapacità di riconoscere il proprio valore.

Non sembra essere rilevante o addirittura presente la presenza di un disturbo dell’immagine corporea. Cioè di una problematica relativa alla percezione distorta del proprio aspetto e delle proprie forme. Son diversi oramai gli studi scientifici che sotengono come invece le persone con anoressia siano molto accurate nel riconoscere la propria forma come eccessivamente magra (si vedano i lavori di Jannsen).

Le persone con anoressia possono tormentarsi per l’incapacità a riconoscere i propri pregi. Forte è invece la tendenza a riscontrare solo i propri difetti. Per concludere, infine, sembra importante ricordare che l’anoressia è un problema che emerge all’interno di schemi familiari disfunzionali (Onnis, 2004). Ecco perché le dinamiche con la famiglia vengono spesso indagate in psicoterapia.

Quali trattamenti per l’anoressia?

L’anoressia è uno dei disturbi psichiatrici con i più alti tassi di mortalità, soprattutto tra gli adolescenti. Proprio per questo motivo diventa importante riconoscere i sintomi dell’anoressia sin dal suo esordio e rivolgersi a dei professionisti specializzati nella sua cura. L’anoressia, infatti, è una malattia potenzialmente letale. La sua gravità suggerisce l’utilità di non trascurare neppure i sintomi lievi.

Laddove il disturbo si manifestia un livello di gravità importante o estremo, potrebbe essere necessario rivolgersi a trattamenti basati sul ricovero ospedaliero o presso strutture residenziali. In condizioni meno gravi o agli esordi, invece, simili strategie potrebbero non essere necessarie. La persona potrebbe invece beneficiare di una presa in carico multidisciplinare con la collaborazione di professionisti di formazione diversa: psicoterapeuta, nutrizionista, medico internista.

Riferimenti bibliografici
American Psychiatric Association (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.). Arlington, VA: American Psychiatric Publishing.
Aquilar F., Del Castello E. & Esposito R. (2005). Psicoterapia dell’anoressia e della bulimia. Milano: FrancoAngeli.
Onnis L. (2004). Il tempo sospeso. Anoressia e bulimia tra individuo, famiglia e società. Milano: FrancoAngeli.